L’accesso dei minori ai centri estivi e alle attività di doposcuola #conibambini

Con la chiusura della scuola, la possibilità di iscrivere i bambini ai centri estivi è fondamentale per molte famiglie. Non solo per motivi di conciliazione, anche per le opportunità sociali ed educative di queste esperienze, offerte spesso in modo disomogeneo sul territorio nazionale.

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Con la chiusura di tutte le scuole, comprese quelle dell’infanzia, una questione aperta per le famiglie è la possibilità di iscrivere i propri figli ai centri estivi.

Non si tratta di una necessità solo per i genitori, rispetto alla conciliazione tra vita familiare e lavorativa. L’accesso a questo tipo di attività sociali ed educative riguarda direttamente le opportunità a disposizione del bambino, fin dai primi anni di vita.

Parliamo dell’accesso a quell’insieme di opportunità formative, sociali, sportive e culturali – dentro e fuori la scuola – che rappresentano un aspetto essenziale del contrasto della povertà educativa.

La povertà educativa è la condizione in cui un bambino o un adolescente è privato del diritto all'apprendimento in senso lato, dalle opportunità culturali e educative al diritto al gioco. Povertà economica e educativa si alimentano a vicenda. Vai a “Quali sono le cause della povertà educativa”

Abbiamo approfondito la questione, attraverso i dati sull’offerta comunale di centri estivi e di attività pre e post-scuola.

Per un tempo libero di qualità fuori dall’orario scolastico

I centri estivi, promossi dal comune anche con il supporto di associazioni sociali e sportive, si rivolgono soprattutto a bambini in età prescolare e agli alunni in età dell’obbligo scolastico, specialmente nel primo ciclo di istruzione. Con un target che quindi di solito varia tra i 3 e i 14 anni di età.

La loro funzione è aggregare bambini e adolescenti attraverso l’offerta di attività ludiche, sportive, uscite ricreative, gite, laboratori espressivi e manuali, momenti di gioco strutturato e non. Oltre a vere e proprie attività educative e di formazione, particolarmente preziose quando chiude la scuola, nel contrasto di quello che in letteratura viene analizzato come summer learning loss. Vale a a dire la perdita di apprendimenti durante le chiusure scolastiche prolungate, come quelle per le vacanze estive.

Si parla appunto di Learning Loss o Summer Learning Loss per definire un divario di competenze e conoscenze tra i livelli registrati precedentemente a una interruzione scolastica e gli esiti di apprendimento degli allievi dopo periodi di lunghe vacanze come la pausa estiva.

I centri estivi hanno quindi almeno tre obiettivi: garantire l’accesso al tempo libero di qualità, alle opportunità educative anche durante la chiusura scolastica e favorire spazi di socializzazione e divertimento. Anche nel rispetto del diritto al gioco e al tempo libero sancito dalla convenzione sui diritti dell’infanzia.

Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.

Il servizio pre e post scuola svolge una funzione in parte analoga. Oltre a migliorare le possibilità di conciliazione dei tempi per le famiglie, consiste nell’offerta a bambini e ragazzi di attività educative, ludiche e ricreative prima e dopo l’ingresso in classe. Suoi destinatari possono essere gli alunni di scuole d’infanzia, primarie e medie ma, a differenza dei centri estivi, si svolge durante l’anno scolastico, prima e dopo l’ingresso a scuola.

Prerogative che ne rendono preziosa la funzione sia educativa che sociale, e che tuttavia non sono sempre disponibili sull’intero territorio nazionale.

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L’offerta di centri estivi e attività extra-scolastiche

Prima della pandemia, a livello nazionale erano 9,8 gli utenti dei centri estivi e gli alunni frequentanti attività pre e post scuola ogni 100 bambini e ragazzi residenti tra 3 e 14 anni.

L’offerta di centri estivi e doposcuola è minore al sud e nei comuni di medie dimensioni.

Una quota fortemente variabile tra le ripartizioni del paese: gli utenti di questi servizi rappresentano circa il 15% dei minori nell’Italia settentrionale. Percentuale che si dimezza in quella centrale (7,5%) e scende al 2,2% medio nei comuni del sud continentale. Non sono purtroppo disponibili dati per le isole e per le altre regioni a statuto speciale.

Molto minore è invece la variabilità rispetto alla dimensione demografica del comune. Il livello è analogo tanto in piccolissimi centri con meno di 500 abitanti (dove la quota è al 10,6%), quanto nelle città maggiori (sopra 100mila residenti si attesta al 10%). Tra questi due estremi, la media si colloca tra il 10 e il 12%, con l’eccezione dei comuni intermedi, tra 20mila e 60mila abitanti. Qui la capillarità del servizio scende sensibilmente, arrivando al di sotto dell’8%.

7,8 utenti di centri estivi e attività pre e post scuola ogni 100 residenti tra 3 e 14 anni nei comuni tra 20 e 60mila abitanti.

Tra le regioni spicca il dato dell’Emilia Romagna. Nei comuni di questa regione gli utenti di centri estivi e attività connesse sono 17,6 ogni 100 minori. Un livello cui si avvicinano solo Lombardia (15,9%), Piemonte (15,2%) e Marche (14,5%). Sopra la media nazionale anche Veneto (12,5%), Toscana (11,1%) e Umbria (10,5%). Al contrario, tutte le regioni del sud continentale si attestano al di sotto di questa soglia.

Dati non disponibili per le regioni a statuto speciale.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Sose-Opencivitas
(pubblicati: martedì 30 Maggio 2023)

Con l’eccezione dell’Abruzzo (8,7 utenti ogni 100 minori), per tutte le altre regioni centro-meridionali la quota scende sotto il 5%. Agli ultimi posti tra le regioni a statuto ordinario si trovano Calabria (2,3%), Puglia (1,6%) e Campania (1,1%).

I divari nell’offerta, comune per comune

A livello locale, uno sguardo alla mappa evidenzia quanto questo tipo di servizi risulti differenziato, almeno alla luce degli ultimi dati precedenti la pandemia. La densità nel 2019 risulta molto maggiore nei comuni del centro-nord, a partire dalle città.

Tra i capoluoghi, è Milano quello con l’offerta più ampia di questo tipo di servizi (34,89 utenti ogni 100 minori). Seguono, con circa 20 utenti per 100 minori, Verona, Parma, Bologna e Fermo.

Dati non disponibili per le regioni a statuto speciale.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Sose-Opencivitas
(pubblicati: martedì 30 Maggio 2023)

In 9 casi su 10, i capoluoghi con minore capillarità di questo tipo di servizi si trovano nel sud. Parliamo delle città di Taranto, Crotone, Bari, Viterbo, Barletta, Brindisi, Napoli, Isernia, Caserta e Andria. In tutti i centri appena citati gli utenti registrati nel 2019 erano infatti meno di 0,65 ogni 100 minori.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi ai servizi analizzati sono di fonte Opencivitas-Sose.

Foto: Allison Shelley/The Verbatim Agency per EDUimagesLicenza

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