L’impatto dello sport sulla condizione sociale dei giovani #conibambini

Lo sport non incide solo sulla salute, ma anche su aspetti educativi e sociali fondamentali per i minori. Oggi l’offerta di impianti dove praticarlo è fortemente squilibrata, sia nel confronto Italia-Ue che all’interno del paese.

|

Partner

Lo sport è un collante sociale fondamentale e rappresenta un fattore di benessere psicofisico sia individuale che collettivo. Soprattutto per i più giovani.

La pratica sportiva infatti influisce su numerosi aspetti dello sviluppo di bambini e ragazzi, da quello fisico alla crescita, anche educativa. È infatti in un contesto di gioco che può essere facilitata la trasmissione di valori come il rispetto delle regole e degli avversari, la dedizione personale, la lealtà verso i compagni e la squadra.

L’attività sportiva può essere il veicolo attraverso cui apprendere questi insegnamenti e migliorare la consapevolezza di sé e del proprio corpo. Per questo incide sulle relazioni sociali con coetanei e adulti e sulla salute personale, in particolare rispetto al rischio di sedentarietà. Rischio che – come abbiamo avuto modo di raccontare – non è affatto trascurabile tra i più giovani, in particolare dopo l’emergenza Covid.

1 su 5 i minori sopra i 6 anni che non praticano sport nel tempo libero.

Più frequentemente della media infatti i minori fanno sport in modo organizzato e al chiuso, spesso nell’ambito di impianti sportivi. Ovvero proprio il genere di contesto che ha risentito delle restrizioni necessarie al contenimento della pandemia.

Ma ora che l’emergenza è alle spalle, qual è la situazione degli impianti sportivi in Italia? E in che modo la disponibilità di spazi e occasioni dove fare sport può incidere sulla condizione attuale di bambini e ragazzi?

La necessità di impianti per fare sport sul territorio

È giusto del mese scorso l’annuncio che sarà avviato un nuovo censimento degli impianti sportivi nel paese. I dati provenienti da quello più recente svolto, relativo al 2022, hanno mostrato una situazione non rosea. Sia in termini di disponibilità di impianti rispetto ai paesi Ue, che per i divari territoriali interni al paese.

Sul primo aspetto, il nostro paese è agli ultimi posti in Ue per spese complessive e pro capite dedicate allo sport. Di conseguenza, anche l’offerta di strutture è molto inferiore rispetto alla media europea.

(…) con la presenza sul territorio nazionale di 131,1 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti nel 2022, l’Italia si posiziona come ultimo Paese tra i peers dell’Unione Europea per dotazione infrastrutturale nel settore dello sport: 1,9 volte in meno rispetto alla media di Francia, Spagna e Germania e, in particolare, 2,4 volte in meno della Francia. Il divario con la Finlandia invece, il paese con il miglior livello di popolazione attiva in Europa, sale a 4,6 volte in meno.

In termini di diffusione territoriale degli impianti dove fare sport, abbiamo già avuto modo di analizzare i divari nord-sud rispetto alla dotazione palestre nelle scuole. Una tendenza che però riguarda anche l’impiantistica extra-scolastica.

Sono 77mila gli impianti e le infrastrutture dedicate allo sport in Italia. A fronte di una media nazionale di 131,1 impianti ogni 100mila abitanti, la dotazione maggiore si raggiunge nel centro e nel nord, con circa 140 strutture ogni 100mila residenti.

Molto indietro invece sud e isole, con meno di 107 impianti ogni 100mila abitanti.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Osservatorio Valore Sport 2023
(pubblicati: mercoledì 25 Gennaio 2023)

Nell’Italia settentrionale si concentra oltre la metà delle strutture (51,8%), un terzo in più rispetto a quella esistente nel mezzogiorno.

Il problema dell’offerta di luoghi per fare sport nel sud

Il ritardo dell’Italia meridionale sull’impiantistica per fare sport non emerge solo nella capillarità territoriale, ma anche rispetto ad altre caratteristiche dell’offerta presente. Le regioni del mezzogiorno sono agli ultimi posti per disponibilità di discipline praticabili.

Questo tasso di praticabilità sportiva è stato calcolato dall’Osservatorio Valore Sport rispetto alle 61 discipline sportive riconosciute dal Coni: se sul territorio è presente almeno una società affiliata per ogni disciplina è pari al 100%, se nessuna allo 0%. In concreto oscilla tra l’87% di discipline presenti in Trentino Alto Adige e il 62% in Molise e Basilicata.

Rispetto alla densità degli operatori sportivi delle società riconosciute, si va dai 17,8 operatori per società sportiva della Toscana agli 11,1 della Sicilia, ultima in Italia.

Nel mezzogiorno gli impianti per fare sport presentano più problemi.

