L’aria delle città è ancora troppo inquinata Ambiente
Nemmeno per il 2021 si registrano significativi miglioramenti per quel che riguarda il superamento dei limiti di inquinamento atmosferico. I centri urbani in cui questo problema è più accentuato si trovano tutte nel nord del paese.
venerdì 14 Aprile 2023 | Ecologia e innovazione
- Istat rileva i superamenti dei limiti nelle misurazioni relative all'inquinamento atmosferico. Elabora anche un indicatore sintetico.
- Nel biennio 2020-2021 il valore si è ridotto di appena 0,4 punti percentuali, ed è aumentato nelle città metropolitane.
- I centri urbani più inquinati si trovano nella pianura padana.
- Le città più inquinate sono Torino e Monza, dove due terzi delle misurazioni hanno rilevato superamenti dei limiti.
- Rispetto al 2013/14 la situazione è migliorata, soprattutto al centro.
L’inquinamento atmosferico è uno dei principali fattori di pressione ambientale nelle città italiane, anche a causa dell’intensità del traffico veicolare e della scarsità di aree verdi.
Ogni anno Istat rilascia i dati degli indicatori ambientali per i comuni capoluogo di provincia o di città metropolitane. Oltre a rilevare la presenza nell’aria di alcuni agenti inquinanti specifici come il particolato fine, l’ozono e il biossido di azoto, l’istituto di statistica individua anche un “indicatore sintetico di inquinamento atmosferico” che permette di ottenere un’immagine complessiva.
Stando all’ultimo aggiornamento, relativo alla media del biennio 2020/21, le città che riportano i valori più elevati sono quelle situate nella pianura padana. Nel complesso i superamenti sono diminuiti rispetto al biennio 2013/14, ma dal 2018/19 c’è stato un lieve incremento, soprattutto nel mezzogiorno.
Cos’è l’indicatore sintetico di inquinamento atmosferico
L’istituto di statistica raccoglie i dati sui superamenti dei limiti dell’Oms e dell’Ue rispetto a una serie di sostanze inquinanti, quali il particolato fine (Pm10) e ultrafine (Pm2.5), il biossido di azoto (No2) e l’ozono (O3). Sono solo alcune delle sostanze pericolose che si possono trovare in aria, ma si usano come riferimento perché è riconosciuto un legame tra l’esposizione e gli effetti sulla salute a breve e a lungo termine.
Per fornire un’immagine più complessiva del livello di inquinamento dell’aria, Istat ha elaborato anche un indicatore detto “indicatore sintetico di inquinamento atmosferico“, che tiene conto di tutte queste sostanze. Esso è costruito a partire dai riferimenti Oms e da quelli normativi, considerati congiuntamente.
Nel 2020/21 il valore dell’indicatore sintetico è rimasto praticamente invariato rispetto al biennio precedente. Passando da una quota di 24,5% di superamenti sul totale delle misurazioni a una del 24,1%. Un miglioramento molto contenuto, che oltretutto fa riferimento anche all’anno dello scoppio della pandemia, durante il quale l’inquinamento si è fortemente ridotto per via dell’interruzione di alcune attività produttive inquinanti.
Inoltre la situazione è migliorata soltanto nelle città capoluogo di provincia (dal 23,4% al 22,7%), mentre nel caso delle città metropolitane i valori medi sono aumentati.
28,7% delle misurazioni nelle città metropolitane ha rilevato un superamento dei limiti (2020/21).
Con un incremento pari a 0,6 punti percentuali rispetto al biennio precedente, quando la quota di attestava al 28,1%. Un dato che presenta molte variazioni in particolare a seconda delle dimensioni e della localizzazione del singolo centro urbano.
I rilevamenti nei comuni capoluogo nel 2020/21
I dati Istat sulle misurazioni della qualità dell’aria nei comuni capoluogo e nelle città metropolitane permettono di ricostruire la situazione a livello locale.
In area padana si trovano le città con l’aria più inquinata
La quota di superamenti sul totale delle misurazioni relative all’indicatore sintetico di inquinamento atmosferico nei comuni capoluogo (2020/21)
L’indicatore di sintesi di inquinamento atmosferico dei capoluoghi è stato calcolato prendendo in considerazione congiuntamente i riferimenti Oms e quelli normativi. Comprende Pm2.5, Pm10, O3 e No2. I dati si riferiscono alla quota di superamenti dei limiti sul totale delle misurazioni valide e sono relativi alla media tra il 2020 e il 2021.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 22 Febbraio 2023)
Le città del nord Italia, in particolare quelle dell’area padana, registrano le quote più elevate di superamenti dei limiti relativi all’inquinamento atmosferico.
Prime tra tutte Torino e Monza con superamenti pari a due terzi di tutte le misurazioni effettuate. Tra le grandi città è rilevante anche il dato di Milano (59%).
L’inquinamento cala soprattutto nell’Italia centrale
Analizziamo ora i dati a livello macroregionale. Si tratta in questo caso della media registrata dai comuni capoluogo di provincia e delle città metropolitane delle singole macroregioni. Infatti, l’evoluzione dell’inquinamento atmosferico negli ambienti urbani ha visto un andamento differente non soltanto nel caso di città più grandi e più piccole, ma anche a seconda della localizzazione.
A riportare il miglioramento più marcato rispetto ai livelli del biennio 2013/14 è stato il centro, dove il valore si è ridotto di 8,4 punti percentuali. Segue il mezzogiorno con una variazione di 5,8 punti. Il nord ha registrato il cambiamento più modesto se consideriamo il dato del 2013/14 (-3,4 punti), ma ha comunque riportato una variazione di 10 punti rispetto al picco (corrispondente al biennio 2015/16).
Cala lievemente l’inquinamento rilevato nei centri urbani
La quota di superamenti sul totale delle misurazioni nei centri urbani, per macroarea (2013-2021)
I dati si riferiscono alla media di due anni e sono relativi alle misurazioni che hanno rilevato un superamento dei limiti sull’inquinamento atmosferico. Si considerano particolato fine (Pm10 e Pm2,5), biossido di azoto (No2) e ozono (O3).
FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: venerdì 24 Marzo 2023)
Il nord è l’area dove si registrano più superamenti dei limiti rispetto al totale delle misurazioni (negli anni, sempre oltre il 30%), mentre al centro e soprattutto al sud la quota risulta più contenuta. Fino al 2018 in tutte le macroregioni si è verificato un calo.
Tuttavia nei due anni successivi si riporta un leggero aumento sia al nord (+0,4 punti percentuali) che, soprattutto, nel mezzogiorno (+2). Mentre il centro riporta anche in questo caso una diminuzione (-0,5).
Foto: Marie Rouilly – licenza