La sfida della sostenibilità dei porti Innovazione
I porti sono strutture fondamentali per il trasporto delle merci e non possono essere trascurati nel contesto della transizione ecologica. Soprattutto se consideriamo che sono responsabili di un’importante quota di emissioni inquinanti.
venerdì 4 Marzo 2022 | Ecologia e innovazione
Le strutture portuali sono cruciali nel commercio sia nazionale che internazionale, ma costituiscono anche una minaccia per l’ambiente in quanto responsabili di quote particolarmente elevate di emissioni di Co2.
L’Italia, da questo punto di vista, registra una delle situazioni più problematiche del continente. Per questo è importante che allo sviluppo infrastrutturale sia affiancata una riforma in senso ambientale.
I porti e la transizione ecologica
Il sistema portuale costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di un paese, perché in grado di produrre ricchezza e occupazione sia a livello locale che nazionale. Essendo l’Italia una penisola, con una vasta disponibilità di aree costiere, il sistema portuale risulta poi particolarmente sviluppato.
282 i porti localizzati sulla penisola italiana (2019).
È però importante che questo sviluppo sia affiancato da politiche di tutela dell’ambiente. I porti infatti sono responsabili di una quota sostanziale delle emissioni di gas serra, dannose per l’ecosistema e per la salute delle molte persone che vivono in prossimità di queste strutture (il 90% dei porti europei si trova in zone urbane). Il loro sviluppo quindi deve necessariamente essere affiancato da politiche di tutela ambientale.
È importante che al processo di sviluppo logistico ed economico e al crescente uso del mare come via di comunicazione e trasporto si accompagni sia la tutela dell’ambiente delle aree portuali che la minimizzazione dell’impatto ambientale delle infrastrutture portuali sul territorio circostante.
Questa necessità di combinare la crescita infrastrutturale con una maggiore attenzione all’ambiente è stata sostenuta anche dall’Unione europea, come dimostra il parere 2007/C168/12 sulla politica portuale comune dell’Ue.
Sotto questo aspetto, il piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (Pnrr) prevede importanti stanziamenti per garantire interventi di riduzione dei consumi energetici portuali e aumentarne la sostenibilità ambientale, soprattutto grazie all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. Con l’obiettivo finale di ridurre del 20% le emissioni di Co2 annue nelle aree portuali.
270 milioni di euro, i fondi del Pnrr previsti per la transizione ecologica dei porti italiani.
I porti in Europa
L’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) misura la rilevanza dei porti tramite due indicatori. Da una parte, la capacità di transito delle merci (come volume dei container). Dall’altra, il traffico di passeggeri in arrivo e in partenza.
Quanto sono cresciuti i principali porti d’Europa
Andamento del volume dei container (in unità equivalente a venti piedi), tra 2005 e 2019
È indicata la capienza complessiva dei container (indipendentemente dalle merci contenute) dei principali porti europei, in Teu (acronimo di twenty foot equivalent units, l’unità di misura standard usata per i container e equivalente a 20 piedi, ovvero circa 6 metri). I dati sono aggiornati all’8 gennaio 2021.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: mercoledì 2 Marzo 2022)
Il principale porto d'Europa come capacità di transito di merci è quello di Rotterdam, nei Paesi Bassi, seguito da Anversa in Belgio e da Amburgo in Germania. Mentre tra gli italiani, solo Gioia Tauro, in Calabria, si posiziona tra i primi 10 del continente. Si tratta però anche dell'unico che dal 2005 al 2019 ha registrato una lieve riduzione del proprio volume di trasporto (pari al -4,5%).
Tutti gli altri porti europei sono invece cresciuti da questo punto di vista. A registrare la crescita maggiore è stato il Pireo, in Grecia, che è passato da un volume di 1,4 milioni di Teu nel 2005 a uno di 5,6 nel 2019.
+303% la crescita del porto del Pireo, in Grecia, come capacità di trasporto merci, tra 2005 e 2019.
Segue da questo punto di vista Valencia, in Spagna, con una crescita pari al 124,5%.
