L’aiuto allo sviluppo e la lotta alle disuguaglianze Cooperazione

La crescita delle disuguaglianze è un tratto caratteristico di questo tempo e il contrasto a questo fenomeno è stato inserito tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Su questo l’aps può dare un contributo determinate ma per ora non è stato fatto abbastanza.

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La forte disuguaglianza nei livelli di reddito è un tratto caratteristico di questa fase storica. Sia tra i vari paesi del mondo sia all’interno di quelli stessi paesi. Secondo la banca mondiale nel 2015 il 10% della popolazione mondiale viveva in condizioni di estrema povertà. Per questo la riduzione della disuguaglianza è un elemento caratterizzante dell’intera Agenda 2030 nonché il decimo pilastro degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite.

Oxfam ha dedicato a questo tema il rapporto “L’aiuto allo sviluppo ai tempi della disuguaglianza“. Qui vengono definite 10 “regole d’oro” che i paesi donatori dovrebbero seguire per combattere povertà e diseguaglianza massimizzando gli effetti degli aiuti allo sviluppo ed evitando che questi arrechino danni invece che contribuire allo sviluppo. Tra queste si trovano:

  • la creazione di sistemi di monitoraggio della riduzione della disuguaglianza sul modello della banca mondiale;
  • aumentare la spesa degli aiuti per favorire la mobilizzazione di risorse interne;
  • aumentare gli aiuti nei settori che si sono dimostrati più efficaci nella lotta alle disuguaglianze;
  • smettere di utilizzare gli aiuti per finanziare il partenariato pubblico privato;
  • affrontare con maggiore urgenza il problema della disuguaglianza di genere.

La riduzione delle disuguaglianze

La prima proposta del rapporto è quella che tutte le agenzie bilaterali inizino a seguire il modello della banca mondiale stabilendo regole giuridicamente vincolanti per rivolgere qualsiasi tipo di aiuto verso due obiettivi: la riduzione della disuguaglianza e della povertà. Secondo la stessa banca mondiale infatti è proprio la riduzione del divario di reddito tra il 10% più ricco e il 40% più povero ad essere la chiave per combattere la povertà. Per questo ha posto tra i sui principi guida due obiettivi: ridurre il tasso di povertà estrema sotto il 3% e aumentare il livello di reddito del 40% più povero della popolazione.

2.500 miliardi di dollari in più sarebbero necessari ai paesi con reddito basso e medio-basso per raggiungere gli Sdg secondo le Nazioni Unite.

Essendo poco realistico che si possano raggiungere gli Sdg con il solo uso degli aiuti, un tema cruciale risulta essere quello della mobilitazione delle risorse interne (Drm). Lo scopo dovrebbe essere quello di aiutare i paesi a basso reddito a sviluppare sistemi fiscali progressivi che ridistribuiscano le risorse presenti nel paese.

Si tratta di un obiettivo complesso ma molto importante a cui i paesi donatori, nonostante il grande potenziale, non hanno sinora conferito abbastanza rilievo.  Oxfam ha stimato l’effetto che potrebbe avere un aumento della Drm del 2% nei paesi a reddito basso e medio-basso. I risultati parlano di un aumento del budget complessivo di questi paesi pari a 144 miliardi di dollari, ovvero poco meno di tutto l’aps erogato annualmente dai paesi Dac.

È dunque cruciale che l’aps sia destinato in misura molto più consistente per aiutare i governi a sviluppare sistemi fiscali più equi. Si tenga presente infatti che oltre al suo effetto più diretto la Drm ha anche il potenziale di innescare processi virtuosi. Una maggiore capacità fiscale dei governi locali fornisce la possibilità di investire in servizi pubblici che a loro volta hanno un ruolo cruciale nel ridurre le disuguaglianze. 

L’uso dell’aps per promuovere i servizi sociali

Infatti per combattere la disuguaglianza è particolarmente efficace intervenire proprio sui servizi essenziali, in particolare salute ed educazione che sono leve più importanti per il contrasto alla povertà. In assenza di servizi gratuiti in questi settori sono infatti le fasce più deboli a pagare il prezzo maggiore con il conseguente aumento dei livelli di disuguaglianza.

Nonostante i buoni propositi però una quota ancora troppo bassa degli aiuti allo sviluppo è destinata a questi obiettivi. Inoltre tra il 2010 e il 2016 questa quota o non è cresciuta o si è addirittura ridotta.

Gli indicatori sull’educazione di base e sulla sanità di base e la salute riproduttiva sono calcolati in rapporto all’aps genuino secondo la metodologia di AidWatch. In questo modo è possibile mostrare quanto dell’aps vero e proprio viene destinato a questi settori.

