Quali sono gli strumenti europei nella lotta contro la povertà
La lotta alla povertà è uno degli obiettivi principali dell’Unione europea. Il Fondo sociale europeo è uno degli strumenti messi in campo al fine di ridurre il più possibile il numero di europei che si trovano in condizioni di povertà ed esclusione sociale.
Definizione
La lotta alla povertà e all’esclusione sociale è da sempre uno degli obiettivi specifici dell’Unione europea e dei suoi stati membri nell’ambito della politica sociale. Per far fronte a questa situazione l’Unione europea nel corso degli anni ha messo in atto una serie di misure e costituito un corpus legislativo su cui fare affidamento.
Tra il 1975 e il 1999, prima la Comunità economica europea e poi l’Unione europea hanno prodotto alcuni piani e progetti volti alla riduzione della povertà. Il primo fra tanti è il programma sperimentale di «azione contro la povertà», in cui si discute e si definisce per la prima volta la povertà a livello europeo. Qui emerge la necessità di porre in atto delle politiche specifiche per contrastarla. Durante questo periodo vengono realizzati dei progetti-pilota di intervento, sia finanziati dalla Comunità, sia dai governi nazionali, volti a definire meglio la situazione e le dinamiche della povertà in Europa.
Dal 1999, l’Unione europea ha prodotto una serie di trattati che avevano tra gli obiettivi la riduzione della povertà. Tra questi, in particolare quello di Amsterdam (1999) che sottolinea la necessità di una cooperazione tra tra gli stati per contrastare tale condizione di disagio. Mentre con il Trattato di Lisbona (2007), ed in particolare con la firma al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) si pongono le basi giuridiche in materia di povertà ed esclusione sociale.
Gli Stati membri e l’Unione, in base al presente titolo, si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici,
L’effettiva svolta nella lotta alla povertà dell’Unione europea è rappresentata dal piano strategio Europa 2020. Un’agenda proposta nel 2010 dalla commissione europea, che stabiliva 5 obiettivi da raggiungere entro il decennio. Tra questi, la riduzione del 25% degli europei a rischio povertà ed esclusione sociale, cioè 20 milioni in meno.
In linea con gli obiettivi di Europa 2020, nel 2014 con la nuova programmazione del budget europeo e dei fondi Sie, l’Unione europea ha stanziato 74 miliardi di euro per il Fondo sociale europeo (Fse). Attraverso 4 obiettivi chiave, l’Unione europea si proponeva di migliorare la qualità lavorativa, promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e la discriminazione, investire nell’istruzione e nella formazione e promuovere azioni volte a rendere più efficiente la pubblica amministrazione. Con una dotazione complessiva pari a 8,8 miliardi di euro (+2,2 miliardi rispetto al bilancio precedente) l’Unione ha investito sull’occupazione giovanile, in particolare la categoria definita come Neet, ossia giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione.
All’interno della programmazione del Fse 2014-2020 viene inserito un pacchetto di investimenti sociali volto a raggiungere sia gli obiettivi del fondo che quelli del piano Europa 2020. Il pacchetto di aiuti europei offre, infatti, agli stati membri indicazioni per attuare politiche sociali più efficaci, anche attraverso un impiego più efficiente del Fondo sociale europeo.
Dati
Con l’iniziativa Europa 2020, l’Unione europea in linea con l’Eurostat ha identificato l‘indicatore della povertà e dell’esclusione sociale come strumento utile al monitoraggio dell’andamento socio-occupazionale degli stati membri. Obiettivo di questo monitoraggio era analizzare le situazioni nazionali di anno in anno, a fronte dell’obiettivo decennale di ridurre del 25% il numero degli europei sotto la soglia di povertà. Tale indicatore definisce la condizione di rischio povertà ed esclusione sociale basandosi su tre indici:
- grave deprivazione materiale, cioè la situazione in cui si trova chi non può permettersi alcuni beni e servizi fondamentali. Dall’affitto al riscaldamento, dalle bollette del telefono alla lavatrice, dalla possibilità di andare in vacanza al possesso e mantenimento di una macchina;
- rischio di povertà, in cui si trova chi guadagna meno del 60% del reddito mediano nazionale;
- bassa intensità di lavoro, cioè la condizione di una famiglia dove gli adulti (18-59 anni) lavorano meno del 20% del proprio tempo di lavoro potenziale.
