L’impatto dei fondi Ue nella gestione dell’emergenza Covid Pandemia

Prima degli stanziamenti aggiuntivi, come il recovery fund, uno dei primi strumenti messi in campo dall’Ue è stata la possibilità per gli stati di reindirizzare i propri fondi europei nel contrasto all’emergenza. Vediamo come questo processo è avvenuto, in Italia e negli altri paesi.

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In questi mesi, l’emergenza coronavirus ha messo sotto pressione sia la capacità di risposta dei singoli paesi europei, sia quella dell’Unione europea nel suo complesso.

In molti aspetti, l’emergenza richiede risposte coordinate in sede Ue.

Prima di tutto in campo sanitario, con la necessità di garantire l’accesso ai dispositivi di protezione, il potenziamento delle terapie intensive, gli investimenti nella ricerca sul vaccino e nella sua distribuzione.

Poi per gli aspetti economici e sociali connessi con la crisi: con gli effetti del lockdown su consumi e produzione e la necessità di supportare le imprese con sovvenzioni e garanzie sui prestiti.

Allo stesso tempo, la pandemia rappresenta una sfida anche per l’assetto istituzionale dell’Europa. Per le sue caratteristiche intrinseche di “epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti” (Treccani) richiede risposte coordinate tra i paesi Ue, ma soprattutto rapide ed efficaci.

Nonostante qualche incertezza iniziale, la gravità della situazione già durante la prima ondata lo ha reso subito evidente.

FONTE: elaborazione openpolis su dati European centre for disease prevention and control
(ultimo aggiornamento: giovedì 26 Novembre 2020)

Una delle prime misure è stata la possibilità di reindirizzare i fondi Ue nel contrasto all'emergenza.

Fin dalle prime settimane la crisi pandemica ha portato le istituzioni europee a discutere e mettere in campo diversi strumenti di intervento. Tra questi, i più conosciuti sono la sospensione del patto di stabilità, il piano Next Generation Eu, i fondi Sure per il rischio disoccupazione, un apposito canale di credito del Mes, gli interventi della banca europea per gli investimenti, gli acquisti di titoli da parte della Bce. All’interno di questo quadro, una delle prime misure concretamente varate sono stati i pacchetti Crii e Crii+ (o Coronavirus Response Investment Initiative).

Crii e Crii+ sono gli strumenti che l’Ue ha messo a disposizione dei paesi membri per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria. Consentono agli stati maggiore flessibilità nell'uso dei fondi Ue. Vai a "Cosa sono i pacchetti europei Crii e Crii+"

Non si tratta di risorse aggiuntive, ma della possibilità di riprogrammare i fondi europei già esistenti per il ciclo 2014-20 su spese relative all’emergenza. Dall’acquisto di materiali e attrezzature sanitarie al sostegno alle imprese e alle spese di protezione sociale.

Una partita decisiva che, dall'inizio della crisi a metà gennaio 2021, ha prodotto un incremento netto di 6,8 miliardi a livello Ue sul comparto salute e di oltre 3,5 miliardi nel supporto alle imprese colpite dall'emergenza.

+67% la crescita dei fondi Ue relativi al comparto sanitario dall'inizio della crisi, grazie alla riallocazione dei fondi esistenti.

Risorse la cui implementazione sarà rendicontata a metà 2021 e che sono spesso state fondamentali per i governi nell’affrontare la pandemia, soprattutto nei primi mesi, nell’attesa di misure più strutturali.

Monitorare la riallocazione di queste risorse in funzione del contrasto al coronavirus è cruciale. Soprattutto per rispondere a una domanda: che impatto hanno avuto i fondi europei nella gestione della crisi? La pubblicazione da parte della commissione Ue di alcuni dataset relativi a queste risorse dà la possibilità di valutare, paese per paese, che ruolo hanno avuto i fondi europei nella gestione della crisi. In particolare nei due settori cruciali: investimenti sanitari e sostegno alle imprese.

La riallocazione dei fondi Ue nel settore sanitario

La crisi ha riguardato prima di tutto la tutela della salute delle persone. Ciò ha comportato la necessità di spostare risorse verso i dispositivi di protezione individuale, le attrezzature mediche e altre infrastrutture sanitarie.