FONTE: The Reality of Aid 2018 Report
(ultimo aggiornamento: lunedì 29 Aprile 2019)

Secondo il rapporto The Reality of Aid 2018 la quota di aiuti che i paesi Dac destinano all'educazione di base è calata dal 4,3% dell'aps genuino nel 2010 al 3,8 del 2016. Si tratta dunque non solo di percentuali molto basse ma anche di un trend in riduzione.

Per quanto riguarda l'istruzione invece lo stesso rapporto ha registrato livelli altalenanti. I dati infatti oscillano intorno al 17% dell'aps genuino, senza che sia rilevabile una chiara tendenza  di crescita.

Il paternariato pubblico-privato

In questi settori si avverte insomma un'evidente difficoltà a reperire risorse sufficienti. Per questo in anni recenti si è fatta strada l'idea di utilizzare fondi pubblici per attrarre investimenti là dove le condizioni di mercato non lo renderebbero vantaggioso e coinvolgere in questo modo il settore privato. Anche l'Italia con l'approvazione della riforma della cooperazione ha previsto il coinvolgimento del settore privato (art.27 l.125/2014) riconoscendone quindi l’importanza nella cooperazione.

Il coinvolgimento del settore privato previsto all’art. 27 della Legge 125/2014 coincide con la tendenza in ambito internazionale a vedere riconosciuto alle imprese un ruolo crescente nell’attività di cooperazione allo sviluppo con l’obiettivo di promuovere una cultura d’impresa che contribuisca alla realizzazione dell’Agenda 2030

Emergono molti dubbi sulla reale efficacia del partenariato pubblico privato nella lotta alle disuguaglianze.

Il rapporto di Oxfam mette però in guardia rispetto all'utilizzo di questo strumento indicando la necessità di utilizzare maggiore cautela quando si tratta di coinvolgere i privati. Infatti alcuni studi sostengono che il partenariato pubblico privato (Ppp) potrebbe produrre risultati inattesi finendo per aumentare le disuguaglianze. Al momento il sistema statistico dell'Ocse non rende possibili analisi di dettaglio su questo tema. Tuttavia per dare un'idea delle dimensioni del fenomeno si consideri che tra i paesi Dac il volume dei finanziamenti destinati al Ppp è passato da 550 milioni di dollari nel 2016 a quasi un miliardo nel 2017.

987 milioni di dollari il volume del paternariato pubblico privato nel 2017.

Effetti negativi del Ppp sono stati peraltro osservati proprio in settori chiave per la lotta alla disuguaglianza come ad esempio in campo scolastico. Una ricerca svolta su un programma di questo tipo sviluppato in Punjab ha fatto emergere come la selezione per competenze accademiche disincentivava l'inclusione degli alunni più poveri e non favoriva la parità di genere.

La parità di genere negli aiuti allo sviluppo

L'obiettivo numero 5 degli Sdg si rivolge proprio al raggiungimento della parità di genere a livello globale, un aspetto rispetto al quale la cooperazione allo sviluppo non può prescindere. D'altronde il progresso nei livelli di parità tra i sessi a livello salariale crea di per se enormi potenzialità di sviluppo economico. Secondo un rapporto del 2015 dell'istituto McKinsey se nel 2025 la partecipazione femminile all'economia raggiungesse la parità con quella maschile, l’economia globale crescerebbe di 28milia miliardi di dollari.

Contribuire a questo processo attraverso gli aiuti allo sviluppo ha dunque sia un valore in sé che un effetto positivo sull'economia complessiva del paese in cui si interviene. I contributi in aps su questo tema non sono però sufficienti per sperare di raggiungere risultati concreti entro il 2030. Nel 2017 infatti tra i fondi destinati dai paesi Dac a progetti di sviluppo solo il 34% aveva tra i sui obiettivi rilevanti il perseguimento della parità di genere e solamente il 4% considerava questo come obiettivo principale.

I progetti di cooperazione possono avere vari target e tra questi quello della parità di genere. Può trattarsi dell’obiettivo principale del progetto o di un obiettivo comunque rilevante. Il target non è però monitorabile in tutti i progetti. I dati considerati sono quelli del Creditor Reporting System (CRS) dell’Ocse che considera i progetti finanziati con i fondi allocabili del canale bilaterale.

FONTE: Ocse, Aid projects targeting gender equality and womens empowerment (CRS)
(ultimo aggiornamento: lunedì 29 Aprile 2019)

Foto credit: United Nations University in Bonn. World Risk Report 2014

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