Nell’Abruzzo in spopolamento serve un nuovo approccio ai bisogni del territorio Abruzzo Openpolis

Tra vent’anni in Abruzzo potrebbero abitare 100mila persone in meno, sempre più anziane. Una pressione enorme per il welfare locale. In una regione dove oltre l’80% dei comuni ha meno di cinquemila abitanti, per garantire i servizi è essenziale individuare bacini territoriali omogenei.

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Lo spopolamento che colpirà l’Abruzzo nei prossimi venti anni potrebbe avere proporzioni quasi doppie rispetto a quello che investirà il paese nel suo complesso. Parliamo di 100mila persone in meno nella regione, un calo vicino al 9% e che in alcuni comuni potrebbe superare il 20%. Tra questi Sulmona, che entro il 2042 potrebbe perdere un abitante su 4 (-25,4%), Montorio al Vomano (-22,5%), Trasacco (-21,5%).

Con l’eccezione dell’Aquila, che nelle stime di Istat potrebbe accrescere la propria popolazione (+2,3% di abitanti nel 2042), tutti gli altri capoluoghi vedranno il segno meno rispetto a oggi, dal calo più contenuto di Pescara (-3,9%) a quelli più consistenti di Teramo (-12,4%) e Chieti (-12,5%).

Questi dati riflettono una tendenza già in essere da alcuni anni, specialmente nelle aree interne della regione. Nel corso dell’ultimo decennio hanno già perso circa un terzo dei propri residenti comuni periferici e ultraperiferici come Villa Santa Lucia degli Abruzzi (-35,5% tra 2011 e 2021), San Giovanni Lipioni (-33,8%), Colledimacine (-32,1%).

Una dinamica da non sottovalutare, soprattutto per l’impatto sulla possibilità di comuni piccoli e spopolati di garantire i servizi nei prossimi anni. Ciò impone la necessità di ridefinire perimetri e bacini di utenza, dati alla mano, utilizzando strumenti di analisi nuovi. Abbiamo approfondito l’entità di queste tendenze, comune per comune.

La dimensione dello spopolamento in corso

Oggi sono circa 59 milioni i residenti in Italia, nel 2042 potrebbero essere il 4,9% in meno: 56 milioni. Una previsione che si basa peraltro su uno scenario mediano tra quelli più ottimistici (57,4 milioni) e quelli più pessimistici (54,9 milioni). In Abruzzo, sempre nello scenario mediano, il calo di abitanti potrebbe essere anche più grave: -8,6%, ovvero quasi il doppio di quanto previsto per l’Italia.

-109.388 i residenti in Abruzzo previsti nel 2042, circa il 9% in meno dei quasi 1,3 milioni attuali.

Nel rapporto Ritorno in Abruzzo abbiamo avuto modo di raccontare come l’impatto della denatalità, specialmente nelle aree interne, avrà un effetto di lungo termine. Tra cinquant’anni, nel 2070, gli abruzzesi potrebbero essere addirittura meno di un milione. Tuttavia gli effetti saranno visibili anche in un periodo di tempo più breve, soprattutto rispetto alla composizione demografica.

Nella regione, le persone di almeno 80 anni sono destinate ad aumentare del 30%, passando dai circa 104mila di oggi a oltre 135mila nel 2042. Se questo scenario si realizzasse, gli anziani – oggi l’8,1% della popolazione abruzzese – salirebbero all’11,6%, nell’arco di vent’anni.

+30% le persone di almeno 80 anni nella regione nel 2042.

Ciò significa che – in un contesto dove la popolazione giovane diminuisce e quella anziana aumenta – il sistema sociale, sanitario, previdenziale sarà chiamato a una sfida senza precedenti. Ovvero garantire l’assistenza necessaria a oltre 30mila persone anziane in più, il 30% in più di oggi. Con prevedibilmente meno risorse provenienti dall’erario, stante la diminuzione della popolazione in età lavorativa.

Questa dinamica avrà un impatto enorme sulle politiche pubbliche del paese e della regione, specialmente nelle sue aree interne. Sia perché si tratta di quelle più colpite dallo spopolamento, sia perché molti servizi in questi territori vengono erogati da amministrazioni locali di piccole dimensioni. Enti che dispongono di minori risorse finanziarie e strumentali per rispondere a cambiamenti di una simile portata.

8 su 10 i comuni abruzzesi con meno di cinquemila abitanti.

Per questo motivo, l’esigenza di individuare forme di aggregazione tra enti per garantire i servizi essenziali diventerà ineludibile nei prossimi anni. Dagli ambiti territoriali alle unioni di comuni, dalle convenzioni tra enti ad altre forme di associazione. Come puntualizzato dalla letteratura, la costruzione di sistemi di governance locale è il presupposto per localizzare i servizi in modo appropriato, specie in aree sparse e in spopolamento.

