Definizione
Lo scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata è stato introdotto nel 1991 ed è ora disciplinato nel Testo unico degli enti locali (artt. 143 e seguenti). Si tratta di una misura di prevenzione straordinaria, che si applica quando esiste il reale pericolo che l’attività di un comune o di un’altra amministrazione locale sia piegata agli interessi dei clan mafiosi.
Al fine di accertare il condizionamento delle organizzazioni criminali sull’ente locale, il ministro degli interni nomina un’apposita commissione di indagine prefettizia: la legge non prevede attualmente la comunicazione alle Camere dell’avvio della procedura di accesso; si tratta di una lacuna che andrebbe colmata al fine di informare l’opinione pubblica e le forze politiche di un fatto così rilevante nella vita di un ente locale.
La Commissione svolge un approfondito esame dell’attività amministrativa, analizzando anche le risultanze delle indagini giudiziarie sui gruppi criminali presenti sul territorio e gli eventuali provvedimenti adottati nei confronti di amministratori locali e dipendenti; il prefetto trasmette le conclusioni di questo lavoro del comitato provinciale per l’ordine pubblico (che esprime il suo parere al riguardo) e poi al ministro dell’Interno, il quale decide se archiviare (in tal caso la relazione del prefetto non è pubblicata: è un’altra lacuna della normativa attuale) oppure sottoporre la proposta di scioglimento al consiglio dei ministri che delibera nel merito; il successivo decreto di scioglimento del presidente della repubblica, con allegati la relazione del ministro e quella del prefetto, precisa la composizione della commissione straordinaria di tre membri, cui affidare la gestione dell’ente per un periodo massimo di 18 mesi, successivamente prorogabili a 24 mesi, al termine del quale si svolgono nuove elezioni. La relazione del prefetto è inviata anche all’autorità giudiziaria ai fini dell’eventuale applicazione delle misure di prevenzione.
Il commissariamento per infiltrazioni della criminalità organizzata può essere deliberato anche con riferimento ad enti precedentemente sciolti ai sensi dell’art. 141 del Tuel (come avviene ad esempio per le dimissioni del sindaco o della maggioranza dei consiglieri, cui fa frequentemente seguito il commissariamento ex art. 143). In base all’art. 146 del Tuel, la procedura di scioglimento si applica ad altri enti locali (comunità montane, unioni di comuni, circoscrizioni etc.), ai consorzi di comuni e province, nonché alle aziende sanitarie ed ospedaliere, oggetto di particolare interesse da parte delle organizzazioni mafiose (14 procedure di accesso dal 1991 a novembre 2019).
Contro il decreto di scioglimento è possibile presentare ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di stato: i giudici amministrativi decideranno in merito alla legittimità del decreto di scioglimento, dopo aver acquisito i verbali delle sedute del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ed il testo integrale delle relazioni della commissione di accesso e del prefetto, anche se segretate: i giudici potranno così effettuare una rigorosa valutazione complessiva degli elementi raccolti dal prefetto, alla luce delle puntuali contestazioni della difesa (in passato si sono verificati diversi casi di annullamento dei decreti da parte di Tar e Consiglio di stato).
Dati
Negli ultimi anni sono aumentati gli scioglimenti per mafia. 21 quelli decisi nel 2017, 23 nel 2018, 21 nel 2019 e 11 nel 2020. Al contrario sono diminuiti gli annullamenti (definitivi) da parte dei tribunali amministrativi: l’ultimo risale al 2014.
Dal 1991 sono stati 3 i momenti di picco nei commissariamenti per mafia
Andamento delle procedure relative agli enti attenzionati per infiltrazioni criminali (1991-2020)
Tra il 1991 e il 2009 ci sono state 83 archiviazioni in totale (non è disponibile il dato annuo).
FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Marzo 2021)
Il fenomeno riguarda, storicamente, soprattutto le regioni del mezzogiorno. In particolare Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Circa il 90% dei commissariamenti per mafia si concentra nelle prime tre regioni. Le città metropolitane di Reggio Calabria (70 commissariamenti al giugno 2021) e di Napoli (61), da sole, totalizzano il 37% dei commissariamenti per mafia dal 1991 al 2021. Altro aspetto da sottolineare è che tutti i comuni che sono stati commissariati più di una volta dal 1991 si trovano nell'Italia meridionale.