In generale, a parte l'eccezione di Gioia Tauro, tutti i principali porti si sono sviluppati negli ultimi 15 anni. Almeno dal punto di vista della capacità commerciale. Diversa è la situazione se invece consideriamo il secondo indicatore, ovvero il numero di passeggeri trasportati. Sotto questo aspetto, la maggior parte delle strutture ha visto una decrescita tra il 2005 e il 2019. Segno che il valore dei porti è oggi legato soprattutto al commercio.
Per traffico di passeggeri, la crescita dei porti è in stallo
I principali porti d'Europa per numero di passeggeri trasportati (2005-2019)
È misurata la grandezza dei porti a seconda del numero di passeggeri trasportati ogni anno. I dati sono aggiornati al 12 gennaio 2021.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: mercoledì 2 Marzo 2022)
I porti di Dover (Regno Unito), Calais (Francia), Pireo (Grecia), Helsinborg (Svezia) e Helsingør (Danimarca) hanno infatti registrato un calo nel numero di passeggeri trasportati ogni anno. Nel caso degli ultimi due, in particolare, parliamo di un calo piuttosto sostanzioso, superiore al 35%.
In altre strutture c'è stata invece una crescita, ma anche in quel caso piuttosto contenuta. Il dato più elevato è quello del porto di Tallinn, in Estonia, che tra 2005 e 2019 è cresciuto del 48,6%, passando da 6,7 a circa 10 milioni passeggeri trasportati.
Interessante è il caso del porto del Pireo, che ha registrato un calo pari al 15,7% nel numero di passeggeri, pur avendo visto una crescita molto significativa nella capacità di trasporto merci.
Messina e Reggio Calabria hanno raddoppiato il numero di persone trasportate, dal 2016.
Messina e Reggio Calabria si posizionavano, nel 2019, rispettivamente al primo e al quarto posto come principali porti europei per trasporto di passeggeri (con rispettivamente 11,7 e 10,9 milioni di passeggeri trasportati ogni anno). Entrambi con una crescita notevole a partire dal 2016, pari al 90% per Messina e al 95% per Reggio Calabria.
L'impatto ambientale delle aree portuali
Come abbiamo accennato, i porti costituiscono una minaccia per l'ambiente, per via dell'alto quantitativo di emissioni di gas serra generato dal trasporto di persone e di merci, ma anche dalla partenza, la sosta e l'attracco di grandi imbarcazioni.
Rotterdam inquina il doppio rispetto a Anversa.
Con 13,7 milioni di tonnellate di Co2 emesse ogni anno, è Rotterdam il porto più inquinante d'Europa, secondo l’ultimo aggiornamento sulle performance climatiche dei porti europei, risalente a febbraio 2022 e redatto da Transport environment, la federazione europea delle associazioni impegnate per ridurre l’impatto ambientale del sistema dei trasporti. Quella registrata da Rotterdam è infatti una cifra quasi doppia rispetto a quella del porto di Anversa, pari a 7,4 milioni di tonnellate.
Da sottolineare che, pur non avendo nessun porto tra i 10 più inquinanti del continente, il nostro paese si posiziona primo in Europa per emissioni inquinanti all'ormeggio.
L’Italia è prima in Europa per emissioni all’ormeggio
I primi 10 paesi europei per inquinamento all'ormeggio (2018)
Le emissioni sono misurate in migliaia di tonnellate di Co2 come totale nazionale. Sono incluse attività come carico e scarico e rifornimento di carburante.
FONTE: elaborazione openpolis su dati trasport & environment
(ultimo aggiornamento: mercoledì 2 Marzo 2022)
Con un totale di emissioni pari a circa 1,2 milioni di tonnellate di Co2, l'Italia era nel 2018 il paese che, cumulativamente, inquinava di più in attività portuali all'ormeggio. Era seguita da Spagna e Paesi Bassi, entrambe con circa 1 milione di tonnellate in emissioni.
Foto: Steve Doig - licenza