Nel post-Covid la spesa per l’istruzione è strategica #conibambini

Finita l’emergenza pandemica, permangono – spesso aggravati – i ritardi e i divari che caratterizzano il nostro sistema educativo. Investire sull’istruzione di bambini e ragazzi va considerata una priorità del paese.

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Dopo l’emergenza Covid, la priorità assegnata all’istruzione è destinata a rappresentare un fattore ancora più decisivo per lo sviluppo di un paese.

Nel mondo che cambia, aver avuto accesso all’istruzione è la discriminante per non restare indietro.

Le crisi degli ultimi anni, dalla pandemia alle guerre, hanno infatti accelerato molti dei processi in corso. Dalla transizione energetica a quella digitale, gran parte dei cambiamenti in atto rendono ineludibile l’investimento sulle conoscenze e sulle competenze dei cittadini. Sia che si tratti di padroneggiare le nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni, quanto di acquisire competenze specifiche, spendibili nel mondo del lavoro e non solo.

Ciò significa che l’accesso all’educazione sarà – più di oggi – la principale determinante nella condizione economica e sociale. È quindi centrale l’investimento sul sistema educativo, dai primi anni di vita ai gradi più elevati d’istruzione.

Un aspetto da monitorare – non il solo – è la spesa in istruzione. Questa – al netto delle necessarie considerazioni sull’adeguatezza ed efficienza delle risorse impiegate – rappresenta una proxy della priorità attribuita dal decisore, nazionale e locale, all’impegno per l’educazione dei più giovani.

Abbiamo approfondito nel confronto a livello europeo, rilevando forti differenze tra la quota di spesa pubblica assegnata dai paesi al comparto dell’istruzione.

Gli effetti di ritardi e divari educativi

Già oggi il livello di istruzione ricevuto è uno dei maggiori fattori di disuguaglianza. Per chi viene da una famiglia con meno mezzi economici, sociali e culturali, è infatti più probabile finire in un percorso di dispersione scolastica. In terza media, oltre un quarto degli studenti di condizione svantaggiata si attesta sul livello di apprendimento più basso in italiano. A fronte dei coetanei di famiglie benestanti, la cui quota scende sotto al 5%.

Questo processo di dispersione in tanti casi culmina nell’abbandono precoce degli studi. Solo che, a differenza di 15 o 20 anni fa, la possibilità di occupazione per i giovani che hanno abbandonato gli studi o la formazione è molto più bassa. Se ancora nel 2008 il 51% dei giovani con al massimo la licenza media era occupato, nel 2020 – nel primo anno di emergenza Covid – la quota è scesa al 33,2%.

33,2% il tasso di occupazione nel 2020 tra i 18-24enni che in Italia hanno lasciato la scuola prima del tempo. Nel 2008 era il 51% (quasi 18 punti in più).

Le tendenze in corso delineano un quadro nel quale è in aumento la distanza tra chi ha avuto l’accesso all’istruzione e chi no. Per questo l’investimento su un’istruzione di qualità per tutti è prioritario.

I divari a livello europeo nella spesa per istruzione

Nel febbraio 2021 il consiglio dell’Ue ha stabilito il nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, in vista del 2030. Con nuovi obiettivi cui ciascun paese deve tendere nel corso del decennio.

I 7 nuovi traguardi Ue su istruzione e formazione

TemaTraguardo UeAnno obiettivo
Scarsi risultati nelle competenze di baseMeno del 15% i 15enni scarsi in lettura, matematica e scienzeentro il 2030
Scarsi risultati nelle competenze digitaliMeno del 15% alunni III media con scarse competenze digitalientro il 2030
Educazione e cura prima infanzia≥96% bambini 3-5 anni in istruzione e cura prima infanziaentro il 2030
Abbandono precoce istruzione e formazioneMeno del 9% 18-24enni con al massimo licenza mediaentro il 2030
Completamento istruzione terziaria≥45% 25-34enni con istruzione terziariaentro il 2030
Apprendimento per i diplomati IFP≥60% neodiplomati Ifp che hanno accesso al lavoroentro il 2025
Partecipazione adulti all'apprendimento≥47% 25-64enni che hanno partecipato all'apprendimentoentro il 2025

In questa risoluzione, il legame tra spesa in istruzione e qualità e inclusività dei sistemi educativi è stato sottolineato chiaramente.

Investimenti efficaci ed efficienti nell’istruzione e nella formazione sono un prerequisito per migliorare la qualità e l’inclusività dei sistemi di istruzione e formazione (…) può contribuire alla ripresa dalla crisi attuale e favorire le transizioni verde e digitale del settore dell’istruzione e della formazione.

Il rapporto tra spesa pubblica in educazione e Pil – anche se non consente una valutazione qualitativa sull’impiego delle risorse – offre comunque un’approssimazione di quanto il comparto sia considerato prioritario.

In media la spesa per l’istruzione ha rappresentato nel 2021 il 4,8% del prodotto interno lordo dei paesi Ue. Una quota profondamente variabile tra i diversi stati membri. In 3 di questi (Svezia, Belgio e Danimarca) supera quota 6%. Poco sotto questa soglia anche Estonia, Slovenia e Finlandia.

I dati, raccolti da Eurostat per i diversi paesi europei, fanno riferimento alla classificazione internazionale della spesa pubblica per funzione (Cofog).

Dati 2021 provvisori per Germania, Francia, Spagna e Portogallo.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 27 Aprile 2023)

Dieci paesi, tra cui l’Italia, si trovano al di sotto della media europea. Il nostro paese, insieme a Grecia, Romania e Irlanda si colloca nelle ultime posizioni. Italia e Grecia si attestano nel 2021 al 4,1%, per gli altri 2 stati invece la spesa in istruzione rappresenta circa il 3% del Pil.

10 i paesi che nel 2021 hanno speso in istruzione in rapporto al Pil meno della media Ue.

La quota di Pil speso dall’Italia in istruzione non è inferiore solo alla media europea, ma anche nel confronto con gli altri maggiori stati Ue. Per avere un termine di paragone, nel 2021, la Germania ha destinato all’educazione il 4,5% del prodotto interno lordo, la Francia più del 5%.

Non si tratta di una tendenza nuova. Dal 2010 tra i 3 grandi stati del continente l’Italia è quella con la spesa inferiore in rapporto al Pil.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 27 Aprile 2023)

Uno degli effetti della grande recessione del 2008, come abbiamo avuto modo di raccontare, fu una pressione sui bilanci pubblici degli stati. Con una conseguente contrazione anche della quota di spesa pubblica dedicata all’istruzione.

Nel corso degli ultimi anni, la spesa italiana si è riassestata sopra quota 4%. Ma resta ancora al di sotto della media europea e di quella di tutti i maggiori paesi dell’Unione.

Per un paese che sconta una serie di ritardi e divari interni di lungo periodo, dagli asili nido alla scuola fino all’accesso all’università, l’investimento su questo comparto non è rinviabile.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alla spesa in istruzione sono di fonte Eurostat.

Foto: Comune di Reggio Emilia (Flickr)Licenza

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