In questa partita i fondi europei hanno avuto un ruolo decisivo, anche se purtroppo non semplice da monitorare. Come sottolineato anche dalla commissione europea, il motivo è che le classificazioni esistenti risalgono a prima dell'emergenza ed è quindi molto difficile tracciare come i paesi abbiano utilizzato i margini concessi dai pacchetti Crii e Crii+.

The original monitoring systems were not designed to track the exceptional flexibility measures recently introduced.

Da maggio dell'anno scorso la commissione ha introdotto nuove classificazioni specifiche per il Covid ma, trattandosi di una previsione non obbligatoria tali indicatori rischiano di produrre una analisi incompleta.

Un altro modo indiretto, reso possibile dai dataset pubblicati dalla commissione, è quello di isolare i fondi categorizzati come relativi al comparto salute ed osservare quali siano stati gli spostamenti dal 1° febbraio 2020 ad oggi (nello specifico i dati raccolti ai fini di questa analisi sono relativi al 15 gennaio 2021).

Spostati 4,5 miliardi sugli interventi destinati alle infrastrutture sanitarie.

Questo metodo ci consente di capire alcune tendenze. Nel 2020, nei fondi Ue relativi al comparto sanità sono stati ricollocati complessivamente 7,2 miliardi (con un aumento netto pari a 6,8 miliardi). Com'è è avvenuto questo spostamento? La categoria di intervento che registra gli incrementi maggiori è quella relativa alle infrastrutture sanitarie. La riallocazione su questi fondi è stata di 4,5 miliardi, quasi sempre in aumento. Segno che gli interventi in questo settore (contrassegnato dalla categoria d'intervento 053) sono stati ritenuti prioritari dai paesi Ue. Crescono i fondi anche per i programmi relativi all'accesso ai servizi sanitari, una categoria piuttosto generica che probabilmente ha consentito maggiore flessibilità di azione nella fase di emergenza.

Sono stati presi in considerazione gli spostamenti di fondi negli interventi identificati dalle seguenti categorie:

  • 053 Infrastrutture per la sanità;
  • 081 Soluzioni Tic (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) volte ad affrontare la sfida dell’invecchiamento attivo e in buona salute nonché servizi e applicazioni per la sanità elettronica (compresa la teleassistenza e la domotica per categorie deboli);
  • 107 Invecchiamento attivo e in buona salute;
  • 112 Miglioramento dell’accesso a servizi abbordabili, sostenibili e di qualità, compresi i servizi sociali e le cure sanitarie d’interesse generale.

Le riallocazioni in diminuzione riguardano generalmente spostamenti interni tra azioni sanitarie diverse.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

Ricollocamenti minori, ma comunque significativi, anche nell'ambito degli interventi per la sanità elettronica. Su questi programmi si rilevano 177 milioni in entrata e 139 in uscita. Indice di una possibile ristrutturazione dei fondi relativi a questa categoria per ottimizzare gli interventi su questo settore in chiave Covid.

+6,8 mld lo spostamento netto di fondi europei verso il comparto sanitario.

Nel confronto tra paesi Ue, il volume di ricollocamenti maggiore in ambito sanitario si è avuto in Spagna (2,7 miliardi in entrata, 95 milioni in uscita) e in Italia (1,37 miliardi in entrata, 33 milioni in uscita). Seguono Polonia, Romania, Irlanda, Grecia e Francia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

In 4 paesi (Repubblica ceca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia) l'ammontare dei fondi sulle categorie di intervento sanitarie non è cambiato dal 1° febbraio 2020 ad oggi. Questi paesi non sembrano quindi aver usufruito della flessibilità sui fondi europei consentita dai pacchetti Crii e Crii+ per rispondere all'emergenza Covid, almeno in ambito sanitario. Il motivo è generalemente collegato al fatto che, nel 2020, gli stati più virtuosi nell'utilizzo dei fondi Ue avevano meno margine a disposizione su quanto stanziato dal bilancio 2014-20. Ungheria, Estonia e Austria hanno mantenuto stabili o ricollocato i fondi relativi alla sanità su altri comparti.

