L’impatto sull’occupazione dei divari territoriali negli apprendimenti #conibambini

Un basso livello di istruzione rende più vulnerabili nel mondo del lavoro, soprattutto nelle crisi. Perciò migliorare il livello degli apprendimenti degli studenti è così importante. Purtroppo, i dati sui test Invalsi in terza media mostrano come i divari territoriali siano ancora molto ampi.

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In un mondo del lavoro che richiede competenze sempre più elevate, il livello di istruzione è spesso uno degli aspetti che più contribuisce a determinare la stabilità economica delle persone. E quindi anche la resilienza dell’intero tessuto sociale di fronte a possibili crisi.

Tale tendenza era già emersa chiaramente dopo la recessione del 2008. A distanza di pochi anni dall’insorgere della crisi economica, le analisi Ocse mostravano chiaramente come – pur in un incremento generalizzato dei tassi di disoccupazione – fossero soprattutto le persone meno scolarizzate a soffrirne di più le conseguenze.

Al culmine della crisi, gli individui con un livello d’istruzione più basso hanno una probabilità maggiore di essere destinati alla disoccupazione (:..)

E questa stessa tendenza si registra ancora oggi, nello scenario successivo alla pandemia.

Istruzione, apprendimenti e occupazione dopo il Covid

Tra 2019 e 2020, in seguito all’emergenza, il tasso di occupazione è calato per tutti, specialmente per i più giovani. Tuttavia, se tra i 30-34enni con titoli di studio più elevati il calo è stato di pochi decimi, tra i coetanei con al massimo un titolo secondario inferiore la quota è diminuita di oltre 3 punti.

52,5% il tasso di occupazione tra i giovani di 30-34 anni che hanno al massimo la licenza media nel 2020. Era il 56% l’anno precedente.

Si tratta di una tendenza significativa se si considera che anche prima della pandemia il tasso di occupazione era già più basso tra le persone con minore scolarizzazione. Con la pandemia questa dinamica si è rafforzata. Tra i giovani di 30-34 anni con un titolo terziario (laurea o simili) il tasso di occupazione passa dal 78,9% del 2019 al 78,3%, una flessione di 0,6 punti. Tra chi ha un titolo secondario superiore, come il diploma, varia dal 69,5% al 68,2% (-1,3 punti). Con al massimo un titolo secondario inferiore, il calo è stato pari a 3,5 punti percentuali.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 23 Dicembre 2021)

 

Rispetto al 2008 è evidente il calo dell'occupazione tra chi ha un titolo di studio più basso.

In un'ottica di lungo periodo, si osserva chiaramente come sia cambiato il rapporto tra istruzione e lavoro nell'arco degli ultimi 10-15 anni, segnati dalla crisi economica a cavallo tra 2008 e 2012 e poi da quella seguita alla pandemia. Nel 2008 i giovani con al massimo la licenza media erano occupati in quasi 2/3 dei casi. Inoltre, non vi era troppa distanza tra il tasso di occupazione dei diplomati (78,9%) e quello di chi possiede un titolo di studio terziario (78,3%). A distanza di 12 anni, il calo dell'occupazione è stato di oltre 10 punti sia per chi ha al massimo un titolo secondario inferiore (-12,6 punti) che superiore (-10,7). Questi ultimi nel 2020 sono occupati nel 68,2% dei casi, contro il 78,3% dei laureati.

10,1 i punti di svantaggio nel tasso di occupazione dei giovani diplomati rispetto a quelli con un titolo terziario. Erano solo 2,3 nel 2008.

I dati passati in rassegna evidenziano come la questione educativa rappresenti un aspetto imprescindibile per la tenuta sociale del paese. Per questa ragione è necessario che l'offerta educativa e il livello degli apprendimenti conseguiti a scuola aumenti su tutto il territorio nazionale. Pena il rischio che i divari territoriali ed economici esistenti si cristallizzino: con solo alcune aree del paese in grado di crescere e di fare fronte alle fasi di crisi. Fasi che, al contrario, possono diventare esiziali per i territori con minore scolarizzazione.

21,6% il tasso di occupazione dei giovani 18-29 anni in Sicilia, nel 2020 ultima tra le regioni italiane. Nello stesso anno, è stata anche la regione con più abbandoni precoci (19,4%).

