Come funziona l’accoglienza dei migranti in Italia

Dietro acronimi e numeri di richiedenti asilo, rifugiati e migranti si nascondono le storie di migliaia di persone. Vediamo come funziona il sistema dell’accoglienza in Italia, dall’arrivo all’integrazione.

Definizione

Negli anni la normativa che disciplina l’accoglienza di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Italia è cambiata più volte. Se pur con alcuni importanti rimandi a norme diverse, le modalità di accoglienza sono sostanzialmente definite dal decreto legislativo 142/2015. Negli anni più recenti tre decreti in particolare hanno modificato questa norma.

Il primo è il cosiddetto decreto sicurezza, approvato dal primo governo Conte. Tra le molte modifiche che ha introdotto una ha avuto un impatto particolarmente significativo sul sistema di accoglienza. Ovvero l’esclusione dal Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) dei richiedenti asilo.

Questa e altre norme sono state poi modificate dal secondo governo Conte attraverso il Dl 130/2020 (riforma Lamorgese). Tuttavia quello che è stato recentemente chiamato “decreto Cutro” (Dl 20/2023), varato dal governo Meloni, ripristina questa e altre previsioni già contenute nel decreto sicurezza, aggiungendone anche di nuove. Nel tornare ad escludere i richiedenti asilo dal circuito Sai ad esempio, il governo ha deciso di eliminare del tutto le diciture di prima e seconda accoglienza. La discriminante dunque diventa, almeno in teoria, la disponibilità di una qualche forma di protezione o di altre condizioni particolari.

Vediamo quali sono le fasi dell’accoglienza in Italia, secondo la normativa entrata in vigore dal marzo 2023.

Soccorso, prima assistenza e identificazione. I cittadini stranieri soccorsi in mare vengono condotti in centri localizzati nei pressi delle aree di sbarco per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. Questo tipo di centri sono interessati dall’approccio hotspot, nato nel 2015 in ragione degli impegni assunti dal governo italiano con la commissione europea. Nei centri c’è anche il primo scambio di informazioni sulle procedure per l’asilo: è qui che si differenziano i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, che saranno avviati ai centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o lasciati sul territorio in condizione di soggiorno irregolare (D.lgs 286/1998, art. 10-ter).

Centri governativi. Chi manifesta la volontà di richiedere asilo in Italia viene trasferito presso i centri governativi dove viene avviata la procedura di esame della richiesta di asilo (d.lgs. 142/2015, articoli 9 e 10). In questi centri devono anche essere accertate le condizioni di salute degli ospiti, con il fine di verificare eventuali situazioni di vulnerabilità. In queste strutture trovano quindi accoglienza i richiedenti asilo anche se con servizi ridotti al minimo. Il decreto 20/2023 infatti ha eliminato dai centri governativi i servizi di assistenza psicologica, i corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Oltre all’accoglienza materiale, dunque, rimangono attivi solo l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale.

Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Qualora si esaurissero i posti disponibili nei centri governativi, le prefetture possono prevedere l’istituzione di Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e affidarli a soggetti privati mediante le procedure di affidamento dei contratti pubblici (d.lgs. 142/2015, articolo 11). All’interno di queste strutture, come nei centri governativi, vengono accolti i richiedenti asilo con servizi ridotti sia rispetto a quanto previsto in precedenza che, a maggior ragione, rispetto al Sai.

Strutture di accoglienza provvisoria. Il cosiddetto “decreto Cutro” ha inoltre creato una nuovo tipo di Cas che possono essere attivati dalle prefetture in caso di indisponibilità nei centri governativi. Tali strutture sono attivate con le stesse modalità dei Cas e si differenziano da questi e dagli altri centri governativi solo rispetto ai servizi erogati che, in questi casi, sono ridotti ulteriormente. Infatti se, oltre all’accoglienza materiale, nei primi sono previsti l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale in queste nuove strutture l’assistenza sociale è esclusa.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Come anticipato, con le nuove regole il Sistema di accoglienza e integrazione (già Siproimi e prima ancora Sprar) torna ad essere un sistema dedicato esclusivamente ai titolari di protezione, o quasi. Solo ad alcune categorie di richiedenti asilo infatti sarà ancora permesso di accedere al Sai. Tra questi i minori stranieri non accompagnati (Msna), le persone che si trovano in particolari condizioni di vulnerabilità o chi sia entrato in Italia tramite “corridoi umanitari” o sistemi analoghi. Infine, in considerazione di norme specifiche, l’accesso al Sai è consentito anche ai richiedenti ucraini e afghani. Data l’esistenza di queste eccezioni la struttura a due livelli già prevista per il Sai è stata mantenuta. Il primo livello è riservato ai richiedenti asilo, ed è basato sull’assistenza materiale, legale, sanitaria e linguistica. I servizi di secondo livello sono riservati ai titolari di protezione e hanno anche funzioni di integrazione e orientamento lavorativo. A differenza dei centri governativi, gestiti esclusivamente dal ministero dell’interno, il Sai è coordinato dal Servizio centrale, la cui gestione è assegnata all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) con il supporto operativo della fondazione Cittalia. La titolarità dei progetti è assegnata agli enti locali che, su base volontaria, attivano e realizzano progetti di accoglienza e integrazione (d.lgs. 142/2015, articolo 9 e Dl 416/1989, art. 1 sexies).

