Le gare d’appalto e il declino dell’accoglienza diffusa Centri d'Italia

Attraverso l’analisi dei contratti per la gestione di centri di accoglienza emerge un ritorno verso centri collettivi di grandi dimensioni oltre a una considerevole difficoltà per le prefetture nell’assegnazione dei bandi.

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Come abbiamo scritto in diverse occasioni in Italia il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale è in maggioranza gestito tramite i centri di accoglienza straordinari (Cas), anche se questi erano originariamente concepiti come l’eccezione al sistema ordinario, ovvero il sistema di accoglienza e integrazione (Sai, già Sprar).

Da un lato dunque è importante insistere affinché il Sai venga realmente potenziato, aumentando le sue capacità ricettive. Dall’altro, visto che attualmente i Cas coprono il 59,7% dei posti nel sistema, resta importante distinguere tra le diverse modalità di accoglienza che possono offrire, oltre a verificare che il sistema riesca effettivamente a rispondere alle esigenze.

Il Sai è il sistema ordinario di accoglienza. È gestito dai comuni e prevede servizi di integrazione. La maggior parte delle persone sono però accolte nei Cas a gestione prefettizia. Vai a “Come funziona l’accoglienza dei migranti in Italia”

I bandi per l’accoglienza

Da questo punto di vista, all’interno del sistema dei Cas la prima distinzione che può essere fatta è tra piccoli centri gestiti in modalità in rete e centri collettivi. Questi, a seconda dei casi, possono accogliere anche centinaia di persone.

Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.
Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
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Si tratta di un’analisi rilevante per due aspetti. Da un lato il benessere delle persone accolte, dall’altro il rapporto dei centri con il territorio all’interno del quale sorgono. È generalmente riconosciuto che piccoli centri distribuiti rappresentino una soluzione preferibile.

Negli anni però gli schemi di capitolato d’appalto per la gestione delle strutture non hanno favorito questa modalità di accoglienza, anzi hanno fatto l’esatto contrario. Non stupisce quindi che, analizzando i dati della banca dati dei contratti pubblici (Bdncp) dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), emerga negli anni un progressivo spostamento a favore delle grandi strutture.

Non si è trattato di un’analisi semplice. Tra il 2020 e l’agosto del 2023 infatti le prefetture italiane hanno emesso oltre 7mila 200 bandi. Dopo un’attenta verifica abbiamo ristretto il campo a circa 3mila bandi relativi alla gestione dei servizi di accoglienza.

3.195 i bandi emessi dalle prefetture tra 2020 e agosto 2023 in materia di gestione dei centri accoglienza.

Questo insieme di gare presenta poi caratteristiche molto diverse. Sia rispetto ai centri a cui sono riferite, sia in relazione agli importi e le procedure di assegnazione. Per questo conviene innanzitutto distinguere tra bandi singoli, emessi per ragioni specifiche che possono avere motivazioni anche molto diverse, accordi quadro e i bandi derivanti da accordi quadro.

In questa sede a noi interessano in particolare gli accordi quadro. Ovvero contratti che forniscono una cornice all’interno della quale possono poi, quando se ne verifichi la necessità, essere attivati i contratti veri e propri (ovvero quelli derivanti dall’accordo quadro). Questa d’altronde è la procedura indicata dal ministero dell’interno per l’attivazione di nuovi Cas. Può essere quindi considerata come un utile indicatore delle intenzioni di ciascuna prefettura, indipendentemente da quello che poi le condizioni effettive richiederanno.

Il declino dell’accoglienza diffusa

Da anni ormai i capitolati d’appalto previsti dal ministero dell’interno svantaggiano l’accoglienza diffusa. I prezzi infatti sono inferiori a quelli previsti per i centri più grandi a fronte di servizi più costosi da offrire.

Malgrado questo, nel 2020 gli importi messi a bando per accordi quadro relativi a centri in modalità in rete rappresentavano ancora più della metà del totale (52,2%). Un dato relativamente alto si è registrato anche l’anno successivo, se pur con un calo di 8 punti percentuali.

Il 2020 e il 2021 tuttavia non sono stati anni ordinari per il sistema di accoglienza Italiano. Come è noto infatti in quel biennio le presenze in accoglienza hanno registrato numeri molto contenuti. Sia rispetto ai periodi precedenti che successivi.

Il dato del 2022 dunque va letto anche come la risposta a un arrivo più consistente di richiedenti asilo in Italia. Infatti se si considerano gli importi messi a bando in valori assoluti, emerge come questi siano tutti aumentati rispetto al 2020. Tuttavia guardando alla proporzione di ciascun tipo di centro, si registra un notevole calo dei bandi destinati ai centri gestiti in modalità in rete.