Da questo punto di vista, prima ancora degli abbandoni scolastici, un elemento utile per valutare la condizione educativa nelle diverse aree del paese sono i risultati nei test Invalsi. In particolare quelli delle ragazze e dei ragazzi di terza media, ovvero all'ultimo anno prima della scelta del percorso di studi alle superiori. Per chi abbandona precocemente, in molti casi si tratta anche dell'ultimo anno di scuola tout court. Si tratta quindi di un anno cruciale, perché il successo o l'insuccesso scolastico in questa fase è un buon predittore del percorso di studio successivi, o al contrario della propensione a lasciare la scuola. Ma cosa sappiamo su questo fronte?

Le 3 regioni con minore occupazione giovanile (Sicilia, Campania e Calabria) sono anche quelle con gli apprendimenti più bassi in terza media.

I test Invalsi di italiano nell'anno scolastico 2020/21 hanno indicato una notevole polarizzazione tra nord e sud del paese. In termini di macroaree, i risultati maggiori si riscontrano nel nord-est, con risultati medi significativamente superiori rispetto alla media italiana (punteggio pari a 202,5, a fronte di un dato nazionale di 196). Seguono il centro Italia (199,3), il nord-ovest (198,6) e il sud (ripartizione che ai fini Invalsi comprende solo Abruzzo, Campania, Molise e Puglia, con 190,6). Pur nelle differenze, la distanza rispetto alla media nazionale degli apprendimenti non è considerata statisticamente significativa per questi territori. Mentre ha un punteggio significativamente inferiore alla media italiana la ripartizione sud e isole (comprendente Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna).

4 le regioni sotto quota 190 nei punteggi Invalsi di italiano in terza media (a.s. 2020/21): Sardegna (189), Campania e Sicilia (188), Calabria (183).

Gli apprendimenti Invalsi, comune per comune

Scendendo a livello locale, comune per comune, è possibile approfondire meglio la tendenza. In linea con quanto appena rilevato, sono soprattutto i comuni del centro-nord, e in particolare quelli dell'Italia nord-orientale, a mostrare i livelli più alti in termini di apprendimenti in italiano, arrivati in terza media.

I dati presentati per ciascun comune corrispondono al punteggio medio (stima delle abilità secondo il modello di Rasch) su scala nazionale, corretto per il cheating. Il dato non è disponibile se non sono presenti almeno 2 plessi per comune oppure 2 istituti per comune. Nel caso i risultati delle prove fossero stati resi pubblici direttamente dalle scuole il dato è stato restituito anche se relativo a un solo plesso o un solo istituto per comune.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Settembre 2021)

Se si isolano i 15 capoluoghi con i punteggi più alti nei test Invalsi, nessuno si trova nel mezzogiorno. Sono 6 quelli del nord-ovest, peraltro tutte città lombarde: Sondrio, Pavia, Lecco, Como, Monza e Bergamo. Cinque si trovano nel nord-est, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia: Belluno, Rovigo, Padova, Pordenone e Udine. Quattro infine appartengono all'Italia centrale: Perugia, Siena, Macerata e Ascoli Piceno.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Settembre 2021)

Viceversa, si trovano quasi tutti nel sud e nelle isole i capoluoghi con i punteggi più bassi per le terze medie in italiano. Spiccano le città siciliane: 6 su 15 (Trapani, Palermo, Messina, Caltanissetta, Catania e Siracusa). Da notare che la sedicesima in classifica sarebbe un altro capoluogo dell'isola: Agrigento, con un dato di un centesimo superiore rispetto a Siracusa (ma nella sostanza a pari merito con quest'ultima). Tra le 15 compaiono anche 4 comuni pugliesi (Taranto, Trani, Barletta e Brindisi), 2 calabresi (Crotone e Vibo Valentia) e uno campano (Napoli).

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Settembre 2021)

Allo stesso tempo, si può osservare come nella classifica siano presenti anche due citta del centro-nord. Parliamo della piemontese Vercelli e della toscana Prato.

Si tratta di dati che - in una fase come questa - devono essere necessariamente portati all'ordine del giorno nel dibattito pubblico. Intervenire su quello che ragazze e ragazzi apprendono oggi, infatti, significa migliorare le loro prospettive economiche e sociali. E quindi anche quelle dell'intera società nei prossimi anni.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. La fonte dei dati sugli apprendimenti è Invalsi.

Foto: Allison Shelley/The Verbatim Agency (EDUimages) - Licenza

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