Fondi sanitari e trasferimenti tra regioni diverse

Un aspetto chiave del pacchetto Crii+ è la possibilità di trasferire i fondi Ue tra categorie di regioni diverse. Di norma, in base al regolamento Ue che disciplina i fondi europei, non è possibile spostare gli stanziamenti assegnati a uno stato dalle regioni meno sviluppate a quelle più sviluppate o in transizione (salvo deroghe debitamente giustificate, per un massimo del 3% degli stanziamenti).

La pandemia ha portato a rivedere questo limite, perché l'impatto dell'emergenza - soprattutto nei primi mesi - prescinde dalla categorizzazione tra regioni più o meno sviluppate. Sono state infatti soprattutto le aree metropolitane ad alta densità abitativa e i territori economicamente più dinamici quelli colpiti per primi dai contagi.

In deroga all'articolo 93 (...) le risorse disponibili per la programmazione dell'anno 2020 possono essere, su richiesta di uno Stato membro, trasferite tra categorie di regioni in risposta all'epidemia di Covid-19

Come conseguenza, l'aumento degli stanziamenti sul comparto sanitario si è verificato per tutti i tipi di regione, ma in misura molto più massiccia su quelle sviluppate. Rispetto al 31 gennaio 2020, l'ammontare dei fondi sanitari è aumentato del 30% nelle regioni meno sviluppate, del 169% in quelle in transizione e del 255% in quelle più sviluppate.

Per l'Italia, l'incremento è stato dell'89% in quelle meno sviluppate. Queste partivano da un ammontare nelle categorie di intervento relative alla sanità di 435 milioni, quasi raddoppiato fino a 823 milioni. Variazione del 216% in quelle in transizione (da 18 a 58 milioni) e del 394% in quelle più sviluppate (da 230 milioni a 1,1 miliardi).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

 

Ma come sono cambiati gli stanziamenti sanitari tra le regioni in Italia? Per comprenderlo possiamo osservare gli spostamenti avvenuti tra i diversi programmi relativi al nostro paese, alcuni di carattere nazionale, ma la maggior parte specifici per le singole regioni (e i singoli fondi). La maggior parte di questi programmi, dal 1° febbraio ad oggi, ha avuto ricollocamenti solo di segno positivo. In particolare gli stanziamenti relativi al settore sanitario del Fse (fondo sociale europeo) del Lazio (+225 milioni), quelli del Fse Campania (+100,8 milioni) e quelli del Fesr Lombardia (fondo europeo di sviluppo regionale, +95,2 milioni).

Il fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) serve a correggere gli squilibri fra le regioni e a promuovere uno sviluppo equilibrato nelle diverse regioni dell’Ue, mentre il fondo sociale europeo (Fse) sostiene i progetti che riguardano l’incentivo all’occupazione in tutta Europa e investe nel capitale umano. Vai a "Che cosa sono i fondi europei"

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

Spostamenti massicci di fondi europei verso il settore sanitario, in quasi tutti i programmi.

Altri programmi regionali hanno avuto riallocazioni sia in entrata che in uscita, ad esempio quello a valere sul fondo di sviluppo regionale della Campania, il Fse Veneto, il Fesr/Fse della Puglia, quello del Molise, il Fesr della Basilicata, quello siciliano e il Fse della provincia autonoma di Bolzano. Sul programma operativo regionale Calabria Fesr/Fse si registrano ricollocamenti negativi per 6 milioni circa. In parallelo però i programmi nazionali hanno visto aumentare le risorse a disposizione sul fronte sanitario: è il caso dei programmi inclusione sociale (Fse), legalità (Fse/Fesr), ricerca e innovazione e città metropolitane. Non si registra alcuna riallocazione nei programmi regionali (Fse) di Liguria, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta.

Il ricollocamento dei fondi Ue per l'economia e le imprese

Accanto al fronte sanitario, l'altro aspetto critico di questa emergenza riguarda il lato economico. La necessità di rallentare i contagi ha infatti portato i governi europei a varare misure restrittive, come chiusure e limiti agli spostamenti, con un impatto negativo sull'economia europea.

