Definizione
A novembre 2019 il parlamento europeo ha dichiarato l’emergenza climatica. Dopo pochi giorni la commissione ha presentato una nuova strategia, denominata “green deal europeo“, articolata in una serie di piani d’azione e volta a concretizzare l’impegno europeo per il raggiungimento della neutralità climatica. Si tratta dell’ultima e più importante e strutturale iniziativa Ue sul clima.
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Cosa prevedono gli accordi europei sul cambiamento climatico.
Il green deal (patto verde) europeo prende le mosse dall’Agenda 2030 delle Nazioni unite, di cui è parte integrante, ma individua obiettivi aggiuntivi, più ambiziosi. In particolare quello di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
La crescita è concepita come adattamento.
Si tratta di una nuova strategia di crescita che include un adattamento ai cambiamenti climatici e alle necessità dell’ambiente. Per questo motivo la transizione ecologica, uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile, riveste un ruolo prioritario. In questo contesto, la sostenibilità non viene vista soltanto da un punto di vista ambientale ma integra tutti gli ambiti di azione dell’Ue. L’Unione infatti si propone con questo piano di tenere un approccio inclusivo e consapevole delle attuali disuguaglianze economiche e sociali.
La commissione ha presentato la sua proposta per la prima legge europea sul clima nel marzo del 2020. Attraverso questo atto, l’azzeramento delle emissioni di Co2 entro il 2050 è diventato un obiettivo giuridicamente vincolante. Sono state inoltre proposte le misure per verificare i progressi compiuti, da svolgersi ogni 5 anni, in linea con il bilancio globale previsto dall’accordo di Parigi.
La legge sul clima concretizza in un atto giuridico il nostro impegno politico e ci pone in modo irreversibile sulla strada verso un futuro più sostenibile. Questo atto costituisce l’elemento centrale del green deal europeo, e offre prevedibilità e trasparenza per l’industria e gli investitori europei.
Nel corso dei mesi seguenti sono stati adottati una serie di strategie e piani d’azione specifici, rivolti a numerosi settori. Dall’industria e dal settore chimico ai trasporti, fino all’architettura e al design. Per promuovere al loro interno una maggiore attenzione alla sostenibilità.
Sono stati inoltre formulati piani per ridurre le emissioni inquinanti, per combattere il fenomeno del disboscamento, per favorire la diffusione dell’agricoltura biologica e l’implementazione di un modello di economia circolare. Ma non sono mancate le proposte anche a livello di partecipazione civica, per esempio con il patto europeo per il clima, uno spazio di scambio e interazione con l’obiettivo di creare un movimento di sensibilizzazione ai cambiamenti climatici. Soprattutto nel 2022, con la crisi causata dallo scoppio del conflitto in Ucraina, una delle tematiche principali è stata quella dell’energia, in particolare con lo strumento del RepowerEu, il cui scopo è quello di affrancare l’Europa dai carboni fossili.
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L’Italia verso il piano per l’energia RepowerEu.
A oggi le principali proposte che compongono il patto verde europeo sono le seguenti:
- direttiva sulle energie rinnovabili;
- direttiva sull’efficienza energetica;
- iniziativa FuelEu Maritime;
- iniziativa ReFuelEu Aviation;
- regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi;
- direttiva sulla tassazione dell’energia;
- meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere;
- fondo sociale per il clima;
- sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’Ue per produzione di energia, industria, trasporti marittimi e aerei;
- strategia forestale dell’Ue;
- scambio di quote di emissioni per i trasporti stradali e l’edilizia;
- regolamento sull’uso del suolo, la silvicoltura e l’agricoltura;
- regolamento sulla condivisione degli sforzi;
- livelli di emissioni di Co2 per auto e furgoni.
Secondo il piano di investimenti elaborato nel 2020, per realizzare il tutte queste proposte sarà necessario circa 1 trilione, ovvero mille miliardi di euro. A questo scopo sono mobilitate moltissime risorse dell’Ue, a partire dal suo bilancio a lungo termine, che contribuirà per oltre 500 miliardi di euro.
25% del bilancio a lungo termine dell’Ue per il periodo 2021-2027 sarà utilizzato per obiettivi climatici e ambientali, secondo la commissione europea.
