L’illusione della trasparenza sui redditi dei politici Patrimoni trasparenti
Pubblicate le dichiarazioni patrimoniali di parlamentari e membri del governo. Ma l’operazione di trasparenza è piena di lacune: dati illeggibili e soprattutto inutilizzabili.
lunedì 29 Aprile 2019 | Potere politico
A metà aprile sono stati resi disponibili sui siti di camera e senato le dichiarazioni patrimoniali dei senatori, deputati e membri del governo. Informazioni che oramai dal 2014 devono essere rese disponibili obbligatoriamente, per dare la possibilità a tutti i cittadini di conoscere redditi e proprietà della classe politica.
Le informazioni pubblicate non sono: leggibili, in formato aperto ed omogenee.
Quanto pubblicato ci permette però di sottolineare per l’ennesima volta uno dei mali ricorrenti delle operazioni di trasparenza del nostro paese: informazioni illeggibili e inutilizzabili. I documenti infatti vengono resi disponibili attraverso la pubblicazione di fogli compilati a mano, rendendoli di difficile comprensione, e poi scansionati digitalmente, con una qualità al limite dell’accettabile. Questo rende l’operazione di “apertura” quasi controproducente, non essendo forniti dati che possono essere riutilizzati e quindi analizzati pienamente. Un’operazione che confonde fortemente il concetto di trasparenza, con quello di comunicazione.
L’evoluzione della materia
La legge per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti risale al 1982. In particolare stabiliva che i parlamentari (tra gli altri) fossero tenuti a consegnare alla camera di appartenenza la dichiarazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi, documenti successivamente pubblicati – solo nel quadro di sintesi – in un “bollettino” messo “a disposizione” dei cittadini iscritti alle liste elettorali.
Nella XVI Legislatura – anche grazie alla campagna di sensibilizzazione di openpolis – gli uffici di presidenza di camera e senato hanno istituito un sistema di pubblicazione volontaria sul web delle dichiarazioni per i parlamentari che davano il consenso. La pubblicazione sul web, solo per quanto riguarda i parlamentari, è passata da volontaria a obbligatoria con la legge per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti del febbraio 2014.
Con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, comunicare dichiarazione patrimoniale e finanziamenti elettorali è diventato obbligatorio.
La stessa legge stabilisce anche come debba avvenire la pubblicazione online, ovvero “ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33”. Si tratta del “decreto trasparenza” che interviene su molti aspetti, in particolare nell’articolo 14 (sulla documentazione che i parlamentari devono presentare), e, soprattutto negli articoli 6 e 7 (su caratteristiche, formati e apertura dei dati).
Cosa dovrebbero essere: dati aperti e riutilizzabili
Con “Patrimoni trasparenti” – progetto di apertura di dati pubblici che openpolis lanciò nel 2016 e che aveva come oggetto proprio i documenti ufficiali dei parlamentari e dei membri del governo su redditi, beni mobili e immobili, contributi e spese elettorali – avevamo sottolineato le tante lacune dell’attuale sistema. In particolare nella totale violazione dell’articolo 7 del decreto trasparenza, che così legge:
I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, resi disponibili anche a seguito dell’accesso civico di cui all’articolo 5, sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale, […], senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.
Questo vuol dire che le informazioni dovrebbero essere accessibili e consultabili, in un formato testuale facilmente interrogabile, ma soprattutto in formato aperto, per facilitarne il riutilizzo. Ma è analizzando proprio le dichiarazioni patrimoniali dei parlamentari e dei membri del governo che emergono dei chiari problemi.
Appare evidente infatti che non vengano utilizzati formati che rendano i dati pienamente accessibili, consultabili e riutilizzabili. Al contrario, si tratta per lo più di documenti scritti a mano, poi scansionati e infine inseriti in formato pdf (con il risultato che alcune parti sono illeggibili). Da un certo punto di vista quindi le istituzioni stanno violando la legge, non rispettando ciò che era stato stabilito nel 2013.
