La vulnerabilità dei Rom in Europa Europa
I Rom sono la minoranza etnica più numerosa in Europa ma anche uno dei gruppi più vulnerabili. L’incidenza del rischio povertà è quattro volte quello degli autoctoni e il tasso di occupazione raggiunge livelli molto più bassi.
mercoledì 28 Dicembre 2022 | Europa
- L'Ue è impegnata nella tutela dei diritti dei Rom, considerati un gruppo particolarmente fragile.
- L'agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) monitora gli avanzamenti.
- L'80% dei Rom in Europa è a rischio povertà. Nei paesi dell'Europa meridionale la quota supera il 90%.
- In Portogallo il divario con i cittadini autoctoni è di 80 punti percentuali.
- Il 43% degli intervistati dichiara di avere un lavoro. Si va dal 62% dell'Ungheria al 25% della Spagna.
Quando si parla di “Rom” si fa riferimento a un insieme di gruppi tra cui i Sinti, gli Ashkali, gli Yenish e numerosi altri popoli nomadi. Si tratta della minoranza etnica più numerosa d’Europa, contando diversi milioni di membri, ma anche di uno dei gruppi più vulnerabili. In primis dal punto di vista socio-economico.
6 milioni i Rom residenti in Europa, secondo le stime della commissione europea (2020).
Una cifra che arriva ai 10-12 milioni contando anche le persone senza cittadinanza.
Le iniziative Ue per l’inclusione dei rom
La commissione europea si è impegnata a tutelare i diritti dei rom e a prevenirne la discriminazione. Dal 2011 al 2020 le istituzioni si sono concentrate esclusivamente sull’aspetto socio-economico. Più recentemente, con l’implementazione del framework strategico dell’Ue per l’uguaglianza, inclusione e partecipazione dei Rom, lo scopo è stato esteso, comprendendo anche gli ambiti della partecipazione civile e della discriminazione.
In tale contesto la commissione fissa 7 obiettivi da raggiungere entro il 2030. In primo luogo, combattere e prevenire l’antiziganismo e la discriminazione. Segue la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale, che prevede di colmare il divario con i cittadini autoctoni. Altro obiettivo prefissato è quello di promuovere la partecipazione dei Rom nella società civile, come di aumentare la parità di accesso a istruzione e occupazione. Infine, prevede di migliorare la salute e l’accesso ai servizi sanitari e agli alloggi. Non ci si riferisce soltanto all’adeguatezza della condizione abitativa ma anche a ridurre la segregazione, per favorire l’inclusione.
Se relativamente a tali traguardi occorre conseguire progressi minimi entro il 2030, lo scopo a lungo termine resta quello di garantire un’uguaglianza efficace e di colmare il divario tra i Rom e il resto della popolazione.
Uno degli strumenti utilizzati per monitorare il progresso in vista di tali obiettivi è il sondaggio dell’agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra, acronimo inglese di European union agency for fundamental rights).
Le tematiche analizzate sono, rispecchiando i sopracitati obiettivi, lo status socio-economico delle comunità Rom, la loro percezione di discriminazione, i livelli di occupazione e di educazione, e la questione dell’alloggio e dell’accesso all’assistenza sanitaria.
Le condizioni socio-economiche dei rom in Europa
Dal sondaggio emerge che i Rom spesso vivono in condizioni di estrema fragilità. Sono più esposti alla povertà e all’esclusione sociale e svolgono meno frequentemente un lavoro retribuito. Il divario con i cittadini autoctoni è molto ampio.
80% delle famiglie rom in Europa (nei 10 paesi coperti dal sondaggio Fra) è a rischio povertà (2021).
La media della popolazione generale è invece pari al 17% (con un divario quindi di oltre 60 punti percentuali). Se si considerano soltanto i minori, la quota è ancora più elevata. Si tratta dell’83%, contro il 20% dei minori tra la popolazione generale.
In Portogallo il maggior divario tra Rom e autoctoni
I Rom e gli autoctoni a rischio povertà nei paesi Ue (2021)
I dati provengono da un sondaggio condotto dall’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) sui Rom in 10 paesi dei quali 8 membri dell’Unione europea, a cui si sono aggiunte rilevazioni sostenute dalla Fra a livello nazionale in Bulgaria e Slovacchia. Con “a rischio povertà” si intende la quota di persone che percepiscono un reddito familiare disponibile mensile (al netto delle tasse, diviso per il numero di membri) inferiore al 60% del reddito mediano nazionale (con il 2020 come anno di riferimento). I dati italiani e slovacchi sono riferiti al 2020, quelli bulgari al 2019. Per quanto riguarda la popolazione generale, il dato viene invece dai sondaggi Eu-Silc e dallo European community household panel survey, e risale al 2020 (aggiornato al 10 febbraio 2022). A eccezione di quello italiano, relativo al 2019.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Fra
(consultati: mercoledì 21 Dicembre 2022)
In quattro paesi su 10 (Portogallo, Italia, Spagna e Grecia) oltre il 90% dei Rom intervistati risulta essere a rischio povertà. Negli altri stati che hanno partecipato al sondaggio il dato risulta comunque molto elevato, aggirandosi tra l’86% della Croazia e il 71% della Bulgaria.
I paesi dell’Europa meridionale sono i primi anche se si considera il divario con gli autoctoni, che in Portogallo arriva a 80 punti percentuali. Ultima da questo punto di vista è ancora una volta la Bulgaria, che è anche lo stato con la quota più elevata di cittadini autoctoni considerati a rischio (qui lo scarto è pari a 47 punti).
Più contenuti ma comunque elevati anche i divari dal punto di vista della partecipazione al mondo del lavoro. Se infatti l’80% dei Rom è a rischio povertà, il 43% però dichiara di avere una qualche forma di impiego retribuito.
Il divario occupazionale tra rom e autoctoni
I rispondenti che dichiarano che la loro attività principale è il “lavoro retribuito”, negli stati Ue (2021)
I dati provengono da un sondaggio condotto dall’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) sui Rom in 10 paesi dei quali 8 membri dell’Unione europea, a cui si sono aggiunte rilevazioni sostenute dalla Fra a livello nazionale in Bulgaria e Slovacchia. Le quote si riferiscono alle persone intervistate, di età compresa tra i 20 e i 64 anni, che hanno riportato come proprio principale status di attività il “lavoro retribuito” (categoria che include il lavoro sia a tempo pieno che part-time, i lavori ad hoc, autonomi o occasionali, nonché qualsiasi attività lavorativa svolta nelle ultime 4 settimane precedenti alla rilevazione). Il dato relativo alla popolazione generale risale al 2020.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Fra
(consultati: mercoledì 21 Dicembre 2022)
Ungheria e Italia sono i due paesi Ue in cui la quota più elevata di Rom dichiara di svolgere un qualche tipo di lavoro (rispettivamente il 62% e il 61%). Agli ultimi posti invece la Spagna con il 25% e il Portogallo (31%).
Quanto al divario con i cittadini autoctoni, è ancora una volta il Portogallo a registrare quello più marcato (44 punti percentuali). Seguono la Spagna e la Slovacchia, entrambe con scarti superiori ai 40 punti. Ultima l’Italia, con una differenza pari ad appena 2 punti.
Foto: Banca mondiale