-7,8% la contrazione del Pil dell'area euro nel 2020, in base alle stime della commissione europea.

Per questa ragione, la flessibilità garantita dai pacchetti Crii e Crii+ ha consentito massicci spostamenti di fondi sul sostegno alle imprese. Parliamo, nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 15 gennaio 2021, di circa 11 miliardi di riallocazioni, per un incremento netto superiore ai 3,5 miliardi di euro.

La voce "investimenti generici nelle pmi" è diventata il canale principale per spostare gli aiuti nella fase Covid.

Come già visto in ambito sanitario, possiamo ricostruire questi dati confrontando gli spostamenti di fondi tra le diverse categorie di intervento. In questo caso legate, anziché agli interventi sanitari, a quelli per lo sviluppo delle aziende. A differenza delle poche categorie relative al settore sanitario, in questo caso parliamo di 24 tipi di intervento diversi. Si va dagli investimenti produttivi nelle piccole e medie imprese (categoria 001) ai processi di ricerca e innovazione per le grandi aziende (002); dalle risorse per migliorare l'efficienza energetica e ambientale (categorie 068, 069, 070) a quelle per favorire l'adattamento ai processi produttivi di lavoratori e imprese (106).

Durante la pandemia, quali settori sono cresciuti di più? Le riallocazioni positive maggiori si registrano sulla categoria 001 "investimenti produttivi generici nelle piccole e medie imprese". Questa categoria, probabilmente anche per la maggiore genericità della sua definizione, è diventata lo strumento principale con cui usufruire della flessibilità concessa dall'Ue nell'uso dei fondi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

In questo senso preme osservare come molti interventi relativi alle piccole e medie imprese potrebbero essere stati concentrati sugli investimenti generici. Ad esempio, si rilevano spostamenti in uscita (pari a quasi 1,5 miliardi, al lordo degli spostamenti in entrata) dalla categoria 064 "processi di ricerca e innovazione nelle pmi" oppure lo spostamento di fondi dalla categoria 062 "trasferimento di tecnologie e cooperazione tra università e imprese, principalmente a vantaggio delle pmi" (82 milioni in entrata su questa voce a fronte di 521 milioni in uscita).

+3,5 mld lo spostamento netto di fondi europei verso il sostegno alle imprese.

Nel confronto tra i paesi Ue, è l'Italia ad aver effettuato i maggiori ricollocamenti (+2,9 miliardi in entrata e -1,6 miliardi in uscita). In definitiva, se il 1° febbraio 2020 le categorie di intervento relative alle imprese valevano 7,1 miliardi, lo spostamento dei fondi italiani su questo comparto ha portato il valore complessivamente a 8,4 miliardi. Come esito di questi spostamenti avvenuti nell'ultimo anno si è verificata quindi una crescita netta di quasi 1,3 miliardi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

Gli stati più virtuosi nella programmazione dei fondi Ue hanno di fatto potuto usufruire meno della flessibilità concessa da Crii e Crii+.

Segue, in termini di risorse ricollocate, la Grecia con 1,3 miliardi in entrata e -82,8 milioni in uscita. Sono invece 4 i paesi in cui la quantità di fondi nel settore imprese non è sostanzialmente variata: Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia. Tre di questi (Finlandia, Paesi Bassi e Svezia) coincidono con quelli che non avevano effettuato spostamenti netti neanche sul comparto sanitario. Come già indicato, questi stati - avendo già vincolato gran parte dei propri fondi Ue - avevano meno margini di manovra, e hanno fatto un uso marginale delle possibilità consentite dai pacchetti Crii e Crii+.

Fondi per le imprese e trasferimenti tra regioni diverse

La possibilità di trasferire fondi da una regione all'altra è stata utilizzata molto anche per gli aiuti alle imprese, anche se in modo (relativamente) meno massiccio rispetto ai trasferimenti sanitari.