La povertà diminuisce in tutta l’Ue, escluse Italia, Spagna e Grecia
I dati relativi alle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nei paesi dell'Unione europea nel 2005 e 2019
Il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è un indicatore che considera tre elementi: persone in grave deprivazione materiale, a rischio di povertà e in condizione di bassa intensità di lavoro.
FONTE: elaborazione openpolis dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Dicembre 2019)
L'andamento della quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'Unione europea segue dinamiche diverse fra i vari paesi membri. Ha un calo lieve ma uniforme negli stati del nord Europa, come la Germania, i Paesi Bassi e il Belgio. Fanno eccezione la Svezia, dove la percentuale aumenta dal 14,4% del 2005 al 18,8% del 2019, e il Lussemburgo, dal 17,3% al 20,6%. Nei paesi dell'Europa dell'est (Polonia, Slovacchia, Ungheria) e nei paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), la percentuale diminuisce invece in modo significativo.
Al contrario, in diversi paesi del Sud Europa le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale restano stabili o aumentano: ad esempio in Italia il dato è stabile al 25,6%, mentre in Grecia e in Spagna aumentano rispettivamente dello 0,6% (da 29,4% al 30%) e dell'1% (dal 24,3% al 25,3%). L'eccezione in questo caso è costituita dal Portogallo, che ha un calo dal 26,1% al 21,6%.
Nel 2019, le persone che si trovano in una situazione a rischio di povertà ed esclusione sociale nei paesi europei sono oltre 107 milioni. Un numero ancora molto elevato ma ridotto di 17,1 milioni rispetto al 2005. Tuttavia, seppur si sia assistito a un calo, l'obiettivo che era stato fissato per il 2020 rimane ancora lontano. Infatti dal 2010 al 2019 si è assistito a una variazione di -10,3 milioni di persone in stato di povertà, a fronte degli oltre 20 milioni auspicati.
Analisi
Dopo un anno dallo scoppio della pandemia emergono i primi dati che mostrano come questa crisi sanitaria stia fortemente colpendo il mercato del lavoro, con gravi conseguenze per le condizioni sociali ed economiche della popolazione europea e mondiale. I dati Eurostat mostrano quanto la disoccupazione sia aumentata nel corso di un anno: dal terzo quadrimestre del 2019 a quello del 2020, il numero di lavoratori occupati è calato di quasi 3,5 milioni nei paesi del'Unione europea, pari al -1,8%. Questa situazione sottolinea l'urgenza di strumenti e aiuti finanziari per limitare quanto possibile l'aumento di persone in condizioni a rischio di povertà o esclusione sociale. Occorre una nuova strategia, anche e soprattutto nel percorso europeo di contrasto alla povertà.
Queste nuove necessità hanno comportato innanzitutto una revisione di quella che era la proposta di bilancio per il 2021-2027, presentata dalla commissione europea nel 2018. È stato innanzitutto istituito nel 2018 il Fse+, un ulteriore fondo di aiuti per gli stati europei. Solo nel periodo 2007-2013 il fondo sociale europeo (Fse) ha aiutato quasi 10 milioni di persone nell'Unione a trovare un posto di lavoro. Il Fse+ ha dunque l'obiettivo di incentivare ulteriormente i paesi nel proseguire con gli sforzi fatti nella lotta contro la povertà. La commissione europea ha previsto che il fondo sia rinnovato con una dotazione di bilancio di 101 miliardi di euro, accorpandolo al già esistente Fse e ad altri aiuti europei, tra cui il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (Feg). Quest'ultimo in particolare si distingue dal Fse, che agisce in una prospettiva più strategica e a lungo termine, mentre il Feg offre ai lavoratori un sostegno individuale e limitato nel tempo. Inoltre, è uno strumento trasversale alla lotta della povertà, in quanto è volto a offrire un sostegno a coloro che hanno perso il lavoro a seguito di importanti mutamenti strutturali del commercio mondiale dovuti alla globalizzazione, come a seguito della crisi economica del 2008 e dell'attuale crisi sanitaria.