Se la persona di riferimento ha un’occupazione, la percentuale di famiglie con figli in povertà assoluta è del 7,1%. Un dato inferiore rispetto alla media delle famiglie con almeno un minore (9,7%), ma sensibilmente più alto della media nazionale (6,4%).
Ovviamente tutto cambia in base alla condizione professionale: tra dirigenti quadri e impiegati l’incidenza è minima (1,8%), mentre supera il 12% tra le famiglie con figli dove il genitore è operaio. Tra i lavoratori non subordinati, la scarsa numerosità campionaria impedisce una valutazione su imprenditori e liberi professionisti. Mentre nell’area classificata come “altro indipendente” l’incidenza della povertà assoluta raggiunge l’8,7% delle famiglie con figli.
La persona di riferimento disoccupata, unita alla presenza di bambini in famiglia, significa una condizione di forte deprivazione economica e sociale: il 29,2% si trova in povertà assoluta.
Per “persona di riferimento del nucleo familiare” si intende l’intestatario del foglio di famiglia anagrafico.
Una famiglia si trova in povertà assoluta quando non può permettersi le spese essenziali per condurre uno standard di vita minimamente accettabile. La soglia di spesa sotto la quale si è assolutamente poveri è definita da Istat attraverso il paniere di povertà assoluta. Questo comprende l’insieme di beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali.
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: martedì 16 Giugno 2020)