Tutti i comuni pluricommissariati per mafia si trovano nel mezzogiorno
Localizzazione dei comuni sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata dal 1991 a oggi
FONTE: openpolis
Nella tabella sugli enti locali pluricommissariati sono riportati i dati dei decreti di scioglimento e di proroga, i casi di annullamento decisi dai giudici amministrativi e le procedure di accesso che si sono invece concluse con l’archiviazione.
Quali sono gli enti commissariati più volte per mafia, dal 1991 ad oggi
Elenco degli enti che sono stati commissariati per infiltrazioni più di una volta
FONTE: openpolis
Analisi
La legge richiede che emergano “elementi certi, univoci e rilevanti” sul condizionamento mafioso. Nel corso del tempo, grazie soprattutto ai principi stabiliti dalla giurisprudenza dei giudici amministrativi (vedi, tra le tante pronunce in materia, la sentenza del Consiglio di stato n. 2054 del 2015) sono state meglio definite le condizioni per arrivare allo scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata. Sulla legittimità della disciplina del commissariamento per infiltrazioni mafiose si è espressa anche la Corte costituzionale: sentenza n. 103 del 1993.
Attraverso ricorsi e sentenze, nel corso degli anni la giurisprudenza, in particolare quella amministrativa, ha chiarito molti ambiti di incertezza nella normativa sui commissariamenti per mafia e stabilito anche modalità di applicazione concreta. Per tenere traccia di questo lavoro, abbiamo raccolto un'analisi di sentenze e decisioni di Tar e consiglio di stato che hanno permesso di capire concretamente.
È richiesta non solo l’esistenza di forti collegamenti tra esponenti dell’organo politico e/o dipendenti dell’Amministrazione con i clan presenti sul territorio (assumono particolare valore a tale riguardo le frequentazioni assidue con i boss locali, il sostegno elettorale alle liste dei candidati, la comunanza di interessi degli amministratori con aziende controllate dalla criminalità) ma soprattutto la dimostrazione che singoli atti di gestione sono stati adottati proprio per favorire i clan mafiosi ed i loro esponenti. Ad esempio nel settore degli appalti di lavori, forniture e servizi oppure nella concessione di beni demaniali è frequente il ricorso a ditte già colpite da una interdittiva antimafia o che saranno successivamente escluse dalle white list.
Non si tratta cioè solo di accertare l’esistenza di singoli casi di corruzione, di atti illegittimi oppure di forte disordine nella gestione amministrativa o, ancora, di un uso distorto delle risorse pubbliche, ma è necessario verificare se e come le organizzazioni criminali sono state concretamente in grado di condizionare l’azione dell’ente locale.
Lo scioglimento prescinde da eventuali responsabilità penali dei singoli amministratori locali (che comunque possono essere considerate nell’ambito di un provvedimento di scioglimento). Perciò non è necessario attendere la conclusione del processo penale per deliberare in ordine al commissariamento di un ente. La procedura di accesso, infatti, riguarda gli organi elettivi nel loro complesso (a differenza dell’art. 142, che prevede la rimozione del sindaco o di un altro amministratore locale per “atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico”).
Pertanto è possibile lo scioglimento anche quando emerga un’incapacità del consiglio comunale, nel suo complesso, nel contrastare l’infiltrazione mafiosa e ad esercitare il dovuto controllo sulla burocrazia e sui gestori di pubblici servizi, a prescindere cioè dall’accertamento di una precisa volontà da parte degli amministratori di assecondare le richieste dei clan locali (vedi, tra le altre, la sentenza del Consiglio di stato n. 5278 del 2017).
Le conseguenze del commissariamento
Il decreto di scioglimento comporta la cessazione dalla carica di tutti i titolari di cariche elettive, la risoluzione degli incarichi assegnati a dirigenti e consulenti e l’affidamento dell’intera gestione dell’ente locale ad una commissione straordinaria, che dovrà adottare tutti i provvedimenti necessari per il pieno ripristino della legalità. In tale ambito potrà anche procedere all’annullamento delle delibere (affidamento di lavori e forniture, concessioni demaniali e edilizie, contributi etc) di cui siano beneficiari boss locali oppure aziende comunque legate alla criminalità organizzata (vedi, tra le altre, le sentenze del Consiglio di stato n. 1674 del 2016 e n. 2129 del 2019). Vengono altresì rinforzate le verifiche previste dal codice antimafia, prevedendo l’obbligo dell’ente commissariato di acquisire nel quinquennio successivo l'informazione antimafia relativamente a tutte le concessioni di valore economico (vedi al riguardo la sentenza del Consiglio di stato n. 831 del 2018 ).
