Modificare la governance del Pnrr può ritardare l’attuazione del piano Mappe del potere

Con un nuovo decreto il governo ha cambiato molti aspetti della governance del Pnrr. Utili o meno che siano, cambiamenti di questo tipo richiedono comunque molto tempo per essere realizzati. Tempo che potrebbe essere usato per attuare il Pnrr.

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A maggio 2021 il governo Draghi aveva varato un decreto intitolato “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Dl 77/2021). Come da titolo con questo provvedimento è stata disegnata la struttura di governance del Pnrr nelle amministrazioni centrali dello stato.

A meno di 2 anni di distanza il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni ha approvato un nuovo decreto (Dl 13/2023). Il provvedimento stravolge completamente alcuni aspetti chiave della governance prevista in precedenza.

Il quadro inizialmente delineato dal governo Draghi non era ovviamente esente da critiche. In prossimi approfondimenti dunque entreremo più nel merito delle variazioni introdotte cercando di valutarne l’utilità e l’efficacia.

Al netto di questo tuttavia un primo problema riguarda le tempistiche, visto che le modifiche introdotte non sono di quelle che possono essere attuate in tempi stretti. Viene da chiedersi dunque se una scelta di questo tipo aiuterà o meno il governo, e quindi il paese, a rispettare le scadenze previste per l’attuazione del Pnrr.

Ogni misura contenuta nel Pnrr deve essere completata rispettando un rigido cronoprogramma che prevede il raggiungimento di scadenze intermedie e finali. Vai a “Cosa sono le milestone e i target del Pnrr”

Si tenga presente che alcune scadenze (12) sono previste già per marzo, mentre altre (15) per giugno. Nel frattempo poi sono anche in corso le trattative per la revisione del Pnrr.

Non è chiaro quindi quali organi si occuperanno del monitoraggio e dell’attuazione di impegni così ravvicinati nel bel mezzo di una fase di transizione.

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Le principali novità introdotte

Sono molte le novità introdotte dal Dl 13/2023. In questa sede però ci limiteremo a segnalare solo alcune delle principali modifiche alla governance del Pnrr. Modifiche contenute nella parte prima del decreto e in particolare negli articoli 1 e 2.

L’ispettorato sostituirà il servizio centrale presso la ragioneria, mentre a palazzo Chigi viene istituita una nuova struttura di missione Pnrr.

Si tratta innanzitutto della nascita della struttura di missione Pnrr presso la presidenza del consiglio dei ministri (art. 2 comma 1) e della nascita dell’ispettorato generale per il Pnrr presso la ragioneria generale dello stato (articolo 1 comma 4 lett. e). L’ispettorato sostituisce quello che fino a questo momento era stato l’organo più importante nel sistema di governance, ovvero il servizio centrale per il Pnrr. Alcune competenze di questo ufficio inoltre sono trasferite alla nuova struttura di missione istituita presso la presidenza del consiglio. Tra queste vi è quella di rappresentare il punto di contatto nazionale per l’attuazione del Pnrr nelle interlocuzioni con la Commissione europea.

Un’altra funzione importante della nuova struttura di missione è quella di assicurare il supporto all’autorità politica delegata in materia di Pnrr nella sua azione di indirizzo e coordinamento. Stiamo parlando in sostanza del ministro Raffaele Fitto. Trattandosi di un ministro senza portafoglio il fatto che si avvalga di un ufficio istituito presso palazzo Chigi appare del tutto coerente.

La nuova struttura di missione risponderà al ministro Fitto. Ma anche l’ispettorato dovrà fornirgli supporto.

Allo stesso tempo però è previsto che anche l’ispettorato assicuri il supporto all’autorità politica. E ciò nonostante tale struttura resti gerarchicamente incardinata presso la ragioneria generale dello stato e dunque presso il ministero dell’economia. Non è previsto quindi un trasferimento degli uffici a palazzo Chigi (questa modifica in effetti era già stata introdotta per il servizio centrale a novembre 2022). È bene specificare che nonostante i cambiamenti, a questorgano restano molte delle competenze chiave che erano del servizio centrale. Tra queste ad esempio la responsabilità della gestione del fondo di rotazione e dei connessi flussi finanziari, nonché la gestione del sistema di monitoraggio sull’attuazione delle riforme e degli investimenti del Pnrr.

Ma possibili cambiamenti sono previsti anche in tutte quelle amministrazioni centrali titolari di interventi del Pnrr. A queste infatti è data la possibilità, tramite regolamento, di riorganizzare la struttura preposta alle attività di gestione monitoraggio e controllo degli interventi previsti dal Pnrr. Questo potrà anche comportare la decadenza di incarichi dirigenziali di livello generale e non generale. Ragion per cui sarà necessario anche procedere con nuove nomine.

Al momento è impossibile sapere quante delle amministrazioni opereranno cambiamenti di questo tipo e per questo sarà necessario monitorare i regolamenti organizzativi di ciascuna delle organizzazioni coinvolte.

Infine si segnala che il decreto prevede anche la soppressione del tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale e la modifica di alcune competenze della cabina di regia Pnrr e della segreteria tecnica.

I tempi di un decreto e dei provvedimenti attuativi

Per verificare l’utilità e l’efficacia di queste modifiche sarà necessaria un’analisi attenta sia del decreto che dei successivi provvedimenti attuativi. Sicuramente però qualcosa possiamo già dire in merito alle tempistiche.

