Cosa si intende con cattura e stoccaggio della Co2

Lo stoccaggio dell’anidride carbonica è una tecnologia ambientale di natura transitoria, che permette di “nascondere” la Co2 in profondità geologiche. Per alcuni è un compromesso inevitabile, per altri è una difesa dei combustibili fossili.

Definizione

L’eccesso di anidride carbonica è la principale causa dei cambiamenti climatici in corso. Per raggiungere gli obiettivi climatici, che impongono di rimanere al di sotto dei 2 gradi di aumento di temperatura, è importante ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, i principali responsabili dell’emissione di Co2 nell’atmosfera, e scegliere modalità di produzione energetica più sostenibili.

Secondo la commissione europea tuttavia l’energia rinnovabile da sola non basterà a raggiungere questi obiettivi. Pertanto sarà necessario anche ricorrere ad altre vie per ridurre l’impatto negativo della Co2 senza eliminare del tutto i combustibili fossili. Si tratterebbe comunque di soluzioni di natura transitoria, destinate nel lungo termine a essere sostituite.

Carbon removal technologies are key to reaching the EU 2050 climate targets as renewable technologies only will not be sufficient.

Una di queste tecnologie è lo stoccaggio della Co2 (Ccs, dall’inglese carbon capture and storage). Tale pratica consiste nel prelievo di anidride carbonica con lo scopo di iniettarla all’interno di formazioni geologiche profonde o giacimenti esauriti. In alternativa si può utilizzare, direttamente oppure indirettamente dopo alcune trasformazioni chimiche.

La Co2 viene separata, compressa, trasportata e poi immagazzinata.

Il processo si articola su tre fasi. Inizialmente, l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas di scarto prodotti nei grandi impianti industriali. Poi, una volta compressa, viene trasportata in un sito adatto, e lì avviene infine lo stoccaggio. La Co2 viene iniettata in formazioni geologiche profonde, “nascosta”. Lì, si scioglie nell’acqua ed entra a contatto con roccia porosa o fratture all’interno delle rocce sedimentarie, trovando in entrambi i casi il modo di immagazzinarsi. Quando invece la roccia è impermeabile si formano delle sacche che vengono mantenute in profondità.

Dati

L’implementazione della cattura e dello stoccaggio di Co2 in Europa è partita dalla direttiva europea 85/337/Ce. Quest’ultima in Italia è stata recepita con il decreto legislativo 162/2011, che definisce l’idoneità dei siti e i passaggi della loro identificazione.

A oggi l’Europa detiene appena il 5% della capacità globale di cattura e stoccaggio, arrivando a smaltire con queste modalità meno di 2 mt di Co2 l’anno.

1,9 mt la Co2 che le strutture di cattura e stoccaggio sono capaci di smaltire in Europa nel 2023, secondo l’Iea.

Come rileva l’agenzia internazionale dell’energia (Iea), l’Ue sta però investendo molto su questa tecnologia. I finanziamenti sono ingenti e provengono in particolare dall’Innovation fund e dalla Connecting Europe facility: oltre 2 miliardi di euro. E infatti l’agenzia dell’energia stima che entro il 2030 la capacità regionale sarà aumentata fino al 27%

I dati si riferiscono alle strutture già operative e a quelle in corso di costruzione per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, a livello globale. Questi impianti permettono di estrarre la Co2 prodotta dalle grandi industrie e di iniettarla all’interno di formazioni geologiche profonde.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Iea
(pubblicati: giovedì 25 Aprile 2024)

All’inizio del 2024 sono presenti 46 strutture di cattura e stoccaggio della Co2 nel mondo. Mentre quelle in fase di costruzione sono attualmente 36, con un aumento molto marcato a partire dal 2021.

Analisi

Le tecnologie di cattura e stoccaggio della Co2 presentano numerosi aspetti problematici, in quanto si trovano in una zona grigia. Permettono infatti di ridurre le emissioni, ma non di portarle a zero. Sono inestricabilmente legate ai combustibili fossili. Le prospettive a riguardo si dividono tra un pragmatismo basato sulla consapevolezza che l’indipendenza dalle fonti energetiche più inquinanti è ancora lontana e un approccio più ambizioso, che contesta tutte le soluzioni che tutelerebbero un settore di immenso impatto ambientale come quello dei combustibili fossili.

Il Mase afferma che la domanda energetica globale è attualmente in aumento e i combustibili fossili continueranno a coprire la maggior parte del fabbisogno. Con queste premesse, le emissioni di gas serra sono desinate ad aumentare con un ritmo tale che, si stima, ciò determinerà un incremento della temperatura media della terra di 3,5 gradi centigradi. Quindi ben al di sopra dei 2 gradi che, secondo la comunità scientifica, costituiscono la soglia massima che la terra può sopportare.

Le istituzioni in generale hanno mostrato di considerare la cattura e stoccaggio della Co2 un passaggio inevitabile, come è emerso anche dal linguaggio utilizzato alla Cop 28, dove si è parlato di transitioning away anziché di phasing out, in relazione ai combustibili fossili. Sottintendendo che non ci saranno passaggi radicali.

Tuttavia molte organizzazioni ambientaliste hanno contestato queste argomentazioni. In particolare, sostengono che il supporto di tali tecniche sia un modo per non abbandonare i combustili fossili. I quali hanno alle proprie spalle importanti interessi economici. Tale punto di vista è stato sostenuto, tra gli altri, da Greenpeace, secondo cui insistere sull’utilità dello stoccaggio è un modo di tutelare il mercato dei combustibili fossili anziché bandirlo del tutto.

Altri aspetti problematici sono i costi relativamente elevati di questa pratica e la disponibilità limitata di siti geologici adatti allo stoccaggio. Allo stesso tempo bisogna però considerare che la Ccs può essere utile per alcuni settori particolarmente difficili da decarbonizzare (autotrasporti pesanti, spedizioni, aviazione, ferro e acciaio, prodotti chimici e petrolchimici). Si tratta insomma di una soluzione complessa e molto limitata.

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