L’inclusione scolastica dei minori stranieri inizia dai primi anni di vita #conibambini

I bambini con cittadinanza non italiana partecipano molto meno dei coetanei all’istruzione prescolare. Ciò pone un problema nella capacità di inclusione del sistema educativo, negli anni successivi, su diversi fronti: dagli apprendimenti alle relazioni con i coetanei.

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L’accesso all’istruzione, fin dai primi anni di vita, è uno dei fattori cruciali dell’inclusione scolastica e del successo educativo degli studenti nel percorso futuro. Questa relazione è stata individuata in modo nitido dalla letteratura, italiana e internazionale.

(…) l’aver frequentato la scuola dell’infanzia ha un effetto positivo sugli apprendimenti anche tenendo conto del background socio-economico-culturale degli studenti, molto più in italiano che in matematica e questo presumibilmente per il fatto che ai bambini non viene insegnata espressamente la matematica, ma fondamentalmente vengono fatti parlare, viene loro insegnato ad ascoltare e capire.

È per questo motivo che la possibilità di accesso alle scuole dell’infanzia è così importante. A maggior ragione per i bambini stranieri, per i quali l’apprendimento della lingua può essere un ostacolo rilevante nel percorso educativo. Così come la mancanza di contesti in cui conoscere e socializzare con coetanei di nazionalità diverse dalla propria.

Anche per questo motivo, le politiche formulate in sede europea puntano a rendere pressoché universale l’accesso alla scuola dell’infanzia. Dal 2021, l’Ue ha stabilito l’obiettivo che, entro il 2030, almeno il 96% dei bambini tra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico partecipi all’istruzione pre-primaria. Attualmente l’Italia si attesta a circa 3 punti da questo target.

92,7% dei minori 3-5 anni partecipa all’istruzione pre-primaria in Italia nel 2022.

Sono però profonde le differenze tra i bambini con cittadinanza italiana e quelli di altri paesi. Come abbiamo avuto modo di raccontare, il tasso di scolarità tra i minori stranieri nella fascia 3-5 anni è molto inferiore rispetto a quello dei bambini italiani. Meno dell’80%, a fronte del 95% circa dei coetanei con cittadinanza.

I bambini con cittadinanza non italiana tra i 3 e i 5 anni presenti nelle scuole sono il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana residenti in Italia, mentre per i bambini italiani il dato raggiunge il 95,1%.

Evidentemente, ciò può avere un impatto sul percorso scolastico successivo di bambine e bambini che, solo pochi anni dopo, cominceranno la scuola dell’obbligo. Spesso con un ritardo in termini di apprendimenti, ma anche di esperienze e relazioni sociali con i coetanei e gli adulti. Aspetti che rendono molto più difficile un processo effettivo di inclusione.

L’inclusione dei minori stranieri, fin dalle scuole d’infanzia

Nelle scuole dell’infanzia appaiono sottorappresentati i bambini con cittadinanza non italiana. I minori stranieri sono infatti il 14% dei residenti tra 3 e 5 anni, ma solo l’11,7% degli iscritti all’istruzione pre-scolare. Un divario di oltre 2 punti percentuali.

2,3 il gap, in punti percentuali, tra la quota di minori stranieri e quella degli iscritti alle scuole dell’infanzia.

Questa tendenza pone alcune problematiche in termini di integrazione, perché significa che molti bambini stranieri restano fuori da percorsi educativi dai primissimi anni di vita. Esclusi quindi da esperienze che non sono solo di istruzione in senso stretto, ma anche sociali, con la possibilità di frequentare i coetanei e di apprendere la lingua, quando necessario.

Tendenze che possono essere particolarmente problematiche per i minori stranieri. La recente indagine Istat sulla condizione di bambini e ragazzi ha indicato che è sistematicamente superiore la percentuale di minori stranieri che non vedono amici nel tempo libero. Così come è più elevata la quota di coloro che si dichiarano “non molto bravi” a scuola, non sanno quale percorso intraprendere dopo le medie oppure che non continueranno gli studi dopo le superiori.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: lunedì 20 Maggio 2024)

Come cambia il divario nell’inclusione sul territorio

L’inclusione scolastica fin dalle scuole dell’infanzia può offrire un contributo importante nella riduzione di questi gap sociali ed educativi.

Attualmente, la disparità tra la quota di minori residenti e quella degli iscritti all’istruzione prescolare è fortemente variabile nel paese. E in alcuni casi tende a essere più ampia nelle province dove anche i risultati Invalsi mostrano maggiori carenze educative nei gradi scolastici successivi.

Prato è la provincia con il maggiore gap tra la quota di minori stranieri (32,7% dei residenti 3-5 anni nel 2022) e quella di iscritti stranieri nelle scuole d’infanzia (25,6% del totale nello stesso anno). Sebbene serva cautela nel confrontare i due dati – che sono di fonte diversa, raccolti con metodologie differenti – si tratta comunque di circa 7 punti di distacco.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Mim e Istat
(consultati: mercoledì 15 Maggio 2024)

Seguono, con un divario superiore ai 4,5 punti, La Spezia, Parma, Livorno, Latina e Pavia.