Una successiva ricerca promossa da Sport e Salute, Svimez e Uisp – basata su un campione di impianti – ha fatto emergere come nel 2023 risultasse pienamente funzionante il 91% degli impianti del centro-nord e l’81% nel mezzogiorno. Mentre la quota di strutture inutilizzabili appare omogenea (meno dell’1% in entrambe le aree), nell’Italia meridionale è molto più elevata la quota di impianti parzialmente funzionanti: 17,7% del campione, oltre il doppio del centro-nord (8,29%). Parliamo di strutture che, in base a quanto dichiarato dai rispondenti, necessitano di urgenti ristrutturazioni per l’usura, possono avere problemi di illuminazione o di guasti agli impianti, oppure mancare di spazi adeguati allo svolgimento delle attività.

In termini di accessibilità, nel sud continentale oltre il 27% delle strutture non è accessibile agli utenti con disabilità (contro il 20% del centro-nord e il 16% delle isole). In tutto il mezzogiorno comunque l’offerta appare incentrata soprattutto su strutture private.

L’offerta di impianti sportivi pubblici sembrerebbe maggiormente carente in Sicilia, dove la quasi totalità del campione (il 90%) ha dichiarato di praticare sport in strutture a gestione privata, seguita da Campania, Calabria e Puglia dove la pratica sportiva negli impianti pubblici riguarda circa il 30% dei rispondenti o meno.

L’impatto della carenza di impianti sportivi sulla condizione dei giovani

Un’offerta così diseguale, distante dalla dotazione infrastrutturale presente nei principali paesi Ue, è un problema da vari punti di vista per la condizione giovanile. Come premesso, i minori svolgono attività fisica più spesso della media all’interno di impianti, quindi una carenza di tali strutture rende più difficile l’accesso alla pratica sportiva.

Nella letteratura sono state individuate anche altre tendenze rilevanti. Analisi recenti, come quella sul costo sociale e sanitario della sedentarietà, promossa da Svimez, Uisp e Sport e Salute, hanno sottolineato la correlazione tra il tasso di sedentarietà regionale e le presenze medie mensili in impianti della regione.

Altri studi, come il rapporto 2023 dell’Istituto per il credito sportivo insieme a Sport e salute, hanno segnalato un ritorno positivo anche in termini sociali dell’offerta di luoghi dove fare sport. La creazione di luoghi e occasioni dove fare sport può ad esempio offrire un contributo nel contrasto all’inattività tra i più giovani. Potenzialmente, anche rispetto al fenomeno dei neet, giovani che non studiano non lavorano e non sono in formazione.

Un aspetto rilevato (…) è rappresentato dalla percentuale di Neet (Not engaged in education, employment or training), ossia coloro che non lavorano, non studiano e non stanno cercando un’occupazione: grazie ai progetti del Fondo hanno avuto modo di formarsi per svolgere una professione in ambito sportivo oppure di inserirsi in contesti scolastici o educativi stimolanti, emancipandosi da questa condizione di inattività.

Osservando la mappa, è evidente la spaccatura tra comuni del nord e del sud del paese. I primi 10 capoluoghi per incidenza del fenomeno dei neet nel 2019 si trovano in 9 casi nel mezzogiorno, in particolare nelle città siciliane. Catania risulta primo capoluogo in Italia, con il 42%. Seguono, con valori compresi tra 30 e 40%, Palermo, Napoli, Messina, Caltanissetta, Agrigento, Trapani, Siracusa, Frosinone e Enna.

I dati, diffusi solo per i comuni con più di 5.000 abitanti, mostrano la percentuale di iscritti in anagrafe di 15-29 anni iscritti in anagrafe che non hanno un’occupazione regolare ad ottobre e non seguono un percorso di studio. Si tratta di una proxy dell’indicatore sui neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(pubblicati: venerdì 8 Marzo 2024)

Sono invece 8 le città dove l’incidenza dei neet è inferiore al 18%. Belluno (16,1%) è il capoluogo con meno giovani non inseriti in percorsi di studio, lavoro o formazione. In classifica, dopo la città veneta, compaiono Pesaro, Rimini, Siena, Forlì, Prato, Aosta e Ravenna.

Tra limiti dei dati e potenzialità da approfondire

Questi dati chiaramente risentono di un forte limite, legato all’anno di aggiornamento, l’ultimo prima dell’emergenza Covid, perciò andranno necessariamente monitorati con i prossimi rilasci. Tuttavia la frattura territoriale, sebbene verificabile solo per i comuni di almeno cinquemila abitanti, appare evidente. Una spaccatura su cui l’elemento centrale è l’offerta di opportunità lavorative e di istruzione.

In questo quadro, il complesso di servizi e occasioni educative e formative, anche al di fuori delle mura scolastiche, potrebbe avere un ruolo da non trascurare, oggi spesso sottovalutato.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’incidenza dei giovani (15-29 anni) iscritti in anagrafe che non hanno un’occupazione regolare ad ottobre e non seguono un percorso di studio sono di fonte Istat, e sono stati rilasciati nell’ambito delle statistiche sperimentali. Sono diffusi dall’istituto solo per i comuni con più di 5.000 abitanti.

Foto: Marko Milivojevic (Pixnio) – Licenza

PROSSIMO POST