Anche in questo caso, quasi tutte le categorie di regioni hanno registrato un aumento a livello europeo, anche se con tassi di incremento diversi. A differenza delle riallocazioni sanitarie, che avevano premiato in misura maggiore le aree sviluppate (le prime ad essere colpite dall'emergenza Covid), gli aiuti alle imprese sono cresciuti soprattutto in quelle meno sviluppate. Le aree più fragili del continente hanno registrato un aumento del 6,3% (da 43 a 45,7 miliardi), seguite da quelle in transizione (+5,1%) e da quelle più avanzate (+2,6%). Nessuna riallocazione di fondi o meno risorse nelle regioni nord-europee meno densamente popolate (concentrate soprattutto in Scandinavia), e nei territori di oltremare (-19,9%, ma in termini assoluti parliamo di circa 25 milioni di euro).

+6,3% lo spostamento di risorse per il sostegno alle imprese nelle regioni europee meno sviluppate.

La reazione dei paesi, misurabile con i fondi Ue, è stata diversa tra emergenza sanitaria e crisi economica.

Perché, al contrario di quanto successo per l'allocazione dei fondi sanitari, in questo caso sono state incentivate soprattutto le regioni meno avanzate? Il motivo va probabilmente ricondotto alla differenza tra gli effetti immediati della crisi sanitaria e quelli della crisi economica. La prima ha colpito da subito soprattutto le regioni sviluppate, con un minor coinvolgimento iniziale dei territori svantaggiati. Ma questi non sono rimasti indenni dalle conseguenze economiche: le regioni meno sviluppate, spesso fortemente legate al sistema produttivo di quelle avanzate, hanno visto comunque rallentare la propria economia. Con il rischio di un ulteriore allargamento dei divari interni ai paesi.

Questo convincimento è stato probabilmente alla base delle scelte dei decisori nella riallocazione dei fondi europei in materia di economia e imprese. L'Italia non fa eccezione: restano sostanzialmente stabili gli stanziamenti per le regioni sviluppate (variazione inferiore all'1%) e aumentano sensibilmente per quelle in transizione (+4,3%). Mentre per quelle meno sviluppate i fondi con categorie relative alle imprese crescono quasi del 27%.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

Se questo è l'andamento complessivo, come sono cambiati gli stanziamenti sulle imprese tra le diverse regioni italiane? Una chiave di lettura in questo senso è data dallo spostamento tra i singoli interventi categorizzati con destinazione verso lo sviluppo di aziende e pmi.

Le maggiori variazioni si sono registrate soprattutto tra gli interventi del programma operativo nazionale (Pon) imprese e competitività (+1,2 miliardi in entrata, -684 milioni in uscita). Si tratta quindi di risorse di carattere nazionale, interne al fondo europeo per lo sviluppo regionale.

I fondi europei sono 5: Fesr, Fse, Fc, Feasr, Feamp. Questi finanziamenti europei servono per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale riducendo il divario fra le regioni più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo. Vai a "Che cosa sono i fondi europei"

I maggiori ricollocamenti relativi alle imprese si registrano nei fondi delle regioni del mezzogiorno.

Possiamo osservare gli spostamenti avvenuti tra i diversi programmi relativi al nostro paese, alcuni di carattere nazionale ma molti specifici per i singoli fondi e le singole regioni. I maggiori ricollocamenti di fondi per le imprese si sono avuti sul Pon imprese e competitività (+1,16 miliardi in ingresso, -684,6 milioni in uscita) e su quello sistemi di politiche attive per l'occupazione (+210,6 milioni in entrata, 0 in uscita). E poi sui piani regionali di Puglia (+474,7 milioni, -227,5 milioni), Calabria (+140,5 milioni, -1 milione), Sicilia (sul Fesr +289 milioni, -175,4 milioni) e Campania (+221,7 milioni, -135,3 milioni).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Commissione europea
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Gennaio 2021)

In 6 programmi operativi regionali e in 2 nazionali non si segnala alcuna variazione quanto agli interventi su imprese ed economia. Si tratta del Fesr della provincia autonoma di Bolzano; dei Fse di di Campania, Liguria, Marche, Piemonte e Sardegna; e di 2 programmi operativi nazionali: i pon cultura e iniziativa pmi.

Foto credit: Commissione europea

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