Per accordi quadro ordinari si intendono accordi quadro per centri gestiti in modalità in rete (Cas in rete), centri collettivi fino a 50 posti (Cas fino a 50 p.) e centri collettivi da 50 a 300 posti (Grandi centri). I contratti che si è ritenuto rientrassero tra queste categorie, pur non riuscendo a identificare con precisione in quale, sono stati classificati come “Altro”. Non sono considerati i centri collettivi con più di 300 posti (generalmente riservati a centri di prima accoglienza e non a Cas) e i centri di permanenza e rimpatrio (Cpr). Inoltre, non sono considerati né quegli accordi quadro con importi molto limitati, che sembrano rispondere a casi specifici e non alla programmazione ordinaria, né gli accordi quadro che sono stati classificati come “ripetuti”.

FONTE: elaborazione Openpolis-ActionAid Italia su dati Anac
(pubblicati: mercoledì 31 Gennaio 2024)

Il sistema insomma ha retto almeno in parte finché i flussi sono stati contenuti. Sì è però rapidamente spostato verso l’accoglienza in grandi strutture quando le richieste sono aumentate, anche se non di molto.

-20 punti percentuali la quota di importi destinati ad accordi quadro per la gestione di centri in modalità in rete tra 2020 e 2022.

I dati sul 2023, per quanto parziali (visto che riguardano solo contratti messi a bando tra gennaio e agosto), segnano un lieve aumento dei bandi per accoglienza diffusa. Tuttavia tra 2020 e 2023 questi sono comunque passati dal 52,2% ad appena il 36,2%.

In ogni caso, come anticipato, gli accordi quadro non rappresentano gli importi effettivamente erogati ma esclusivamente una stima massima stabilita da ciascuna prefettura per ogni tipo di centro.

Per verificare come si è effettivamente configurata l’accoglienza conviene quindi guardare ai dati di Centri d’Italia. Quello che ci dicono queste informazioni riguarda invece le intenzioni delle prefetture che, a quanto pare, in particolare in situazioni di maggiore pressione, sembrano preferire l’accoglienza in strutture collettive.

Che questa preferenza derivi da una maggiore semplicità logistica, dal presupposto che alle condizioni attuali sia più difficile trovare gestori disposti all’accoglienza in rete o da altre considerazioni è difficile dirlo. In ogni caso è evidente che il sistema, nel suo complesso, disincentiva l’accoglienza diffusa. Una dinamica da cui derivano ricadute negative in termini di servizi alla persona accolta, inclusa l’inclusione nelle comunità locali.

Bandi deserti

L’analisi proposta fin qui riguarda in qualche modo le intenzioni delle prefetture, non è detto però che poi venga effettivamente assegnato un numero di contratti tale da coprire l’importo complessivo degli accordi quadro adottati in principio.

Nel migliore dei casi questo avviene perché il numero di persone a cui è necessario fornire una sistemazione in accoglienza non è così elevato. Può succedere però che, pur essendoci la necessità, non vengano presentate abbastanza offerte. A volte in effetti i bandi vanno del tutto deserti e non si tratta di casi isolati.

18,7% la quota di accordi quadro andati deserti tra 2020 e 2022.

Anche in questo caso sono i contratti per centri gestiti in modalità in rete a essere svantaggiati. Il 44% dei contratti andati deserti tra 2020 e 2022 infatti riguarda questo tipo di strutture.

Come abbiamo raccontato più volte in passato le ragioni per cui i gestori non si presentano alle gare possono essere molteplici. Da un lato infatti gli importi per la gestione in modalità in rete sono meno attrattivi rispetto a quelli proposti per i centri collettivi. In questi ultimi infatti è anche possibile sviluppare delle economie di scala. Dall’altro negli anni sono stati ridotti, fino quasi ad annullarli, anche i servizi previsti per gli ospiti. La conseguenza è che i Cas sono diventati sempre più delle strutture di permanenza senza alcun tipo di servizio di integrazione. Molti operatori però non sono disposti a fornire questo tipo di servizio.

C’è una ragione di tipo economico, per cui i servizi che vengono richiesti,
secondo la gran parte delle organizzazioni, non possono essere coperti da
quel tipo di tariffa e ci sono ragioni di tipo ideale. Molta parte degli attori della
cooperazione e dell’associazionismo, non si considerano soggetti che fanno
“albergaggio”.

Gare ripetute

Il fatto che una o più gare vadano deserte rappresenta un grosso problema per le prefetture. A questo si aggiunge il fatto che, anche bandi che non vanno completamente deserti, possono comunque non essere sufficienti, se gli operatori hanno presentato offerte per un numero di posti inferiore alle necessità.

Se i bandi emessi da una prefettura vanno del tutto o in parte deserti questa può provare a ripeterli.