Intanto è importante tenere presente che si tratta di un decreto legge. Dunque anche se da un punto di vista formale le norme contenute al suo interno sono già in vigore queste dovranno poi essere convertite in legge entro 60 giorni. La legge di conversione peraltro potrebbe cambiarle anche in misura considerevole, oppure potrebbe non essere proprio approvata, facendole quindi decadere.

Di conseguenza è irragionevole pensare che l’attuazione del decreto prenda avvio prima che sia approvata la legge di conversione. Al momento comunque il provvedimento, presentato il 24 febbraio, ha appena iniziato il proprio iter parlamentare.

Poi una volta approvato comincerà il secondo tempo delle leggi, che in questo caso appare particolarmente complesso.

Dopo il lavoro del parlamento, l’implementazione di una legge passa nelle mani di ministeri e agenzie pubbliche. Un secondo tempo delle leggi spesso ignorato, ma che lascia molte norme incomplete. Vai a “Che cosa sono i decreti attuativi”

Si tenga presente che a metà febbraio il governo Meloni si trovava ancora a dover emanare 142 decreti attuativi, e questo solo considerando le leggi approvate quando era in carica. Molti altri provvedimenti devono invece ancora essere approvati per attuare le leggi adottate nel corso del primo governo Conte (20), del secondo (69) e del governo Draghi (239).

Nel caso del provvedimento in esame non si può essere certi di quanti provvedimenti attuativi saranno necessari. Oltre a quelli già individuati, alcuni potrebbero emergere in seguito, anche in virtù della legge di conversione. Inoltre come anticipato l’articolo 1 del decreto fornisce a tutte le amministrazioni titolari la possibilità di rivedere l’organizzazione delle strutture preposte alla gestione degli interventi legati al Pnrr. Tuttavia non stabilisce quali e quante di queste procederanno in questa direzione. Ognuna di quelle che deciderà in tal senso comunque dovrà approvare un decreto ministeriale per modificare il proprio regolamento organizzativo.

Si tratta anche in questo caso di una procedura tutt’altro che rapida, tanto che per velocizzarla si è fatto ricorso a un meccanismo semplificato (D.l. 173/2022 art. 13). Anche la procedura semplificata comunque prevede che questi regolamenti siano approvati con decreto del presidente del consiglio, su proposta del ministro competente, di concerto con il ministro per la pubblica amministrazione e con quello
dell’economia e delle finanze. Il tutto deve essere prima approvato dal consiglio dei ministri e ricevere il parere del consiglio di stato. E questa, come anticipato, è la procedura semplificata.

In aggiunta si dovranno emanare altri decreti ministeriali di natura non regolamentare con cui definire i compiti di queste nuove strutture. Anche questi per essere adottati seguiranno un iter piuttosto complesso che passa anche per le mani del capo dello stato (l.400/1988 art. 17).

Nomine e operatività delle strutture

Una volta approvati i regolamenti attuativi poi si dovrà in molti casi provvedere alle nomine di livello dirigenziale generale e non generale. Un aspetto che di per sé lascia molti interrogativi. Visto che i dirigenti delle strutture erano già operativi e non è chiara l’utilità di una loro sostituzione.

In via ordinaria la facoltà di sostituire dirigenti pubblici prima dello scadere del loro mandato è fornita a un nuovo governo solo in pochi casi particolari. Vai a “Che cos’è e come funziona lo spoils system”

A ogni modo anche stavolta si tratta di una procedura che in alcuni casi può richiedere molto tempo. Si consideri ad esempio che per nominare il segretario generale del ministero del turismo sono stati necessari circa 125 giorni dalla nascita del nuovo esecutivo. Nonostante si tratti in assoluto del dirigente più importante del dicastero.

È vero che le norme introdotte prevedono che i dirigenti in carica rimangano al loro posto fino alla nomina dei successori. Tuttavia si può ipotizzare che non tutti i funzionari estromessi dal loro incarico lavoreranno a pieno regime fino all’ultimo giorno e che, più in generale, queste sostituzioni produrranno inevitabili rallentamenti.

Qualsiasi organizzazione richiede del tempo, dal momento della sua istituzione, prima di iniziare a funzionare a pieno regime.

Inoltre, anche risolte le nomine e tutte le altre complicazioni di natura formale, è facile ipotizzare che un ufficio neo istituito richiederà del tempo prima di entrare in funzione e ne richiederà ancora di più per operare a pieno regime. È bene ricordare che in molti casi si tratta di organizzazioni complesse, come la struttura di missione Pnrr presso la presidenza del consiglio e l’ispettorato generale per il Pnrr. Questi organi inoltre dovranno relazionarsi con tutti gli altri soggetti coinvolti nell’attuazione del Pnrr facendo valere le proprie prerogative.

Non è da escludere peraltro che nei primi tempi possano emergere anche conflitti di attribuzione tra i diversi uffici. Non da ultimi questi due, visto che la ripartizione delle loro competenze appare a tratti poco chiara.

In conclusione è probabile che il governo Meloni abbia valutato molto negativamente la macchina amministrativa del Pnrr in funzione quando è entrato in carica. Altrimenti non è chiaro per quali ragioni abbia deciso di intraprendere un percorso così lungo e complesso. E il tutto in una materia come il Pnrr in cui la capacità di attuare gli interventi nei tempi stabiliti rappresenta una priorità inderogabile per accedere ai finanziamenti europei.

Foto: governo.it

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