In questo contesto assumono particolare importanza le misure volte a garantire la massima trasparenza dell’attività amministrativa, attraverso l’adozione di protocolli di legalità, d’intesa con la prefettura, e di regolamenti per i diversi settori (urbanistica, albo dei fornitori, accesso civico etc) nonché la riorganizzazione dell’apparato burocratico, con la rotazione degli incarichi e la rimozione del personale che risulti responsabile di aver favorito i clan locali (vedi, tra le altre, la sentenza del tar del Lazio n. 4215 del 2016 LINK).
Il commissariamento può determinare anche l’incandidabilità temporanea a tutte le successive elezioni (europee, nazionali, regionali e locali) degli amministratori locali ritenuti responsabili “delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento” (art. 143, comma 11). L’incandidabilità non è un effetto automatico del commissariamento dell’ente perché il tribunale civile dovrà accertare, in questo caso, gli addebiti specificamente riferibili a ciascun amministratore nella cattiva gestione amministrativa, in contraddittorio con le parti, al di là degli eventuali reati commessi (cfr., tra le altre, le sentenze della Corte di cassazione n. 1745 del 2015 e n. 19407 del 2017). Attraverso l’incandidabilità temporanea si vuole in sostanza evitare il rischio che i responsabili della situazione di grave illegalità dell’ente locale possano favorire anche in futuro il condizionamento mafioso delle istituzioni.
Per approfondire
Per approfondire l'analisi della normativa e le modalità concrete con cui è stata attuata confronta l'articolo di Giulio Marotta pubblicato sulla rivista Jusonline, febbraio 2021 dal titolo "Il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle istituzioni locali (1991-2020)" nonchè, dello stesso autore, "Le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle Amministrazioni locali: analisi degli scioglimenti deliberati negli anni 2014-2018 e proposte di modifica della normativa" (pubblicato sul sito di Amministrazione in cammino, giugno 2019) e "Le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle aziende sanitarie e ospedaliere", pubblicato sulla rivista Corti supreme e salute, anno 2019.
Di seguito sono riportate altre pubblicazioni sul tema.
Relazione conclusiva della Commissione antimafia XVI legislatura: doc. XXIII, n. 16, pag. 455 ss.
Relazioni della Commissione antimafia XVII legislatura: doc. XXIII, n. 13; doc. XXIII, n. 16, doc. XXIII, n. 38 (in particolare il paragrafo 4.8)
Relazioni del Governo alle Camere: per la XVII legislatura, i doc. LXXXVIII, n. 1, e doc. LXXXVIII, n. 2 (relativi rispettivamente, agli anni 2010-2014 e gli anni 2015-2016); per la XVIII legislatura, i doc. LXXXVIII, n. 1 (riguardante l’anno 2017) e doc. LXXXVIII, n. 2 (riguardante l’anno 2018)
Relazioni della Direzione investigativa antimafia: leg. XVIII, doc. LXXIV, n. 1, lleg. XVIII, doc. LXXIV, n. 2, leg. XVIII, doc. LXXIV, n. 3
Rapporto della Commissione Garofoli per l'elaborazione di proposte in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, in Diritto penale contemporaneo, febbraio 2014
Servizio studi della Camera dei deputati, Modifiche al TUEL in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali per infiltrazioni mafiose (AA.CC. 474 e 1512), settembre 2019
Marco Magri, Lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni della criminalità di tipo mafioso: vecchi e nuovi dubbi di costituzionalità, in attesa della riforma dell’art. 143 del Tuel, in Diritto amministrativo, Anno XXVI, fascicolo 1, 2018
Massimiliano Noccelli, I più recenti orientamenti della giurisprudenza sulla legislazione antimafia, pubblicato sul sito di Giustizia amministrativa, 2018
Dario Sammarro, La non candidabilità degli amministratori ex. art. 143 comma 11 del D.lgs. 267/2000: presupposti applicativi e nodi problematici, in Giurisprudenza amministrativa, n. 10 del 2019
Francesco Gaetano Scoca, Scioglimento di organi elettivi per condizionamento della criminalità` organizzata, in Giurisprudenza italiana, luglio 2016
Franco Gaetano Scoca, Organi elettivi sciolti per condizionamento mafioso: stessi fatti, diverse valutazioni giudiziali, in Giustizia amministrativa, n. 9 del 2019
Stefano Maria Sisto, Lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa, in Quaderni di Paweb, n. 4, aprile 2016