Tra i vari rimedi che possono essere adottati dagli uffici territoriali del governo, uno dei più comuni è quello di ripetere le gare. Analizzando i dati dei contratti pubblici di Anac, tra il 2020 e l’agosto 2023 abbiamo isolato 184 bandi che possono essere considerati come “ripetuti”. Si tratta di gare che non avrebbe avuto senso pubblicare se non si fossero verificati dei problemi con un appalto precedente.

Sono indicati gli accordi quadro considerati principali come indicato nel rapporto Centri d’Italia Un fallimento annunciato (nello specifico nella tabella 2.4) distinti per capitolato (come definito nella tabella 2.2). Rispetto a questo insieme è indicato il numero di bandi che sono stati considerati “ripetuti”. Per identificare un accordo quadro come ripetuto abbiamo proceduto come segue. Visto che un accordo quadro per centri di accoglienza delle categorie in oggetto dovrebbe avere, stando al capitolato, una durata di un anno prorogabile di un ulteriore anno, se dopo pochi mesi dalla pubblicazione di un accordo quadro ne viene pubblicato un altro destinato alla stessa identica categoria di centro, vuol dire che qualcosa non è andato come auspicato dalla stazione appaltante, ovvero la prefettura.

FONTE: elaborazione Openpolis-ActionAid Italia su dati Anac
(pubblicati: mercoledì 31 Gennaio 2024)


Questo fenomeno riguarda tutti i tipi di Cas ma, anche in questo caso, ha avuto un impatto maggiore sui centri gestiti in modalità in rete. In particolare nel 2022 più della metà dei principali accordi quadro per l’assegnazione di questo tipo di contratto sono stati ripetuti (24, il 52%).

Quanto al 2023, pur disponendo solo di dati parziali, emerge chiaramente come il fenomeno si sia manifestato in misura consistente. Nei primi 8 mesi, infatti, sono stati ripetuti ben 35 bandi, più di quanto non sia avvenuto nel corso di tutto il 2020.

Complessivamente, sono ben 50 le prefetture che, nel periodo considerato, hanno riscontrato problemi di questo genere, ovvero quasi la metà. Il fenomeno si è manifestato con particolare gravità in alcuni territori tra cui Prato, dove sono stati ripetuti ben 16 bandi (tra cui 7 per l’accoglienza in rete e 7 per Cas fino a 50 posti), La Spezia (con 13 bandi ripetuti) e Varese (12).

L’assenza di una prospettiva credibile

Data la situazione descritta sembra evidente che il modello di accoglienza italiano andrebbe ripensato integralmente. Innanzitutto rafforzando il sistema ordinario in modo tale che i Cas svolgano la funzione per cui erano stati ideati inizialmente. Ovvero quella di costituire una sistemazione provvisoria e straordinaria in attesa che si liberi un posto nel sistema ordinario.

Non sembra in vista né un rafforzamento del sistema ordinario né un miglioramento della condizione dei Cas.

Questo tuttavia potrebbe avvenire solo se i posti presenti nel Sai venissero aumentati fino a rappresentare la grande maggioranza del sistema. Oltre a questo poi sarebbe necessario prevedere che anche i richiedenti asilo possano accedere al Sai, come d’altronde avveniva in passato. Una soluzione di questo tipo, oltre ad essere più efficace, aiuterebbe a ridurre la pressione sulle prefetture che a quel punto potrebbero limitarsi a gestire i centri di prima accoglienza e alcuni Cas nei momenti di maggiore afflusso.

Nulla di tutto questo però risulta né nelle intenzioni né nei provvedimenti del governo. Al contrario nel corso di questi anni abbiamo assistito all’approvazione di una serie di norme che aumentano le criticità.

Gli interventi del governo in materia migratoria rafforzano l’approccio emergenziale.

Nel corso dei mesi infatti sono state adottate misure che complicano il lavoro delle Ong che si occupano di salvataggi in mare (decreto 1/2023), è stata ristretta la possibilità di accedere alla protezione speciale e sono stati esclusi i richiedenti asilo dal circuito Sai (Dl 20/2023), è stato adottato (apparentemente senza ragione) uno stato di emergenza (prorogato negli scorsi giorni) che permette alle prefetture di procedere in deroga alla normativa ordinaria, si è prevista la possibilità che minori ultrasedicenni siano accolti in centri per adulti e si è permesso, in caso di necessità, di derogare ai “parametri di capienza previsti” nei centri di accoglienza (dl 133/2023). A questi interventi poi si aggiunge l’istituzione dei nuovi centri temporanei, ovvero strutture ancora più straordinarie dei Cas che possono essere aperte in caso non vi siano posti in altri centri.

Queste novità però non contribuiscono in alcun modo a una riforma organica del sistema che abbia come obiettivo quello di rendere l’accoglienza uno strumento più efficace per l’integrazione dei migranti, rafforzando piuttosto l’approccio emergenziale adottato anche dai governi precedenti.

Foto: Giuseppe Di Maio – Sponz Fest

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