Le donne straniere sono doppiamente penalizzate sul lavoro Migranti
Sono la maggioranza della popolazione straniera in Italia, ma incontrano più difficoltà nel mondo del lavoro: svolgono mansioni dequalificate rispetto al grado di istruzione e ricevono retribuzioni più basse.
venerdì 23 Giugno 2023 | Migranti
- Le donne straniere in Italia sono quasi 2,6 milioni: il 51% di tutti i residenti con nazionalità estera.
- In Italia nel 2021 risultava sovraqualificato il 67% dei residenti extra-comunitari.
- Hanno una retribuzione inferiore sia agli uomini che alle donne italiane.
Le donne straniere si trovano in una condizione di doppia vulnerabilità, in quanto donne e in quanto straniere. Frequentemente sono relegate a ruoli passivi e stereotipati, talvolta anche per via delle culture del paese di origine.
Una volta arrivate in Italia, sono spesso ulteriormente marginalizzate, subendo in primo luogo una significativa discriminazione di tipo lavorativo. Com’è noto, le disparità di genere nel nostro paese rappresentano un problema a prescindere dalla nazionalità delle donne interessate. Tuttavia, nel caso delle straniere le differenze risultano persino amplificate.
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La vulnerabilità delle donne straniere.
Quante sono le donne straniere in Italia
Nel nostro paese le donne di nazionalità estera sono più di 2 milioni e mezzo. Si tratta di un dato che ha registrato un graduale aumento dai primi duemila fino al 2014, ma che da allora si è stabilizzato.
2.577.532 le donne straniere residenti in Italia nel 2023.
Più della metà degli stranieri in Italia sono donne
Il numero di stranieri in Italia, divisi per genere (2002-2023)
Per stranieri si intende persone regolarmente residenti in Italia ma prive di cittadinanza italiana. I dati sono basati sul censimento permanente della popolazione e sono aggiornati al 1 gennaio di ogni anno. Quelli relativi al 2023 sono delle stime.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: mercoledì 21 Giugno 2023)
Il 51% dei cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia è di genere femminile. La quota più elevata è stata raggiunta nel 2012 (53,2%) ma negli ultimi 20 anni si è comunque mantenuta piuttosto stabile, tra il 50% e il 53%.
Nel 2022, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati in base al paese di provenienza, il gruppo più consistente era quello delle cittadine romene, in totale oltre 616mila. Seguono albanesi (circa 204mila), marocchine (quasi 192mila), ucraine (175mila) e cinesi (148mila). Occorre evidenziare che i dati al 2022 non tengono conto dei numerosi ingressi delle cittadine ucraine nel nostro paese, in seguito all’invasione del paese da parte della Russia.
Diverse nazionalità vedono una diversa incidenza di uomini e donne.
Le nazionalità con la maggiore incidenza femminile sul totale sono la Tailandia (90%) e l’Indonesia (85%). Tra i gruppi più numerosi in Italia, l’incidenza di donne tra i residenti romeni è pari al 57%, tra i marocchini al 46% e tra gli albanesi del 49%. Molto più bassa invece tra i bengalesi (29%) e i pakistani (28%). Ci sono quindi paesi caratterizzati da una immigrazione prevalentemente maschile (soprattutto alcuni stati dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia meridionale) e altri che, al contrario, vedono soprattutto un movimento di carattere femminile (Europa orientale e Asia sud-orientale).
Gli ostacoli che gli stranieri incontrano nel mondo del lavoro
Come evidenzia il centro studi e ricerche Idos, che monitora la presenza e l’inclusione delle persone senza cittadinanza italiana (in questo caso sia uomini che donne), questi ultimi hanno una “occupabilità” (ovvero una probabilità di avere un lavoro) inferiore rispetto ai cittadini autoctoni. Solo tra i cittadini e le cittadine dell’est Europa e tra gli uomini di origine asiatica questo divario non si manifesta.
Gli stranieri hanno meno probabilità di evitare lavori dequalificati.
La differenza aumenta poi notevolmente se si considera non soltanto la presenza o assenza di impiego, ma anche la sua qualità. La probabilità degli stranieri di evitare lavori dequalificati è molto inferiore rispetto ai cittadini autoctoni. Essi lavorano infatti più frequentemente in settori considerati poco qualificati dagli italiani e pertanto caratterizzati da una carenza sistematica di manodopera.
Secondo l’analisi di Idos, questo è caratteristico del modo in cui l’immigrazione è stata gestita in Italia. Ovvero con una forte domanda negli strati più bassi della struttura occupazionale, secondo un processo che ha finito per livellare la forza lavoro estera verso il basso. Anche a prescindere dal grado di istruzione. Si parla in questi casi di “sovraqualificazione“, ovvero quando si svolge un lavoro che richiede qualifiche inferiori a quelle che si possiedono. Questa è una condizione che colpisce gli stranieri in modo del tutto sproporzionato rispetto ai lavoratori italiani.
48 punti percentuali, la differenza tra stranieri (extra-comunitari) e italiani per tasso di sovraqualificazione (2021), secondo Eurostat.
Si tratta del tasso più elevato d’Europa, dove mediamente è pari a 18,8 punti.
Infatti, se risulta sovraqualificato il 19,1% degli italiani, questo è vero per il 67,1% degli stranieri non comunitari, più di tre volte tanto.
Sovraqualificate e svantaggiate a livello retributivo
La sovraqualificazione non è soltanto tipica degli stranieri rispetto agli autoctoni ma anche delle donne rispetto agli uomini.
Mediamente nell’Unione europea tra uomini di cittadinanza extra-comunitaria e autoctoni ci sono 16,3 punti percentuali di differenza, mentre nel caso della popolazione femminile si sale a 21,6: con tassi pari rispettivamente al 21,3% e al 42,9%.
In Italia infatti è molto significativa l’incidenza delle straniere in alcuni settori come quello dei servizi collettivi e personali (che comprendono attività di cura e di assistenza domestica): 42,7% contro il 7,3% delle italiane. Nel caso degli uomini, la sovraqualificazione è invece spesso imputabile all’impiego nei settori dell’agricoltura e della ristorazione.
Una delle conseguenze dell’essere spesso relegate ad ambiti poco qualificati è che le donne straniere percepiscono redditi inferiori. Secondo Idos, parliamo di oltre 300 euro in meno ogni mese (di reddito netto) rispetto alle italiane.
Le disuguaglianze di reddito si basano sia sulla nazionalità che sul genere
Retribuzione oraria lorda mediana, per cittadinanza e genere (2020)
I dati si riferiscono alla paga mediana oraria lorda, per tutti i settori Ateco, per genere e per cittadinanza.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: mercoledì 21 Giugno 2023)
Gli stranieri hanno una paga mediana lorda inferiore rispetto a quella degli italiani (circa 12 e 10,6 euro l’ora rispettivamente). Anche le donne hanno una paga inferiore a quella degli uomini e pertanto le donne con cittadinanza estera risultano il gruppo più penalizzato.
Foto: Suad Kamardeen – licenza