Nel nostro paese il potere legislativo appartiene al parlamento ma il percorso che porta all’entrata in vigore di una legge è lungo, complesso e vede la partecipazione di diversi altri attori. L’iter può essere sintetizzato in 4 passaggi: la presentazione di una proposta di legge, la discussione e l’approvazione del parlamento, la promulgazione da parte del presidente della repubblica e l’entrata in vigore.
Tutti i progetti di legge seguono questo iter salvo quelli costituzionali e di revisione costituzionale. In questo caso infatti è richiesta una procedura aggravata con un doppio voto da parte di entrambe le camere ad almeno 3 mesi di distanza l’uno dall’altro.
Oltre alle leggi esistono poi altri due “atti aventi forza di legge“: i decreti legge sono atti emanati dal governo per gestire situazioni emergenziali ed urgenti e devono essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 aggiorni attraverso un’apposita norma. Attraverso le leggi delega invece il parlamento attribuisce al governo l’incarico di legiferare. In questo caso camera e senato si limitano a delineare la cornice dentro cui può muoversi l’esecutivo che emanerà poi uno o più decreti legislativi.
Da ricordare infine anche le leggi regionali, norme deliberate dal consiglio regionale e che non hanno una validità nazionale ma limitata a quel singolo territorio.
La presentazione
Il processo legislativo inizia con la presentazione al parlamento di una proposta, indifferentemente al senato o alla camera. Possono presentare un progetto di legge tutti i parlamentari, il governo, i cittadini (raccogliendo almeno 50mila firme), i consigli regionali e, su determinate materie, il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel).
Al senato le proposte si chiamano disegni di legge mentre alla camera prendono il nome di proposte di legge (fanno eccezione i progetti del governo, denominati disegni di legge anche a Montecitorio). Queste devono avere un titolo ed essere redatte in articoli. Il testo della legge inoltre deve essere accompagnato da una relazione illustrativa.
I progetti presentati devono essere assegnati alla commissione permanente competente per materia. In questo passaggio il presidente dell’assemblea ricopre un ruolo di primo piano. Spetta a quest’ultimo infatti assegnare i progetti di legge alla commissione giusta e proporre all’assemblea le modalità con cui la commissione deve procedere nell’analisi della proposta. Vale a dire, in sede:
- referente;
- redigente;
- deliberante;
- consultiva.
La discussione
La commissione in sede referente (il caso più comune) analizza la proposta, prepara un testo da sottoporre all’assemblea e redige una relazione. Nel corso dell’istruttoria, sono acquisiti i pareri di altre commissioni, di esperti, di associazioni di categoria o altri rappresentanti di interessi particolari. Anche esponenti del governo possono partecipare a questa fase e alla formazione del testo.
La commissione può stabilire di trattare insieme due o più progetti che vertono sullo stesso argomento al fine di presentare un’unica relazione e un solo testo per la discussione in assemblea. In questo caso i testi si dicono “abbinati”. Può anche decidere di adottare uno solo dei progetti presentati come testo base per la discussione o può procedere – eventualmente incaricando un comitato ristretto al suo interno – alla stesura di un testo unificato dei diversi progetti. In questa fase possono essere presentate anche delle proposte di modifica, gli emendamenti, su cui la commissione è chiamata a esprimersi approvandoli o respingendoli.
Il grosso del lavoro sui progetti di legge viene fatto in commissione.
Una volta esaurita la discussione, la commissione vota il progetto definitivo e nomina un relatore incaricato di presentare all’assemblea il testo predisposto. È possibile anche presentare delle relazioni di minoranza qualora alcuni parlamentari non condividano il testo definitivo.
La discussione in assemblea si apre con l’illustrazione della proposta da parte del relatore e con l’eventuale intervento di un rappresentante del governo. Seguono le dichiarazioni dei parlamentari che si esprimono sulle linee generali del progetto. Inizia poi l’esame dei singoli articoli attraverso la votazione degli emendamenti (che possono essere proposti anche in questa fase) presentati al testo approvato dalla commissione. Infine, dopo le dichiarazioni di voto e l’esame di eventuali ordini del giorno, l’aula procede alla votazione sul progetto nel suo complesso.
Una volta che un ramo del parlamento ha approvato una proposta di legge, l’iter prosegue nell’altra camera. Se questa però approva delle modifiche al testo, anche minime, la proposta deve tornare dov’era iniziato l’iter per una nuova approvazione. I passaggi tra una camera e l’altra proseguono fin tanto che entrambi i rami del parlamento non approvano lo stesso identico testo. Si parla in questi casi di “navetta parlamentare”.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere.
Se invece una commissione opera in sede redigente, oltre a esaminare il disegno di legge, ne delibera anche i singoli articoli. In questo caso in assemblea si svolgono solamente le dichiarazioni di voto, le votazioni sui singoli articoli (che però non possono essere modificati) e il voto finale.
Quando invece opera in sede deliberante (legislativa alla camera) il processo avviene interamente in commissione, senza votazioni in aula. Il progetto può essere rimesso all’assemblea se il governo, un decimo dei parlamentari o un quinto degli appartenenti alla commissione lo richiedono. Non possono essere discussi in sede deliberante/legislativa i progetti in materia costituzionale o elettorale, le leggi delega, le conversioni di decreti legge, le ratifiche di trattati internazionali, l’approvazione di bilanci preventivi e consuntivi e gli atti collegati alla manovra di finanza pubblica. A questi si aggiungono gli atti rinviati alle camere dal presidente della repubblica.
Se invece la commissione opera in sede consultiva, si limita a esprimere un parere sul disegno di legge. Tale parere sarà poi inviato alla commissione competente a esaminare il provvedimento nel merito.
