Rapporto tra povertà e disagio giovanile

Disagio giovanile e povertà materiale sono fenomeni strettamente connessi. Durante la pandemia i segnali di disagio tra i minori hanno riguardato tutte le dimensioni: da quella economica, a quella sociale ed educativa.

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Definizione

Una persona, in base alla nuova definizione Istat, è classificata come in povertà assoluta se vive in una famiglia con una spesa per consumi inferiore o uguale al valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati essenziali per evitare gravi forme di esclusione sociale.

Tra 2021 e 2023 le procedure di stima della povertà assoluta sono state oggetto di una profonda revisione metodologica, anche nella composizione del paniere, per rendere la misurazione più accurata. Vai a “Che cos’è la povertà assoluta”

La povertà è un fenomeno multidimensionale che non si può ridurre alla sola dimensione economica. Specialmente tra i più giovani, bambini e adolescenti, riguarda il complesso di opportunità culturali, educative e sociali a disposizione del minore, motivo per cui di solito si parla più propriamente di povertà educativa.

Disagio giovanile e povertà materiale sono fenomeni connessi.

Allo stesso tempo una condizione di deprivazione, come quella testimoniata dal trovarsi in povertà assoluta, è spesso una delle radici del disagio giovanile. Specialmente nell’emergenza Covid, si sono manifestati in modo parallelo sintomi diversi di disagio giovanile, spesso collegati. Da quello psicologico, con il peggioramento di alcuni degli indicatori utilizzati per monitorarlo, a quello educativo, con il calo degli apprendimenti, specialmente tra gli studenti con background socio-economico-culturale svantaggiato. Tendenze che indirettamente avvalorano la relazione esistente tra forme di disagio giovanile e una condizione di deprivazione materiale. Nella pandemia è proprio tra bambini e adolescenti che è aumentato il livello di povertà assoluta, che nel 2023 ha raggiunto l’incidenza massima dal 2014.

Per capire meglio chi rientra in questa situazione, un calcolatore di Istat consente di quantificare la soglia di povertà assoluta con la nuova metodologia, variabile in base alla composizione familiare (ad esempio il numero di minori: le famiglie con figli sotto i 18 anni sono le più colpite dalla povertà assoluta), alla regione e al tipo di comune di residenza del nucleo.

Dati

Il disagio attraversato dai minori dopo la pandemia è innanzitutto di natura sociale ed economica. Secondo le stime preliminari dell’istituto nazionale di statistica, quasi il 14% dei minori si è trovato in povertà assoluta nel 2023. Ovvero l’incidenza più elevata della serie storica, a seguito della revisione metodologica avvenuta lo scorso anno.

13,8%

i minori in povertà assoluta nel 2023: l’incidenza più elevata della serie storica dal 2014. Approfondisci.

Mentre tra 2022 e 2023 l’incidenza di povertà assoluta nella popolazione è rimasta sostanzialmente stabile, attestandosi al 9,7%, tra i minori l’impatto sembra essere stato più grave negli anni della pandemia. Se nel 2021 l’incidenza riguardava il 12,6% delle persone con meno di 18 anni, nell’arco di due anni la quota è cresciuta di quasi un punto e mezzo. Dopo la pandemia, i minori che vivono in famiglie in povertà assoluta sono arrivati a quasi 1,3 milioni, con un’incidenza media nella fascia 0-17 anni del 13,8%.

Si tratta della fascia d’età più colpita, sebbene tra gli stessi minori vi siano forti differenze. Divari innanzitutto di natura territoriale: nel centro-nord si attesta attorno al 13%, nel mezzogiorno la quota di bambini e ragazzi in povertà assoluta raggiunge il 15,5%.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: giovedì 17 Ottobre 2024)

Anche rispetto all’età vi sono ampie differenze. Nei bambini con meno di 3 anni l’incidenza della povertà assoluta è pari al 13,4%; supera il 14% tra i 4 e i 13 anni e si riassesta al 12,7% tra gli adolescenti di 14-17 anni.

Tra bambini e ragazzi del centro Italia di 7-13 anni si registra un aumento statisticamente significativo dell’indigenza rispetto all’anno precedente. Se nel 2022 si trovava in questa condizione il 10,7% di loro, nel 2023 la quota è salita al 13,9%.

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