Che cos’è il Def, documento di economia e finanza

Questo documento delinea la situazione presente dell’economia di uno stato e definisce gli obiettivi da raggiungere tramite le riforme.

Definizione

Il Documento di economia e finanza (Def) è il principale dossier di programmazione finanziaria di uno stato. La sua attuale composizione è stata definita dalla legge 39/2011 che ha modificato la precedente 196/2009 in seguito alle nuove regole adottate dall’Unione europea per il coordinamento delle politiche economiche dei singoli stati membri.

A livello comunitario, il regolamento Ue 473/2013 prevede l’elaborazione di strumenti di programmazione e definisce le disposizioni per il loro monitoraggio e la loro valutazione, oltre alle procedure per la correzione dei disavanzi eccessivi degli stati membri che hanno adottato l’euro.

In base alle norme vigenti, il Def si compone di tre sezioni: 

  • il Programma di stabilità (Ps), richiesto a fine di controllo da parte dell’Unione europea, che descrive il quadro macroeconomico dello stato, gli obiettivi di finanza pubblica per gli anni successivi e le strategie di bilancio per raggiungerli, tenendo in considerazione la sostenibilità nel lungo periodo;
  • le analisi e le tendenze di finanza pubblica in cui sono riportati i risultati e le previsioni dei principali settori di spesa, del conto di cassa del settore pubblico e del bilancio statale, oltre alla programmazione delle risorse destinate alla coesione territoriale;
  • il Programma nazionale di riforma (Pnr), anche questa una documentazione da presentare agli organismi di competenza dell’Unione europea, che contiene l’aggiornamento delle strategie di riforma in relazione al periodo storico-economico in corso.

In Italia il Def viene predisposto su impulso del presidente del consiglio e del ministro dell’economia. Questi ultimi poi lo sottopongono prima all’approvazione del consiglio dei ministri e successivamente a quella del parlamento. 

In base alle norme vigenti, il Def dovrebbe essere presentato alle camere entro il 10 aprile di ogni anno. Queste dovrebbero poi approvare il documento tramite una risoluzione che impegna l’esecutivo alla presentazione di una legge di bilancio. L’iter dovrebbe concludersi entro il 30 aprile. Termine ultimo entro il quale è previsto l’invio della prima e della terza sezione del Def alla commissione europea e al consiglio dell’unione europea che esprimono le loro raccomandazioni. Non sempre in passato queste scadenze sono state rispettate. Anche se tutto il ciclo che porta alla definizione del bilancio programmatico dello stato deve concludersi tassativamente entro il 31 dicembre di ogni anno.

La presentazione del Def apre la fase programmatica del ciclo di bilancio (anche detta semestre europeo). In questo periodo (che va da aprile alla fine di settembre) il governo si pone degli obiettivi. Le misure finalizzate al loro raggiungimento sono poi definite nella fase successiva dell’anno (semestre nazionale) che culmina con la presentazione e l’approvazione della legge di bilancio.

Dati

All’interno del Def sono presenti delle stime sugli indicatori macroeconomici e di finanza pubblica, che hanno un peso importante nella definizione delle politiche economiche e di riforma di uno stato. Questi sono raggruppati in due focus chiamati quadri, che sono di due tipi:

  • tendenziale, che analizza la situazione al netto delle manovre di finanza pubblica;
  • programmatico, che incorpora gli effetti degli interventi definiti dalla legge di bilancio.

Per quanto riguarda le analisi macroeconomiche, ovvero delle dinamiche di funzionamento economico di uno stato, uno dei componenti su cui si concentra il programma di stabilità è il prodotto interno lordo (Pil). Questo è un indicatore che permette di inquadrare la situazione economica di un paese in base ai consumi, agli investimenti, alla spesa pubblica, alla tassazione e alla bilancia import-export.