Intermunicipal collaboration, in this view, could represent a “place-sensitive” tool because it allows to exploit agglomeration forces without suffering diseconomies of scale in service level provision (D’Inverno et al., 2020)

Come garantire che questi sistemi locali rispondano effettivamente alle necessità del territorio e a bacini di utenza omogenei? La premessa è disporre di strumenti di analisi in grado di inquadrare i fenomeni in corso alla luce dei bisogni effettivi dei singoli territori.

L’Abruzzo tra vent’anni, tra spopolamento e invecchiamento

A pagare gli effetti dello spopolamento nei prossimi decenni potrebbero essere soprattutto l’area dell’aquilano (-9,87% i residenti in provincia tra 2022 e 2042) e quella del chietino (-9,83%). In questi territori tra vent’anni potrebbe vivere quasi un residente in meno su 10. Poco più contenuti i cali nelle province di Teramo (-8,23%) e Pescara (-6,21%).

L’Abruzzo interno è più colpito dallo spopolamento.

Scendendo a livello comunale, ricostruire gli effetti dello spopolamento sul territorio è molto difficile per due motivi. In primo luogo, le previsioni di Istat attualmente riguardano solo i comuni sopra i 5mila abitanti. Un miglioramento importante rispetto ai precedenti rilasci, quando l’elaborazione si fermava al di sotto dei 20mila residenti, ma che lascia comunque fuori oltre 8 comuni abruzzesi su 10.

Oltrettutto, anche per i comuni su cui il calcolo viene effettuato, l’istituto di statistica raccomanda una serie di cautele. Trattandosi di stime, le previsioni demografiche “divengono, infatti, tanto più incerte quanto più ci si allontana dalla base di partenza, in particolar modo in piccole realtà geografiche come quelle qui contemplate”.

Con questi caveat emerge che, tra i capoluoghi, solo l’Aquila dovrebbe accrescere la propria popolazione (+2,3%). In negativo le altre città, con un calo più contenuto a Pescara (-3,9%) e molto più consistente a Teramo (-12,4%) e Chieti (-12,5%).

A perdere popolazione nei prossimi anni potrebbero essere soprattutto i comuni dell’entroterra abruzzese. Cali superiori al 20% si registrano infatti a Trasacco, Montorio al Vomano e Sulmona. Quest’ultima città potrebbe perdere un abitante su 4 da qui al 2042, passando da oltre 22mila a meno di 17mila residenti (-25,4%). E purtroppo non si hanno informazioni sui tanti piccoli comuni interni della regione che probabilmente affronteranno più di altri gli effetti dello spopolamento.

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Istat
(pubblicati: giovedì 5 Ottobre 2023)

Nei prossimi vent’anni, nel comune dell’Aquila si potrebbe registrare un aumento dei residenti di almeno 80 anni del 49,3%, dai circa cinquemila attuali a quasi ottomila. Più contenuto, ma comunque significativo, l’invecchiamento negli altri capoluoghi: Pescara (+19,9%), Chieti (+30,4%), Teramo (+21,8%). Il comune ultraperiferico di Castel di Sangro potrebbe vedere quasi un raddoppio della popolazione anziana (+90,5%), l’incremento maggiore, a conferma di come il fenomeno colpisca soprattutto le aree interne.

A rendere ancora più probabile invecchiamento e spopolamento in questi territori, e dei piccoli comuni su cui al momento non abbiamo informazioni, sono i dati già consolidati sull’andamento dei residenti negli ultimi anni. Nel decennio scorso, mentre crescevano il capoluogo regionale e l’area costiera, l’Abruzzo interno si è spopolato a un ritmo più sostenuto rispetto di quanto registrato nel resto del paese: -3,8% a fronte del -2,7% rilevabile a livello nazionale.

Un nuovo approccio centrato sulle esigenze dell’interno abruzzese

Di fronte allo spopolamento già in corso dell’Abruzzo interno, e alla prospettiva di un ulteriore calo demografico, si impone una riflessione su come garantire i servizi in territori che aumenteranno la propria fragilità, anche per una popolazione sempre più anziana.

Servono nuovi strumenti per l’analisi dei fabbisogni sui territori.

Soprattutto se si considerano le caratteristiche degli enti che nelle aree interne si occupano di attuare le politiche pubbliche.

Istituzioni che, in territori spopolati ma anche di grandi dimensioni e con collegamenti carenti, devono generalmente fare i conti con minori risorse finanziarie, strumentali e umane.

Da qui la necessità di costruire sistemi di governance locale che, dalle associazioni e unioni tra comuni agli ambiti territoriali, siano in grado di rispondere alle esigenze di una popolazione in invecchiamento. Ciò richiede strumenti di analisi delle tendenze e dei fabbisogni delle aree interne, in modo da perimetrare meglio gli interventi e localizzare i servizi.

(…) service location must be planned at an appropriate mesoterritorial level (the inter-municipal local systems), the geography of sub-municipal settlements must be considered in order to provide an affordable and equitable access to these public utilities.

