Definizione
Ogni sei mesi la commissione europea effettua dei controlli sui paesi. Verifica che abbiano completato, nei tempi stabiliti, le scadenze definite nei rispettivi piani di ripresa e resilienza (Pnrr). Solo dopo tale controllo, procede all’erogazione dei fondi concordati.
Questa procedura è definita all’interno degli accordi operativi che ogni stato membro ha firmato con la commissione Ue. Prevede confronti trimestrali tra Bruxelles e il governo nazionale, per monitorare l’andamento del piano. E definisce i meccanismi di verifica del conseguimento dei singoli milestone e target.
Il processo di valutazione inizia quando lo stato membro presenta alla commissione la richiesta di finanziamento. Dopo averla ricevuta, la commissione prepara entro due mesi un documento di valutazione. E chiede al comitato economico e finanziario – composto da due rappresentanti per stato membro – di fornire un suo parere entro quattro settimane. Se il comitato individua delle mancanze gravi da parte di un paese, può chiedere che la questione venga analizzata anche in sede di consiglio europeo. Oltre al raggiungimento di milestone e target, viene verificato che tutti gli interventi già implementati per il raggiungimento di scadenze passate non siano stati revocati. Una condizione anch’essa necessaria all’invio dei finanziamenti.
A questo punto la commissione è chiamata a decidere se erogare tutte le risorse stabilite. Oppure se inviarne solo una parte, nel caso in cui venissero confermate mancanze o irregolarità. In questo secondo caso, il resto dei fondi viene sospeso e lo stato coinvolto ha sei mesi di tempo per completare le scadenze in ritardo. Se ciò non avviene, la commissione può stabilire una riduzione dell’ammontare totale indirizzato a quel piano nazionale. Da notare comunque che nei casi in cui alcuni milestone o target risultino impossibili da raggiungere per condizioni oggettive, i governi nazionali hanno la possibilità di presentare una versione rivista dei rispettivi Pnrr.
Per prendere queste decisioni, la commissione segue la cosiddetta comitatologia. Cioè una serie di procedure che la invitano a tenere fortemente in considerazione il parere espresso dal comitato, pur non obbligandola. La commissione è infatti libera di votare a maggioranza semplice, laddove non sia stato possibile raggiungere un consenso unanime, che rimane l’opzione preferibile. Trattandosi di un organo politico, possiamo dire la decisione finale sull’erogazione dei fondi è prettamente politica, in quanto appannaggio esclusivo dei voti dei singoli commissari.
Dati
A oggi, solo Italia e Spagna hanno ricevuto la terza tranche di finanziamenti. D’altra parte questi due paesi sono anche quelli a cui il dispositivo di ripresa e resilienza destina complessivamente più risorse. Al primo 191,5 miliardi e al secondo 69,5. Ricevere più fondi è connesso a un maggior numero di misure e scadenze da completare. Di conseguenza è logico che Italia e Spagna richiedano e ricevano nuove rate ogni 6 mesi, mentre altri paesi che hanno piani meno corposi no. Non è indicativo di una maggiore o minore capacità di realizzare il piano.
A proposito degli altri stati membri, 21 hanno ricevuto il pre-finanziamento, pari e non oltre al 13% dell’ammontare totale indirizzato a ciascun Pnrr. Mentre 19 paesi hanno avuto la prima rata e 7 la seconda.
FONTE: elaborazione openpolis su dati commissione europea
(consultati: giovedì 23 Novembre 2023)
Mancano all'appello 5 stati membri. Ungheria, Polonia, Paesi Bassi e Svezia hanno avuto l'approvazione dalla commissione europea dei rispettivi Pnrr, ma non hanno ancora richiesto la prima tranche di pagamento. L'Irlanda invece ha inviato la domanda a Bruxelles ma è ancora in attesa di ricevere il pagamento.
Analisi
Il processo di verifica semestrale dell'attuazione dei piani e la conseguente erogazione dei finanziamenti andrà avanti fino al 2026, con i meccanismi che abbiamo descritto. Incluso l'appannaggio praticamente esclusivo della commissione europea nel decidere se inviare le risorse o meno.
Lo slittamento di questo processo a un livello più politico che tecnico ha delle conseguenze. Perché pone il piano nazionale di ripresa e resilienza al centro di trattative più ampie, relative ad altre questioni politiche. Nel tempo alcuni momenti cruciali del Pnrr italiano per esempio - come la richiesta di modifica dell'agenda - si sono intrecciati ad altri negoziati tra Roma e Bruxelles. Come la ratifica della riforma del meccanismo europeo di stabilità (Mes) e quella del patto di stabilità. O ancora le elezioni del parlamento europeo di giugno 2024.
Inoltre, alle altre partite in gioco si aggiunge per l'Italia una considerazione più generale. È il paese membro a cui sono destinate più risorse per il Pnrr. Il fallimento del piano italiano costituirebbe dunque un fallimento per l’intero progetto europeo. La commissione in primis ha interesse a evitare questo esito e dunque a valutare in modo meno rigido l’operato italiano.
Tuttavia questi meccanismi nel lungo termine rischiano di avere un impatto. Soprattutto sulla capacità di restituire i fondi in prestito, per quei paesi che li hanno richiesti e ricevuti. Come abbiamo spiegato in altri approfondimenti infatti, le risorse economiche che l'Ue ha destinato ai paesi non sono solo sovvenzioni (338 miliardi di euro), ma anche e soprattutto prestiti (385,8 miliardi). L'idea che alimenta l'impianto di ripresa e resilienza è che completando tutti gli interventi previsti, i paesi in questione vivranno un processo di sviluppo tale da consentirgli di restituire i soldi ricevuti in prestito. Un assunto che chiaramente pone grandi aspettative e responsabilità, specialmente per quegli stati, in primis il nostro, che ricevono le cifre più alte. A maggior ragione dunque servirebbe un più rigido controllo tecnico da parte delle istituzioni europee. Sull'effettivo conseguimento delle scadenze e delle misure previste, nonché sulla realizzazione concreta di opere e interventi.