L’impatto delle disuguaglianze sulla condizione minorile

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I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Vai agli approfondimenti Come le disuguaglianze economiche affliggono la condizione minorile

12,4%

le famiglie italiane con minori a carico che nel 2023 si sono trovate in povertà assoluta. Oggi ricorre la Giornata mondiale della giustizia sociale. Evento promosso a livello internazionale con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema e incentivare azioni concrete nelle politiche pubbliche dei diversi paesi. La possibilità di un lavoro dignitoso e di avere accesso a livelli adeguati di welfare sono elementi fondamentali per ambire a società più eque, anche rispetto alla condizione dei minori. Vai all’articolo.

19,4%

l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con figli dove la persona di riferimento è operaio. In netta crescita rispetto al 15,6% dell’anno precedente. Disuguaglianze eccessive nella condizione di partenza delle famiglie portano spesso alla riproduzione di divari educativi, sociali ed economici vissuti da bambine e bambini. È questa dinamica che alimenta la trappola della povertà educativa. Vai al grafico.

5

le generazioni teoricamente necessarie per raggiungere in Italia il reddito medio partendo dal 10% di famiglie a minor reddito, secondo stime Ocse. Una stima puramente teorica, e dichiaratamente solo a scopo illustrativo, che si basa sull’elasticità tra i redditi dei genitori e quelli dei figli, offrendo però un punto di vista interessante sulla mobilità sociale. Rispetto agli altri paesi Ocse considerati, in Italia potrebbero servire 5 generazioni a un bambino nato in una famiglia povera per raggiungere il reddito medio. Un dato simile o inferiore rispetto agli altri stati del G7, ma molto lontano dagli standard dei paesi con maggiore mobilità, in primo luogo quelli scandinavi: Danimarca (2), Norvegia, Finlandia e Svezia (3). Vai al grafico.

48,4%

famiglie a bassa intensità lavorativa nelle città sopra 5.000 abitanti in Italia nel 2019. Parliamo dei nuclei in cui le persone in età da lavoro – al netto dei componenti che studiano – hanno lavorato per meno del 20% del loro effettivo potenziale nel corso di quell’anno. Una condizione di sottocupazione spesso legata anche a contratti precari, disoccupazione, part time involontario. Vai all’articolo.

6 su 10

i nuclei che si trovano in condizione di sottoccupazione in 3 città siciliane: Catania (60,6%), Palermo (58,6%) e Trapani (58,5%). Il primo capoluogo non siciliano è la pugliese Taranto (58,6%). Le percentuali più basse si trovano invece a Prato (40,2%), Reggio Emilia (42,3%) e Trento (43,9%). Vai alla mappa.

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