Nell’ultimo decennio, un’innovazione in questa direzione è stata la messa a punto della strategia nazionale delle aree interne (Snai), basata proprio sulla classificazione dei comuni rispetto alla perifericità rispetto ai poli, le città baricentriche in termini di servizi.

Questa classificazione adotta una metodologia concepita per essere valida per l’intero paese, adattandosi a situazioni estremamente eterogenee, da Aosta a Lampedusa. Per questo, scendendo nelle singole regioni, emerge la necessità di strumenti metodologici ancora più fini e rispondenti alle caratteristiche del territorio.

Un contributo in questa direzione è l’aggregazione dei comuni abruzzesi per ambiti giornalieri, sviluppata dai ricercatori del Gssi, il Gran Sasso science institute dell’Aquila. Mentre la classificazione per aree interne individua solo 5 polarità (i 4 capoluoghi e Avezzano), con intere porzioni di territorio che fanno riferimento a poli extra-regionali, quella del Gssi è maggiormente tarata sulle esigenze della regione.

A ogni polarità vengono associati i comuni più vicini, in modo da delineare gli ambiti giornalieri. Si tratta di gruppi di comuni in cui avvengono gli spostamenti per raggiungere determinati servizi forniti dalla polarità più vicina.

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Istat, Dip. coesione territoriale e Gssi
(ultimo aggiornamento: martedì 30 Gennaio 2024)

Con una metodologia per step, vengono individuate 48 polarità nella regione. Ciascun comune che risulta centrale in questo contesto può appartenere a 4 diverse classi (rank), ottenute attraverso la combinazione dei servizi presenti.

 

I criteri della classificazione Gssi

Rank del comuneServizi presenti
Rank 1Ospedale sede Dea di primo livello
Offerta scolastica secondaria superiore articolata
Stazione ferroviaria almeno di livello bronze
Rank 2Infrastruttura di primo soccorso
Offerta scolastica secondaria superiore articolata
Stazione ferroviaria almeno di livello bronze
Rank 3Infrastruttura di primo soccorso
Offerta scolastica secondaria superiore articolata
Nessuna stazione ferroviaria
Rank 4Infrastruttura di primo soccorso
Scuola primaria, secondaria di primo livello o secondaria di secondo livello
Stazione ferroviaria
Ufficio postale con servizio di consulenza
Presenza di determinate attività economiche

 

Seguendo la metodologia, la funzione essenziale da garantire è quella sanitaria, a cui seguono quella scolastica e l’accesso alle ferrovie. Vengono considerati anche presidi di servizi che hanno un livello più basso di quello identificato dalla Snai, ad esempio includendo le stazioni ferroviarie di livello bronze, più piccole e con minori frequentazioni di quelle silver. Questo perché, in un contesto locale, anche servizi meno rilevanti incidono comunque sull’organizzazione spaziale dei processi socio-economici sul territorio.

Also lower order centres offering only a partial combination of these essential services must be considered, since they substantially contribute to the spatial organisation of the socioeconomic process at the local level.

Nel primo rank rientrano i comuni di Pescara, L’Aquila, Teramo, Chieti, Avezzano, Lanciano e Vasto. Rispetto quindi alla classificazione Snai, sono inclusi anche i comuni di Vasto e Lanciano. Nel secondo rank sono inclusi Giulianova, Sulmona, Ortona e Popoli; il terzo comprende Penne, Atessa, Castel di Sangro e Atri. Sono invece 33 i comuni che rientrano nell’ultimo rank.

A ogni polarità vengono associati i comuni più vicini, in modo da delineare gli ambiti giornalieri. Si tratta di gruppi di comuni in cui avvengono gli spostamenti per raggiungere determinati servizi forniti dalla polarità più vicina.

Lo spopolamento analizzato con il nuovo strumento di analisi

Questo strumento consente di affinare le analisi, a partire da quelle sullo spopolamento. Dal 2011 al 2021, la popolazione abruzzese è scesa del 2,4%, con un intensità che – per la tipologia delle aree interne – va dal -0,27% nei comuni polo al -7,4% in quelli ultraperiferici (distanti oltre un’ora dai primi).

La tipologia Gssi ci consente di individuare tendenze diverse, ad esempio i comuni di rank 2 – in controtendenza – mantengono una certa stabilità (+0,13% nel decennio), mentre quelli di rank 3 (-4,76%) si spopolano più di quelli di rank 4.

Ma soprattutto ci offre una nuova ripartizione del territorio regionale suddivisa per ambiti giornalieri, da cui emerge come aumentino i residenti nelle aree appartenenti alle polarità di Martinsicuro (+5,1%), Castel di Sangro (+3,5%), Pescara (+3,3%), L’Aquila (+3%), Giulianova (+1,9%) e Vasto (+1,2%).

Mentre stanno attraversando un vero e proprio crollo (-20% in un decennio) gli ambiti giornalieri di Crognaleto, Castiglione Messer Marino e Celenza sul Trigno.

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Foto: Gagliano Aterno (Martina Lovat)

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