Promulgazione ed entrata in vigore
Una volta esaurito l’iter parlamentare il percorso della proposta di legge prosegue presso la presidenza della repubblica. Il capo dello stato infatti ha il potere di promulgare le leggi ma può anche rinviarle alle camere, con messaggio motivato, qualora ravvisi delle criticità. Tale prerogativa però non può essere reiterata. Qualora infatti il parlamento decida di riapprovare il medesimo testo, indipendentemente dal fatto che abbia recepito o meno le sue osservazioni, il presidente della repubblica è tenuto ad apporre la propria firma e promulgare la legge.
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Dopo la promulgazione c’è il passaggio della pubblicazione. Questa avviene ad opera del ministro della giustizia che inserisce la legge nella raccolta ufficiale degli atti normativi della repubblica italiana e la pubblica sulla gazzetta ufficiale.
La legge entra in vigore, salvo diverse indicazioni contenute nella legge stessa, a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in gazzetta.
Dati
Dal 1996 a oggi sono entrate in vigore definitivamente 2.788 leggi. La legislatura più prolifica è stata la XIII (1996-2001) con 906 proposte approvate. Mentre la XV, che però è durata solamente dal 2006 al 2008, è stata quella in cui sono state licenziate meno norme (112). Per quanto riguarda la tipologia di legge maggiormente adottata, al primo posto troviamo le quelle ordinarie (1.005). Seguono le ratifiche di trattati internazionali (964) e le conversioni di decreti legge (969).
In questo contesto occorre tuttavia ricordare che la proliferazione di leggi non è necessariamente un bene. Anzi, in molti casi il fatto che le agende di camera e senato siano sature di provvedimenti da discutere compoprta che non si riesca sempre ad entrare nel merito delle questioni. Si tratta di un tema particolarmente rilevante a proposito delle conversioni dei decreti legge.
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Inoltre l’eccesso di leggi può portare all’adozione di norme contraddittorie rispetto al resto del tessuto normativo o dalla qualità della formulazione scadente che ne rende difficile l’interpretazione. Senza contare che in molti ambiti risulta particolarmente complesso recuperare tutte le leggi che disciplinano un determinato aspetto. Per questo in anni recenti si è parlato spesso di semplificazione, di delegificazione e si è anche proposto di raccogliere le norme all’interno di testi unici.
In 26 anni approvate oltre 2.700 leggi
Il numero di leggi approvate durante le ultime 6 legislature suddivise per tipologia (1996-2022)
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(consultati: giovedì 13 Ottobre 2022)
Relativamente ai tempi per l’approvazione di un progetto di legge invece, di norma non sono previste scadenze specifiche per l’avvio e la conclusione dell’iter. Ci sono però alcune eccezioni. Ad esempio le leggi di conversione dei decreti legge devono essere approvate entro 60 giorni, pena la decadenza delle norme in esso contenute. Mentre la legge di bilancio deve essere approvata entro il 31 dicembre di ogni anno, altrimenti lo stato andrebbe in “esercizio provvisorio”. In alcuni casi inoltre un progetto di legge può essere dichiarato urgente. Quando ciò avviene sono adottate delle procedure semplificate e si prevede l’avvio della discussione entro un certo limite di tempo. Si tratta però di una pratica non molto usata.
Necessario più di un anno per approvare una legge ordinaria
I tempi per l’approvazione delle leggi nella XVIII legislatura
FONTE: elaborazione openpolis su dati senato
(consultati: venerdì 14 Ottobre 2022)
Durante la XVIII legislatura, in media sono serviti 371 giorni per approvare una legge ordinaria. Dato simile per le ratifiche di trattati internazionali. Tempi molto più contenuti invece per le conversioni dei decreti legge (43 giorni) e per l’approvazione delle norme legate al bilancio dello stato (56). In questi due casi però, come abbiamo appena visto, ci sono delle scadenze specifiche da rispettare.
Analisi
Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, in Italia vige il cosiddetto “bicameralismo perfetto“. A differenza di molti altri stati, dove esistono una “camera bassa” e una “camera alta” con poteri e competenze diversi, nel nostro paese i due rami del parlamento hanno le stesse funzioni e pari rilevanza.
La necessità che entrambe le assemblee approvino lo stesso testo prima che una legge possa entrare in vigore determina un fisiologico allungamento dei tempi e grandi difficoltà nel portare a conclusione l’iter. Le forze politiche contrarie all’approvazione di una legge infatti hanno molti strumenti per fare ostruzionismo. Ad esempio la presentazione di centinaia, se non migliaia, di emendamenti con il solo fine di allungare i tempi del dibattito. Per questo in molti anche nel mondo accademico si sono domandati se non fosse arrivato il momento di modificare questo sistema (pensato per rendere più difficile l’approvazione di norme inaccettabili, come le leggi razziali) per renderlo più moderno ed efficiente.
Tutti i tentativi fatti finora però sono falliti. Di conseguenza i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni e le maggioranze che li hanno sostenuti hanno fatto ricorso a delle “scorciatoie”. È il caso, ad esempio, del cosiddetto “monocameralismo di fatto”. Ovvero la prassi informale di far discutere una proposta di legge a una sola camera, con l’altra che si limita ad approvare quanto già disposto.
Inoltre è stato fatto ricorso sempre più spesso ai decreti legge non solo per far fronte alle emergenze, come prevede la costituzione, ma anche per dare attuazione al programma di governo. Una pratica che, se accoppiata con l’apposizione della questione di fiducia, di fatto riduce enormemente le prerogative del parlamento.