Definizione
Nell’ordinamento italiano il governo ha tre strumenti per intervenire nel processo legislativo. Il primo è quello dell’iniziativa legislativa, tramite il quale l’esecutivo presenta al parlamento un disegno di legge da approvare tramite procedura ordinaria. Il secondo è quello del decreto legge, atto normativo utilizzato in caso di necessità e urgenza, che entra immediatamente in vigore ma necessita della conversione in legge da parte del parlamento entro 60 giorni.
L’ultimo è il decreto legislativo. Con questo atto il governo può autorizzare gli statuti speciali delle regioni, recepire regolamenti e direttive europee oppure normare altre materie seguendo le indicazioni impartite dal parlamento. Generalmente si fa ricorso a questo strumento per introdurre norme in settori dall’elevato contenuto tecnico, nell’attività di delegificazione o per introdurre riforme particolarmente vaste. È il caso, ad esempio, della riforma del fisco.
I decreti legislativi servono per: recepire direttive europee, approvare statuti regionali, attuare le leggi delega.
Per permettere al governo di adottare i decreti legislativi, l’articolo 76 della costituzione prevede che le camere attribuiscano all’esecutivo il proprio potere di legiferare. Ciò avviene attraverso l’approvazione di una cosiddetta legge delega. Attraverso questa norma il parlamento stabilisce una cornice di principi e criteri ai quali l’esecutivo deve attenersi per disciplinare una determinata materia. Per l’approvazione di questa legge si utilizza la procedura ordinaria.
Tale norma assegna anche un limite di tempo per l’esercizio di questo potere. Solitamente la scadenza è di un anno ma nei casi più complessi si può andare anche oltre. Successivamente l’esecutivo esercita la delega tramite l’approvazione dei decreti legislativi che devono essere trasmessi al presidente della repubblica per l’emanazione almeno 20 giorni prima della scadenza.
La delega può contenere anche disposizioni relative alle procedure successive all’entrata in vigore del decreto legislativo. Tali indicazioni generalmente dispongono che le commissioni parlamentari competenti per materia, o altri organi come la conferenza stato-regioni, esprimano un parere sullo schema di decreto. L’esecutivo può anche non recepire le indicazioni pervenute ma non può comunque discostarsi dai criteri e dalle scadenze imposte dal parlamento con la delega.
Dati
In passato la legge delega era uno strumento poco utilizzato ma più recentemente i governi hanno iniziato a ricorrere allo strumento in maniera più frequente.
Analizzando il quadro degli ultimi anni, possiamo osservare che le leggi delega approvate sono state 33 nella XVI legislatura (2008-2013), 42 nella XVII (2013-2018) e 24 nella XVIII (2018-2022). È probabile che la flessione registrata negli ultimi anni possa essere in parte attribuibile anche all’emergenza coronavirus. Durante l’esperienza del governo Conte II infatti, quando il parlamento non potè riunirsi per diverse settimane, le deleghe approvate sono state solamente 2. Con la fine della fase più acuta dell’emergenza però il ricorso allo strumento è tornato ad essere significativo. Sotto il governo Draghi infatti ne sono state approvate 15.
Quello dell’esecutivo Draghi è il terzo dato più alto in assoluto. Al primo posto troviamo invece il governo Renzi con 29 leggi delega approvate nel periodo compreso tra il 22 febbraio 2014 e il 12 dicembre 2016. Al secondo posto invece il governo Berlusconi IV con 22 deleghe approvate tra l’8 maggio 2008 e il 16 novembre 2011.