Le province dove, al contrario, la quota di iscritti stranieri alla scuola d’infanzia è in linea (o addirittura supera) quella dei residenti della rispettiva fascia d’età sono Pordenone (19% di bambini tra 3 e 5 anni stranieri e 20,7% di iscritti), Bolzano, Cremona, Trento, Aosta e Ravenna.

Inclusione nelle scuole d’infanzia e apprendimenti

È interessante notare che nelle rilevazioni Invalsi del 2022 Prato sia risultata la provincia del centro-nord con la seconda quota più elevata di studenti con competenze alfabetiche non adeguate (dopo quella di Bolzano). Il 46,5% degli alunni in terza superiore del territorio ha raggiunto risultati insufficienti nei test alfabetici, a fronte di una media nazionale del 38,6%.

Anche in questo caso, si tratta di un dato non direttamente comparabile con i precedenti, dal momento che riguarda gli alunni in terza media. Tuttavia offre un contesto rispetto alle carenze educative di un territorio con forte presenza di minori stranieri che non partecipano all’istruzione prescolare.

Per avere un termine di paragone, nelle province con maggiore equilibrio tra iscritti e popolazione straniera, anche la quota di alunni con competenze alfabetiche inadeguate è generalmente più bassa. Con l’eccezione di Bolzano, per cui valgono considerazioni diverse, anche legate al bilinguismo dei residenti, nelle altre province citate la quota di studenti insufficienti in italiano si colloca al di sotto della media nazionale.

Pordenone è la 16esima provincia su 107 per minore incidenza di alunni insufficienti (31,8% nel 2022, contro il 38,6% medio), Trento la 21esima (32,4%), Aosta addirittura la seconda dove il problema incide meno (27,5% degli alunni). Più vicine alla media nazionale Cremona (36,6%) e Ravenna (33,6%), tuttavia il trend complessivo emerge osservando tutte le province.

Perché contrastare i divari educativi dai primi anni

Se si escludono le province dove l’incidenza di minori stranieri è residuale, contenuta al di sotto del 6%, emerge una relazione da non sottovalutare. I territori in cui l’incidenza dei minori stranieri nelle scuole d’infanzia è in linea con quella nella popolazione, sono in molti casi anche quelli in cui appare più contenuto il fenomeno degli apprendimenti inadeguati. Viceversa, dove l’inclusione è inferiore, spesso anche gli apprendimenti lo sono.

Ogni punto è una provincia o città metropolitana italiana. Il colore varia in base all’incidenza dei residenti stranieri nella fascia 3-5 anni.

Sull’asse verticale è rappresentata la quota di studenti di terza media che hanno conseguito un risultato insufficiente nelle competenze alfabetiche (spostandosi verso l’alto, aumenta la quota di alunni con risultati inadeguati).

Sull’asse orizzontale è indicato il divario tra la quota di minori stranieri nella fascia 3-5 anni e gli iscritti alla scuola dell’infanzia (spostandosi verso destra, questo gap aumenta: ovvero l’incidenza di bambini stranieri nella popolazione 3-5 anni è molto superiore a quella dei minori stranieri tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia).

Per cui le province collocate in alto a destra sono quelle caratterizzate da divari nella partecipazione alla scuola dell’infanzia da parte degli stranieri e alta incidenza di apprendimenti scarsi in italiano. Viceversa, i territori in basso a sinistra si caratterizzano per pochi divari nella partecipazione degli stranieri alla scuola dell’infanzia e bassa incidenza di apprendimenti scarsi in italiano.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat, Mim e Invalsi
(consultati: mercoledì 22 Maggio 2024)

Questi dati, come ricordato, devono essere presi con cautela, considerando le criticità puntualizzate in precedenza. Tuttavia segnalano come i divari educativi rispetto alla cittadinanza dello studente restino ancora molto ampi. Confermando dei gap verificabili anche alla fine del percorso di studi. Tra i giovani 18-24 anni con cittadinanza italiana la quota di abbandoni prima del diploma si attesta al 9% nel 2023. Tra i ragazzi stranieri è invece circa 3 volte superiore: 26,8%. Partire dai primi anni di istruzione è l’unico modo per colmare questo divario, prima che sia troppo tardi.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sulla quota di residenti stranieri 3-5 anni e quella di iscritti stranieri alla scuola dell’infanzia sono stati estratti da fonti Istat e Mim. Trattandosi di dati raccolti da fonti diverse, con metodi e modalità differenti, le due informazioni non sono perfettamente comparabili. Per questo qualsiasi confronto va analizzato con cautela, ed è puramente indicativo di una tendenza.

Foto: Allison Shelley/The Verbatim Agency per EDUimagesLicenza

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