Il supporto a percorsi di integrazione. Al termine del periodo nel Sai le amministrazioni locali possono avviare altre iniziative con lo scopo di favorire l’autonomia individuale dei cittadini già beneficiari del Sai, con particolare riguardo a una maggiore formazione linguistica, all’orientamento lavorativo e ai servizi pubblici essenziali, e alla conoscenza dei diritti e dei doveri fondamentali sanciti dalla costituzione.

Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.
Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
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Dati

Con la crescita delle presenze nel sistema di accoglienza è andata aumentando la quota di persone accolte nei Cas, a scapito dei centri appartenenti al sistema ordinario a titolarità pubblica, chiamato negli anni Sprar, Siproimi e oggi Sai. Nel periodo considerato, infatti, il sistema ordinario è sempre stato minoritario, a vantaggio dei Cas, divenuti negli anni di gran lunga il maggioritari. L’anno in cui la percentuale di presenze nel sistema ordinario è stata maggiore è il 2021 (31,6% del totale delle presenze). Al contrario, gli anni in cui il peso del sistema ordinario è stato minore sono stati 2016 e 2017 (13,5%).

FONTE: Def 2018ministero dell’internoCommissione affari costituzionali della cameraCentri d’Italia
(ultimo aggiornamento: giovedì 15 Giugno 2023)

Con il calo delle presenze nei centri nel 2020 e nel 2021 la quota di posti del Sai è tornata a crescere (31,6% nel 2021). Non si trattava però di un aumento dei posti nel Sai quanto piuttosto di una riduzione delle presenze nei centri governativi dovuta al minor numero di arrivi.

Allo stesso modo, nonostante un modesto aumento di posti nel Sai nel 2022 e nel 2023, la proporzione è tornata a ridursi a causa di una crescita delle presenze complessive (29,4% a giugno 2023).

Analisi

Il lieve aumento di posti nel sistema a titolarità pubblica negli anni 2022-2023 non è il segno di un cambio di rotta nelle politiche di accoglienza quanto piuttosto la conseguenza di una serie di contingenze, tra cui due crisi specifiche: quella afghana e quella ucraina.

In ogni caso questo aumento si è dimostrato del tutto insufficiente. Eppure un periodo di calo della pressione migratoria come quello attraversato tra 2019 e 2021 sarebbe stato il momento ideale per ripensare il sistema in modo strutturale.

Con l’avvento del governo Meloni poi le norme si sono mosse in direzione opposta rispetto a un modello che dovrebbe vedere nell’accoglienza solo il primo passo di un più complessivo processo di integrazione.

Come abbiamo visto infatti, oltre a non permettere più ai richiedenti asilo (o almeno a quasi tutti) di accedere ai servizi del Sai, il nuovo sistema prevede una riduzione dei servizi di assistenza e integrazione nei centri governativi e nei Cas. In aggiunta viene creato un ulteriore livello di accoglienza straordinaria, ovvero le strutture di accoglienza provvisoria, con ancora meno servizi.

Non è chiaro però quando un prefetto dovrebbe decidere di attivare questi centri invece dei normali Cas. In entrambi i casi infatti la legge specifica che queste strutture dovrebbero essere attivate quando non ci sono più posti negli altri tipi di centro. Ma in caso di mancanza di posti nelle strutture Cas il prefetto può sempre attivarne di nuovi. Non si capisce quindi sulla base di quale valutazione dovrebbe decidere di attivare strutture meno efficaci in termini di integrazione e accoglienza. (d.lgs. 142/2015, articolo 11 comma 2).

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