Da questo punto di vista nel Def del 2023 si prevede un aumento del Pil. Nell’anno in corso è stimata una crescita dello 0,9% su base tendenziale e dell’1% su quella programmatica. La crescita stimata è ancora maggiore nel 2024 dove il Pil a livello tendenziale dovrebbe far registrare un +1,4% e un +1,5% su base programmatica. Valori positivi sono stimati anche per gli anni successivi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mef
(ultimo aggiornamento: venerdì 14 Aprile 2023)

Rispetto alle previsioni contenute nella nota di aggiornamento al Def (Nadef) del 2022 le stime di crescita per quest’anno sono state riviste al rialzo. Si passa infatti da un +0,6% nel quadro tendenziale per il 2023 a un +0,9%. Tendenza diversa invece per il 2024 in cui sia passa da un aumento stimato del Pil dell’1,8% a un +1,4%.

A questo proposito occorre precisare che l’ufficio parlamentare di bilancio ha specificato che queste stime assumono la completa realizzazione degli investimenti previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza. Eventualità però che non può essere data per scontata.

Le previsioni sono validate sulla base delle informazioni congiunturali disponibili a oggi e assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR. Il quadro è tuttavia instabile e incerto, anche per le tensioni geopolitiche e finanziarie, per cui le prospettive potrebbero cambiare in misura non trascurabile nel corso dell’orizzonte di previsione.

Dal lato della finanza pubblica, i quadri programmatici e tendenziali riportano gli indicatori legati all’indebitamento dello stato. Questi indicatori sono importanti per poter orientare le strategie di riforma necessarie per raggiungere gli obiettivi in modo tale che questi siano sostenibili nel lungo periodo. Da questo punto di vista, un indicatore importante è quello del rapporto tra debito pubblico e Pil.

Possiamo osservare che le stime prevedono una costante diminuzione di questo indicatore. Si passa infatti da un rapporto debito/Pil del 146,7% nel 2021 a una stima del 137,9% nel 2026.

Il dato è stimato al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a stati membri dell’unione economica e monetaria, bilaterali o attraverso l’European financial stability facility e del contributo al capitale del meccanismo europeo di stabilità (Esm). A tutto il 2022 l’ammontare di tali interventi è stato pari a circa 56,3 miliardi, di cui 42 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l’Efsf e 14,3 miliardi per il programma Esm (fonte: banca d’Italia).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mef
(ultimo aggiornamento: venerdì 14 Aprile 2023)

La diminuzione del rapporto debito/Pil dovrebbe indicare una maggiore sostenibilità del sistema economico-finanziario del paese. Tuttavia questi indicatori vanno sempre presi con le dovute cautele. È noto infatti come il debito pubblico sia costantemente sotto controllo da parte delle istituzioni europee che puntualmente chiedono ai governi di adottare strategie per ridurlo. Non sempre però queste strategie trovano concreta attuazione.

Analisi

Il Def ha un ruolo molto importante all’interno della formazione del bilancio di previsione dello stato. Compone infatti la base su cui si effettua la manovra di correzione di bilancio assieme al bilancio a legislazione vigente (Dlb). Questa esprime a sua volta l’andamento tendenziale delle entrate e delle spese sulla base delle scelte effettuate in passato.

La prima pubblicazione del Def nella sua forma attuale risale al 2011. Tuttavia l’esperienza italiana della programmazione della finanza pubblica è molto precedente. Storicamente però è emersa la scarsa attendibilità per quanto riguarda le previsioni macroeconomiche. Oltre al debole raccordo tra quanto previsto in sede di programmazione e la predisposizione delle misure concrete da inserire nella legge di bilancio relativa.

Le istituzioni europee hanno un ruolo importante nella definizione della politica economica nazionale.

Negli ultimi anni però, con la crescente importanza dell’armonizzazione dei processi a livello comunitario, il quadro è un po’ cambiato. È infatti in corso un allineamento fra tutti i paesi membri delle norme legislative, doganali, amministrative, fiscali e delle operazioni di politica monetaria. Nel dettaglio, il Def si colloca al centro del semestre europeo. Un periodo durante il quale l’Unione coordina le politiche economiche e di bilancio degli stati membri. Questo per la necessità di sincronizzare i calendari degli stati al fine di allineare gli obiettivi delle politiche nazionali di bilancio, di crescita, dell’occupazione e degli aspetti sociali, considerando anche gli obiettivi stabiliti sul piano comunitario.

La necessità di questo coordinamento sovranazionale ha certamente un impatto positivo per quanto riguarda l’affidabilità dei documenti di finanza pubblica redatti dal governo.

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