Sono generalmente i territori con meno servizi per l’infanzia ad avere una minore occupazione femminile, e viceversa. La relazione va letta nei due sensi, in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Nei territori in cui poche donne lavorano, la percezione della necessità di servizi è spesso inferiore; allo stesso tempo, in mancanza di nidi, la possibilità per le donne con figli di lavorare viene di fatto fortemente limitata. Creando un disincentivo evidente all’occupazione femminile.
Sono 20 le province in cui oltre il 75% delle donne 35-44 anni lavorano: tutte – tranne una – superano l’offerta media nazionale di nidi (27,2%), attestandosi spesso nelle prime posizioni in Italia per ampiezza del servizio. Tra questi, Ravenna, Bologna, Perugia, Trieste, Firenze, Reggio nell’Emilia e Aosta. In tutti territori appena citati, un’occupazione femminile vicina o superiore all’80% si associa a un’offerta superiore ai 40 posti ogni 100 bambini. Addirittura quasi 50 a Ravenna (48,6%) e Bologna (46,5%).
L’unica eccezione è rappresentata da Belluno: tasso di occupazione femminile all’82,7% e 25,4 posti ogni 100 bambini. Meno della media nazionale, sebbene non troppo distante.
Al contrario, dove i servizi scarseggiano anche l’occupazione femminile è molto più bassa.
Il dato sul tasso di occupazione femminile si riferisce alle donne di età compresa tra 35 e 44 anni occupate nel 2021. Quello sull’offerta di asili nido e servizi per la prima infanzia è relativo all’anno educativo 2020/21.
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: giovedì 14 Luglio 2022)