Cosa sono: dati illeggibili e inutilizzabili
Per capire meglio la portata del problema prendiamo come esempio le dichiarazioni patrimoniali fornite da alcuni membri del governo. La prima questione, come già detto, riguarda la fruibilità di informazioni, scritte generalmente a mano, rendendole a volte illeggibili, e poi scansionate. Qui per esempio riportiamo la dichiarazione patrimoniale del sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancalo Giorgetti, nello specifico nella sezione riguardante quote e incarichi in società.
La difficoltà nel ricostruire le informazioni appare evidente. Un problema quasi anacronistico, perché sostenere che un sistema più efficace sia complicato da mettere in campo appare impossibile. Una soluzione, quella dell’inserimento digitale di queste informazioni, talmente evidente, facile e dal basso costo, che non implementarla sembra più una scelta politica che altro.
Altra questione poi riguarda il voler nascondere determinate informazioni. Nei documenti pubblicati è frequente imbattersi in “omissis” ed in interventi per oscurare nomi e cifre. Nel caso che qui sotto riportiamo il sottosegretario Claudio Durigon pubblica la documentazione che riguarda i finanziamenti da lui ricevuti per la campagna elettorale. Un caso di donazioni, in questo caso di 20mila euro, in cui però viene letteralmente pecettato il nome della persona coinvolta.
Un conto è nascondere dati sensibili, come indirizzi civici o targhe di veicoli, un altro è cancellare i nominativi dei finanziatori delle campagne elettorali dei politici, soprattutto quando parliamo di cifre così importanti. Casi di omissioni che compromettono il senso stesso di rendere pubbliche determinate informazioni. Un limite della normativa stessa che evidentemente va migliorata.
La mancata applicazione del decreto trasparenza
A differenza di quanto prescritto dalla legge, le informazioni rese disponibili non sono:
- accessibili e consultabili;
- in formato aperto;
- omogenee.
Tutto questo rende l’operazione di apertura una presa in giro nei confronti di cittadini, attivisti e ricercatori. Per rimediare alle mancanze delle istituzioni, nel corso della scorsa legislatura openpolis ha preso l’iniziativa di digitalizzare tutte queste informazioni, almeno quelle leggibili, nel progetto Patrimoni trasparenti. La decisione da parte di camera e senato di non fornire ai parlamentari e membri del governo degli strumenti digitali per l’inserimento di queste informazioni appare una chiara scelta politica, piuttosto che altro.
Al tempo stesso, è necessario intervenire su alcune norme che sono un ostacolo per una reale trasparenza. Ad esempio, i parlamentari devono depositare tutta la propria dichiarazione dei redditi di cui però sarà pubblicato solo il quadro di sintesi. Ciò priva i cittadini della conoscenza di informazioni essenziali quali il dettaglio delle diverse voci che compongono il reddito del politico.
Illusione di trasparenza
Con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti la necessità di conoscere meglio e di più proprietà, azioni e finanziamenti della nostra classe politica deve diventare un diritto dei cittadini.
Per la salute della nostra democrazia, è impensabile che queste informazioni continuino ad essere comunicate in questo modo.
È impensabile, per la salute della nostra democrazia, pensare che certe informazioni possano continuare ad essere rese pubbliche in questo modo. Informazioni sensibili non più per i loro proprietari, i politici, ma per i cittadini che i politici in questione rappresentano. Per questi motivi chiediamo la piena attuazione del decreto trasparenza attraverso:
- dati strutturati in formato testuale per essere facilmente interrogabili;
- la pubblicazione delle informazioni attraverso opendata, per un facile riutilizzo di ciò che viene pubblicato;
- tutti i politici devono compilare lo stesso modulo per rendere le informazioni omogenee. Anche quando non ci sono dati da dichiarare, la mancanza di dati da dichiarare va comunicata.
Foto credit: Palazzo Chigi – Licenza