La tutela della biodiversità Ambiente

La perdita di biodiversità acuisce gli effetti dei cambiamenti climatici e preoccupa una parte consistente della popolazione italiana. Per tutelarla è necessaria una rete di protezione.

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I cambiamenti climatici hanno degli effetti sempre più evidenti sull’ambiente. La modificazione dei delicati equilibri naturali sta portando a una perdita sempre più consistente di specie animali e vegetali. Secondo le Nazioni unite, delle 8.300 specie di animali conosciute, circa l’8% è estinto e il 22% è a rischio.

Si tratta di un aspetto importante per la vita sulla terra: incrinare certi equilibri può creare delle ripercussioni sulla vita di altre specie ma anche della nostra. Per questo motivo la sua tutela è anche uno degli obiettivi che rientrano all’interno dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Ma è un tema sentito anche all’interno della popolazione.

23,9% la quota di persone italiane che si dichiara preoccupata per la biodiversità (2022).

La fascia dei più giovani è quella che sente maggiormente il problema. Il gruppo demografico che ritiene il problema più importante è quello compreso tra i 14 e i 19 anni: il 32,2% di loro si dichiara allarmato, un dato che va scendendo all’avanzare dell’età fino a raggiungere il 16,6% delle persone con 75 e più anni di età. Si tratta di un dato che varia anche di regione in regione.

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Il dato rappresenta l’indicatore di preoccupazione per la biodiversità elaborato per il rapporto Bes 2022.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: mercoledì 10 Maggio 2023)

Il territorio in cui ci sono più persone preoccupate per la perdita di specie animali e vegetali è la Sardegna (28,6%) a cui seguono Lombardia (25,8%) e Friuli-Venezia Giulia (25,7%). Sono invece due le aree che scendono sotto il 20%: Basilicata (19,5%) e Puglia (18,3%).

Il ruolo dei parchi nazionali

Sono numerose le strategie messe in campo per la tutela della biodiversità. Abbiamo già parlato della rete Natura2000, un insieme di aree protette marine e terrestri riconosciuta all’interno dei paesi membri dell’Unione europea.

In Italia erano stati istituiti con lo stesso scopo i parchi nazionali, aree protette che godono di uno statuto giuridico particolare in virtù di alcune caratteristiche naturali. Trovano una loro definizione nella legge quadro sulle aree protette, la 394/1991.

I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.

La legge definisce anche il ruolo dell’ente parco, un organismo che deve portare avanti le finalità di istituzione del parco e gli obiettivi di conservazione e di sviluppo sostenibile. Ha una personalità giuridica, ha sede legale e amministrativa entro il territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del ministero dell’ambiente.

È composto dal presidente che ha la rappresentanza legale del parco, dal consiglio direttivo e dalla giunta esecutiva. Sono compresi anche i revisori e la comunità del parco, ovvero i presidenti delle regioni e delle province, i sindaci dei comuni e i presidenti delle comunità montane che sono incluse nel parco.

Il quadro legislativo con cui sono stati istituiti questi enti ha avuto un iter molto complesso e non è esente da critiche come quelle poste dal Wwf che ne auspica una revisione. Il Wwf punta l’attenzione sulla pianificazione e definizione delle aree protette nei parchi che comprendono al momento anche zone più urbanizzate ma anche sul sistema di governance e gli equilibri politici che si creano all’interno degli enti. Sempre secondo Wwf, il ruolo dei parchi dovrebbe essere sinergico ad altre azioni che andrebbero programmate e dovrebbero riguardare l’intero territorio.

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Il dato rappresenta i parchi nazionali in Italia. Sono definite così tutte le aree terrestri, fluviali, lacuali e marine che contengano uno o più ecosistemi intatti o, anche se parzialmente alterati da interventi antropici, contengano una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi, tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.

L’estensione si misura in ettari. La geolocalizzazione è stata effettuata considerando uno dei comuni che rientrano all’interno dell’area del parco.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mase
(consultati: mercoledì 10 Maggio 2023)

Sono in tutto 26 i parchi nazionali in Italia. Quello che presenta l’estensione maggiore è quello del CIliento, Vallo di Diano e Alburni con 178.172 ettari. Seguono quello del Pollino (171.132) e quello del Gran Sasso e Monti della Laga (141.341). Si tratta anche degli enti in cui risultano più comuni coinvolti, rispettivamente 80, 56 e 44.

Questi enti si differenziano dalle riserve naturali, ovvero aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna. Si tratta di aree limitate, talvolta molto piccole, il cui ruolo è esclusivamente quello della protezione della biodiversità. Sono iscritte all’interno dell’elenco ufficiale delle aree naturali protette (Euap). All’ultimo aggiornamento ne risultano iscritte 871.

Foto: pxherelicenza

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