Mentre il programma InvestEu mobiliterà circa 279 miliardi di euro in investimenti privati e pubblici nei settori del clima e dell’ambiente nel periodo 2021-2030. Altri ruoli importanti saranno quelli della Banca europea per gli investimenti (Bei) e dei due fondi per l’innovazione e per la modernizzazione (esterni al bilancio annuale).
Dati
Da decenni ormai l’Unione europea riconosce l’effetto sul clima e sull’ambiente della presenza umana sulla Terra e si impegna a contrastarlo. La decarbonizzazione è un processo lungo e complesso, siccome moltissime attività umane comportano produzione e consumo di energia, che ancora dipendono largamente dai prodotti petroliferi e dal gas naturale, responsabili dell’emissione di elevati quantitativi di sostanze inquinanti nell’atmosfera. Tali agenti hanno l’effetto di alterare le temperature e quindi gli equilibri degli ecosistemi. Causando una serie di effetti nocivi a catena, i quali hanno importanti ripercussioni anche sulla salute umana e sullo sviluppo.
Come evidenzia la European environmental agency (Eea), l’energia è il primo settore per emissioni di gas serra, con un contributo pari al 26% del totale. Seguono i trasporti e l’industria (entrambi per il 22%).
Dal 1990 al 2020 le emissioni sono diminuite del 33,3%, passando da 4,69 a 3,12 kt Co2 eq. Un calo significativo, ma ancora piuttosto lontano dagli obiettivi fissati dal green deal per il 2030. Oltre che legato al fatto che il 2020 è stato un anno molto particolare da un punto di vista ambientale, per via della temporanea interruzione di molte attività inquinanti durante il lockdown. Il più affidabile dato del 2019 vede infatti il calo a un più contenuto 25%, meno della metà del traguardo finale, che dovrebbe essere raggiunto ormai in meno di 7 anni.
Analisi
Il patto verde è chiaramente un piano molto ambizioso, che mobilita ingenti risorse per scopi importanti e difficili da raggiungere. Una grande opportunità, ma per questo anche una sfida.
In primo luogo, si tratterà di verificare come questi fondi verranno utilizzati e se effettivamente si riuscirà a trovare sempre un punto di incontro tra la questione climatica e ambientale e le altre dinamiche sociali, economiche e politiche. Tensioni di questo genere sono già emerse con la crisi energetica, quando le questioni geopolitiche (il supporto europeo all’Ucraina tramite il boicottaggio della Russia) e quelle socio-economiche (l’inflazione che ha colpito il settore energetico per questa ragione) hanno messo alla prova l’Unione.
A maggior ragione considerata la scarsa capacità dell’Unione europea stessa di gestire i disaccordi interni. Proprio nel caso del green deal per esempio la Polonia ha sottolineato di voler raggiungere gli obiettivi climatici al proprio ritmo, e per evitare l’impasse l’Unione europea ha dovuto ricorrere alla clausola dell’opting out, in deroga del principio di unanimità.
Ma bisognerà anche verificare se le risorse saranno utilizzate per progetti di reale impatto (e non per semplice greenwashing). E quindi che la decarbonizzazione rimanga sempre e comunque la priorità. In questo senso, il peso notevole dei privati nel programma di finanziamento potrà costituire un aspetto problematico, che sarà necessario monitorare. Ma questo non è l’unico problema relativo ai fondi. Come evidenziato da uno studio sui vantaggi e i limiti del green deal, si tratta anche di soldi già esistenti. Nessuna risorsa viene “creata” per questo scopo.
Un altro problema, evidenziato tra gli altri da Greenpeace, è che per quanto gli obiettivi possano sembrare ambiziosi, non sono tuttavia sufficienti per raggiungere la neutralità climatica. Il piano dell’Unione europea è quello di combinare la crescita economica con la sostenibilità. Ma secondo gli studi in materia, una negoziazione in questo senso potrebbe essere impossibile. Tra gli altri, a sostenerlo è la stessa agenzia europea per il clima, che sottolinea come scindere la crescita economica dal consumo di risorse e quindi dalle pressioni ambientali appaia via via meno realizzabile. Difatti, evidenzia l’Eea, la probabilità che l’Europa raggiunga i suoi obiettivi risulta a oggi molto bassa.