Occupazione femminile e nidi in Italia Numeri alla mano
giovedì 6 Marzo 2025 | Povertà educativa
I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Vai all’approfondimento Il legame tra offerta di nidi e occupazione femminile
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le donne che fuoriescono dal mercato del lavoro a seguito della maternità nel nostro paese. In Italia spesso è sulle donne che – per stereotipi di genere consolidati – ricade il compito di dedicarsi ai figli. Anche per questo l’occupazione femminile è più bassa. In questo senso, investire sugli asili nido può contribuire a invertire la tendenza. Vai all’articolo.
55,3%
il tasso di occupazione tra le donne tra 20 e 49 anni con almeno un figlio con meno di 6 anni, nel 2023. Molto meno dei padri coetanei, il cui tasso di occupazione è pari al 90,7%. Il nostro paese è tra gli stati Ue con il divario più marcato tra uomini e donne occupati con figli piccoli. Il gap in Italia era infatti di 35,4 punti percentuali di differenza nel 2023. Solo Repubblica Ceca (51,3 punti) e Grecia (37,1 punti) registrano un divario più ampio in quell’anno. Per avere un riferimento, in Danimarca e Svezia la distanza è di circa 10 punti. Vai al grafico.
30
posti nido ogni 100 bambini con meno di 3 anni in Italia nel 2022. Un dato in progressivo avvicinamento agli obiettivi europei, ma comunque fortemente differenziato sul territorio nazionale. A fronte di 11 le regioni al di sopra della soglia del 33% (cui si può aggiungere il Piemonte che con il 32,7% l’ha sostanzialmente raggiunta), ampie aree del mezzogiorno si attestano al di sotto del 20%. Sono soprattutto sud e aree interne – ovvero proprio i territori con minore occupazione femminile – a registrare il gap più ampio. Vai all’articolo.
40
posti nido ogni 100 bambini nei comuni con un rapporto più paritario tra occupazione femminile e occupazione maschile. Dieci punti al di sopra della media nazionale (30%). Nei territori dove il rapporto tra tasso di occupazione maschile è tra 1,2 e 1,5 volte superiore rispetto a quello femminile, l’offerta scende al 26%. Dove gli uomini lavorano tra 1,5 e 2 volte in più delle donne, i posti nido calano a 12 ogni 100 bambini; e addirittura a 7 posti ogni 100 minori dove il tasso di occupazione maschile è doppio o più che doppio di quello femminile. Vai al grafico.
100%
delle 10 città con minore occupazione femminile si trovano nel mezzogiorno. Comuni dove la percentuale di donne che lavora varia dal 42,1% di Catania al 47,4% di Trani e Siracusa. In parallelo, anche in termini di servizi per la prima infanzia l’offerta di posti è sistematicamente inferiore alla media nazionale. Tendenzialmente quindi l’occupazione femminile va di pari passo con l’offerta di servizi per la prima infanzia e viceversa; una relazione che probabilmente va letta in entrambe le direzioni. Se più donne lavorano, ci sarà una maggiore pressione per aumentare ulteriormente l’offerta. Allo stesso tempo una maggiore disponibilità di servizi costituirà un supporto all’occupazione soprattutto femminile. Vai all’articolo.