Le emissioni di gas serra e gli obiettivi per la neutralità climatica Ambiente

L’accordo di Parigi ha fissato come obiettivo una riduzione delle emissioni di gas serra pari al 40% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. A oggi in Italia il calo ha superato il 26%, ma sono aumentate le emissioni causate dalla gestione dei rifiuti.

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Proprio in questi giorni è iniziata la Cop 27 in Egitto per discutere le maggiori sfide ambientali. Uno degli strumenti più importanti per affrontare il problema del cambiamento climatico è il monitoraggio delle emissioni di gas serra. Si tratta di un gruppo di sostanze, rappresentate all’80% dall’anidride carbonica, che hanno un effetto climalterante.

Molte attività umane comportano il rilascio di agenti inquinanti: i trasporti, la produzione industriale, il consumo energetico, l’agricoltura, il riscaldamento e raffreddamento degli ambienti. Tali sostanze generano un accumulo di calore nell’atmosfera, il quale a sua volta comporta numerose conseguenze sugli ecosistemi e chi li abita.

Come riporta l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), la concentrazione atmosferica di gas a effetto serra è infatti il principale fattore determinante del riscaldamento globale, e quindi ridurla è la principale strategia di mitigazione.

Con l’accordo di Parigi del 2015 l’Italia ha accettato di prefissarsi alcuni obiettivi cruciali in vista del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi centigradi. Tra le altre cose, l’accordo prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.

Il calo delle emissioni nei paesi Ue

Nel complesso in Ue si è raggiunto, nel 2020, un calo pari al 32% negli ultimi 30 anni. Nel corso dell’anno, l’ultimo per cui sono disponibili dati, i paesi membri dell’Unione hanno emesso un totale di oltre 3,3 miliardi di tonnellate di gas a effetto serra, rispetto ai quasi 5 miliardi del 1990.

Sono solo due gli stati in cui invece si è registrato un aumento: Cipro e Irlanda, rispettivamente pari al 46% e al 6%. Tutti gli altri paesi hanno invece riportato un calo, anche se di entità variabile, passando da Portogallo, Spagna e Austria con cifre inferiori al 10% fino al 71% dell’Estonia.

Da questo punto di vista l’Italia si attesta leggermente al di sotto della media europea.

Con “gas serra” si intende un insieme di agenti inquinanti che comprende l’anidride carbonica (co2), il metano (ch4), l’ossido di diazoto (n2o), gli idrofluorocarburi (hfcs), i perfluorocarburi (pfcs), l’esafluoruro di zolfo (sf6) e il trifluoruro di azoto (nf3). I dati sono riferiti a tutte i settori (trasporti, agricoltura, energia, processi industriali e uso dei prodotti, gestione dei rifiuti e altro), escludendo l’ambito Lulucf (land use, land use change and forestry, ovvero il settore forestale e gli altri usi del suolo).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 10 Giugno 2022)

Le emissioni totali nel nostro paese sono passate da 524 milioni di tonnellate nel 1990 a meno di 400 nel 2020. Dal 1990 sono andate gradualmente aumentando fino a raggiungere un picco nel 2005 (quando si sono registrate quasi 600 milioni di tonnellate) e poi hanno iniziato a calare progressivamente, toccando il punto più basso nel 2020 (meno di 400 milioni di tonnellate).

Calo dei consumi e energie rinnovabili hanno contribuito alla riduzione.

Come evidenzia Ispra, il calo è stato particolarmente marcato a partire dal 2008 (-32,6%). Questo, secondo le analisi condotte dall’istituto, sarebbe da attribuire da una parte alla riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali e dall’altra al crescente contributo delle fonti di energia rinnovabili.

Le emissioni di gas serra nei singoli settori

Anche se sono numerose le attività che comportano un rilascio di gas a effetto serra nell’atmosfera, non tutte hanno lo stesso peso. Sono le attività di produzione e consumo di energia a essere le principali responsabili.

Nel 2020 oltre il 78% delle emissioni veniva dal settore energetico, mentre l’8% circa era costituito da processi industriali e uso dei prodotti. Poco meno del 9% proveniva dall’agricoltura e il restante 5% dalla gestione dei rifiuti. Anche la riduzione delle emissioni attribuibili a tali settori è stata variabile.

I dati si riferiscono alla variazione percentuale delle emissioni (misurate in kt co2 equivalente), divise per settore, tra il 1990 e il 2020.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(pubblicati: mercoledì 13 Aprile 2022)

L’energia è la componente che ha registrato il calo più marcato (circa il 30%). Seguono i processi industriali (-23%) e l’agricoltura (-11%). L’unico aumento ha riguardato la voce gestione dei rifiuti.

+7,7% le emissioni di gas serra causate dalla gestione dei rifiuti tra 1990 e 2020, l’unica voce in aumento.

È importante evidenziale che il 2020, che ha rappresentato un calo netto nelle emissioni di gas serra, è stato un anno particolare. La pandemia da Covid-19 ha infatti portato a un temporaneo arresto di molte attività produttive e a un calo dei consumi. Sono stati molti meno gli spostamenti e quindi l’impatto ambientale dei trasporti. Il dato positivo, di conseguenza, va relativizzato.

Ancora non ci sono i dati nazionali per il 2021, ma stando all’international energy agency (Iea), a livello globale tra 2020 e 2021 si sarebbe verificato un prevedibile aumento (+4,8%). Tuttavia in Europa, secondo la European environmental agency (Eea), il livello sarebbe comunque inferiore a quello pre-pandemico.

Foto: Kouji Tsurolicenza

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