Definizione
Quando si parla di cooperazione, termine cui genericamente ci si riferisce per qualsiasi iniziativa economica che getti un ponte tra paesi ricchi e paesi a più basso tasso di sviluppo, occorre operare alcune distinzioni.
La cooperazione internazionale indica qualsiasi attività di collaborazione tra paesi e/o organizzazioni private. La cooperazione allo sviluppo, invece, individua espressamente attività e iniziative volte a perseguire il miglioramento delle condizioni socio-economiche in aree ancora a basso tasso di sviluppo. Questi obiettivi possono essere raggiunti anche tramite l’utilizzo di risorse private (crediti di aiuto, supporto istituzionale, concessioni di condizioni commerciali di vantaggio, etc.). L’aiuto pubblico allo sviluppo, infine, è parte della cooperazione allo sviluppo, perseguita però attraverso il solo impiego di risorse pubbliche, nell’ambito di accordi internazionali.
Si definisce aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) l’insieme di risorse pubbliche da usare in attività e progetti di cooperazione con paesi a basso tasso di sviluppo. Nel nostro paese la materia è disciplinata dalla legge 125/2014, in cui si usa l’acronimo cps, che sta per cooperazione pubblica allo sviluppo.
A partire dai dati sul 2018 l’Ocse (l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha adottato un nuovo sistema di calcolo dell’Aps, acronimo che in inglese diventa Oda (Official development assistance). La nuova modalità di calcolo dell’Aps riguarda il modo in cui vengono rendicontati i prestiti a carattere agevolato ai paesi in via di sviluppo e ha l’obiettivo di riflettere in modo più fedele l’impegno di un paese donatore operando una maggiore distinzione tra: i fondi concessi a dono, quelli concessi con prestiti molto agevolati e quelli concessi con prestiti meno agevolati.
Le politiche pubbliche di cooperazione sono coordinate dal comitato Dac (development assistance committee) dell’Ocse. Fanno parte di questo comitato 30 membri, tra i quali l’Italia e l’Unione europea.
È bene sottolineare che le spese militari e le attività di peacekeeping in genere non si possono contare come aiuto allo sviluppo, a parte casi come il monitoraggio delle elezioni, attività di formazione del personale (anche di polizia), smaltimento di armamenti e sminamento eccetera. Si possono inoltre considerare Aps una parte dei soldi spesi per la gestione dei rifugiati nel paese donatore delle risorse stesse.
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Che cos’è il capitolo di spesa ‘rifugiati nel paese donatore’.
Dati
Stando ai dati preliminari, nel 2020 i membri del comitato Dac dell’Ocse hanno destinato all’aiuto pubblico allo sviluppo poco più di 161 miliardi di dollari a prezzi correnti, con una crescita in termini reali del 3,5% rispetto all’anno precedente. Tra i membri del Dac i paesi dell’Ue considerati collettivamente rappresentano il primo donatore con il 45,1% dell’Aps totale (72,7 miliardi). Considerando invece i singoli paesi, il primo donatore risultano essere gli Stati Uniti con 35,5 miliardi di dollari (22% del totale). Seguono Germania (17,6%) e Regno Unito (11,5%).
Con l’obiettivo di comparare paesi molto diversi tra loro è utile considerare il rapporto tra l’aiuto pubblico allo sviluppo donato e il reddito nazionale lordo (Rnl), uno dei principali indicatori della produzione di ricchezza all’interno di un paese. Se consideriamo questo rapporto (Aps/Rnl), nel 2020 è stata la Svezia ad aver donato di più tra i paesi Dac: l’1,14% del suo reddito nazionale lordo. Seguono Norvegia (1,11%) e Lussemburgo (1,02%).
In termini assoluti, l’Italia risulta al decimo posto tra i paesi Dac, con 4,2 miliardi di dollari destinati all’Aps nel 2020 (3,5 miliardi di euro). Esaminando invece il rapporto Aps/Rnl l’Italia è al ventesimo posto (0,22%).
I fondi della cooperazione italiana fermi ai livelli del 2015
Il rapporto Aps/Rnl raggiunto dall'Italia tra 2015 e 2020.
Il rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e reddito nazionale lordo (Rnl) serve a misurare il contributo di ciascun paese in ambito di cooperazione rispetto alla propria ricchezza nazionale. Il dato sul 2020 si riferisce ai dati preliminari forniti da Ocse ad aprile 2021. Un successivo aggiornamento fornirà poi i dati definitivi, che in ogni caso non dovrebbero distanziarsi significativamente da quelli presentati in questa sede.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: mercoledì 28 Luglio 2021)
Analisi
Nel 2020 l'Italia ha destinato lo 0,22% del reddito nazionale lordo, una percentuale inferiore all'obiettivo intermedio dello 0,30% che il paese si era prefissato per il 2020, a sua volta step intermedio dell'obiettivo dello 0,7%, fissato per il 2030.
Il livello di Aps destinato dall'Italia è tornato dunque ai livelli del 2015. La quota è cresciuta nel 2016 e soprattutto nel 2017, quando è arrivata alla soglia dello 0,30%.
Tuttavia, in quell'anno l'Aps italiano, come quello di altri paesi europei, è stato molto influenzato dalla voce "rifugiati nel paese donatore", uno specifico capitolo di spesa dell'Aps. In questa voce vengono inseriti fondi impiegati nel paese donatore, inerenti la prima accoglienza dei richiedenti asilo. Sono cioè risorse che, pur essendo conteggiate nell'Aps, non prevedono un effettivo trasferimento di fondi verso altri paesi.
In quel contesto il problema non era certo la spesa per l'accoglienza dei migranti in sé, quanto piuttosto il fatto che questa fosse utilizzata per sostenere che l'Aps italiano stesse aumentando più di quanto effettivamente non fosse. Per questo fin dal 2018 abbiamo chiesto che i fondi risparmiati sul fronte dell'accoglienza migranti fossero riconvertiti in progetti destinati a contribuire allo sviluppo dei paesi a basso tasso di sviluppo. Purtroppo però questo non è avvenuto.