Nelle ultime legislature approvate 99 leggi delega
Il dettaglio delle leggi delega approvate in base al governo in carica (2008-2022)
FONTE: elaborazione openpolis su dati banca dati di senato e parlamento italiano
(ultimo aggiornamento: sabato 25 Marzo 2023)
È però interessante valutare il peso che le varie deleghe hanno avuto nell’attività legislativa portata avanti dai diversi governi. Da questo punto di vista al primo posto si trova il governo Gentiloni con 12 deleghe sul totale delle 96 leggi approvate tra il 12 dicembre 2016 e il 1 giugno 2018, pari al 12,5% del totale. Seguono i governi Renzi e Conte I entrambi con valori percentuali superiori all’11%. Sopra il 10% anche il già citato governo Draghi (10,2%).
In questo quadro un dato ancora più interessante riguarda la percentuale di leggi delega di iniziativa governativa rispetto al totale di quelle di questo tipo. Ciò perché in questo caso, nonostante la possibilità di modificare il testo durante la discussione, il ruolo del parlamento diviene ancora più marginale. Con la maggioranza che tendenzialmente vorrà blindare il provvedimento presentato dal proprio esecutivo.
72,7% le leggi delega di iniziativa governativa rispetto al totale delle deleghe approvate.
Da questo punto di vista possiamo osservare che ci sono due esecutivi che presentano il 100% di leggi delega di iniziativa governativa. In entrambi i casi però abbiamo numeri piuttosto bassi. Si tratta dei governi Conte II (2 deleghe) e Letta (1). Al terzo posto il governo Berlusconi IV (81,8%). Seguono gli esecutivi Gentiloni (75%) e Draghi (73,3%).
Per quanto riguarda la produzione di decreti legislativi da parte dei governi, il sito del parlamento da la possibilità di valutare il numero di atti emanati in seguito all’approvazione di una legge delega da parte del parlamento. Da questo punto di vista l’esecutivo che ne ha pubblicati di più durante il suo mandato è stato quello di Paolo Gentiloni con 63. Seguono gli esecutivi Renzi (62) e Berlusconi (57).
Il governo Gentiloni ha emanato 63 decreti legislativi
Il numero di decreti legislativi attuativi di leggi delega pubblicati dai governi degli ultimi anni (2008-2023)
FONTE: elaborazione openpolis su dati banca dati di senato e parlamento italiano
(ultimo aggiornamento: venerdì 24 Marzo 2023)
Se si considerano il numero di decreti legislativi pubblicati dai vari governi a fronte delle deleghe approvate dal parlamento nello stesso periodo, possiamo osservare che il rapporto più elevato è detenuto proprio dall’esecutivo Gentiloni (5,25 Dlgs per ogni delega approvata). Seguono i governi Conte II e Letta (4 a 1) e il Berlusconi IV (2,59).
Analisi
Come abbiamo visto, negli ultimi anni il ricorso a questo strumento, così come a quello del decreto legge, è diventato sempre più frequente. Sebbene questo strumento sia funzionale per legiferare in materie complesse, il suo ricorso crescente è un indicatore della progressiva marginalità del parlamento nel processo decisionale.
Il ricorso alla delega in particolare evidenzia almeno tre aspetti critici:
- i principi e i criteri direttivi contenuti nelle leggi delega approvate dal parlamento sono sempre più generici e imprecisi, tanto che spesso si parla di “deleghe in bianco”. In questo modo al governo viene lasciato ampio margine di manovra nella specifica definizione della disciplina. A maggior ragione poi quando è il governo l’autore del disegno di legge delega;
- la delega inoltre viene utilizzata sempre più spesso per disciplinare aspetti non tecnici ma dal grande rilievo politico. Ad esempio, nella XVII legislatura, sono state utilizzate deleghe per la realizzazione delle riforme del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione;
- con l’ampio utilizzo delle deleghe diminuisce la possibilità per l’opposizione di influire sui dettagli della normativa. Il parlamento si esprime infatti a priori e solo in minima parte successivamente con l’espressione dei pareri. In questo modo diviene più facile per il governo aggirare l’eventuale ostilità delle camere su temi politicamente controversi.
Ciò può essere sintomatico della volontà dei governi di evitare l’attenzione mediatica che un lungo dibattito nelle camere comporterebbe.