Definizione
Un minore è soggetto a povertà educativa quando il suo diritto ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti è privato o compromesso. Non si tratta quindi di una lesione del solo diritto allo studio, ma della mancanza di opportunità educative a tutto campo: da quelle connesse con la fruizione culturale al diritto al gioco e alle attività sportive. Minori opportunità che incidono negativamente sulla crescita del minore.
Generalmente riguarda i bambini e gli adolescenti che vivono in contesti sociali svantaggiati, caratterizzati da disagio familiare, precarietà occupazionale e deprivazione materiale. Il concetto di povertà educativa è comparso nella letteratura nel corso degli anni ’90, ed è stato poi ripreso da organizzazioni non governative (in particolare Save the Children) e governi nella definizione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza.
Dati
Trattandosi di un fenomeno complesso, non è semplice darne una misurazione sintetica. La povertà educativa riguarda infatti diverse dimensioni (opportunità culturali, scolastiche, relazioni sociali, attività formative) che devono essere tenute in relazione tra loro. Alcuni dati però possono aiutarci a contestualizzare.
Nel 2023 in Italia il 13,8% dei minori di 18 anni si è trovato in povertà assoluta. Significa che quasi 1,3 milioni di giovani vivono in famiglie che non possono permettersi le spese minime per condurre uno stile di vita accettabile. La quota cresce ulteriormente in alcune aree del paese: nel centro-nord si attesta attorno al 13%, nel mezzogiorno l’incidenza di bambini e ragazzi in povertà assoluta raggiunge il 15,5%.
La famiglia d’origine gioca ovviamente un ruolo chiave. Nell’ultimo anno disponibile, emerge come a soffrire maggiormente la povertà materiale siano stati i nuclei con più figli, quelli con un solo genitore e quelli in cui la persona di riferimento fa l’operaio o è disoccupata.
Nelle famiglie monogenitoriali, con più figli e con persona di riferimento operaio è alta l’incidenza della povertà assoluta
Percentuale di famiglie con figli in povertà assoluta rispetto alla situazione familiare (2023)
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: giovedì 17 Ottobre 2024)
Una peggiore condizione familiare molto spesso si traduce in minori opportunità che la famiglia può offrire. Questa correlazione tra deprivazione materiale e bassa istruzione opera nelle due direzioni, ed è nota come trappola della povertà educativa.
L’istruzione dei genitori condiziona molto il futuro dei bambini, a partire dai primi anni di vita. Oltre un terzo dei figli di non diplomati si trova in deprivazione materiale e non ha perciò accesso alle stesse possibilità dei coetanei più avvantaggiati. Tale svantaggio si trascina durante tutto il percorso di crescita, come testimoniato dal minor accesso alle opportunità culturali e formative, dai livelli di apprendimento inferiori e dalla maggiore incidenza di fenomeni quali dispersione e abbandono scolastico tra i ragazzi svantaggiati.
Un ragazzo che nasce in una famiglia povera, e non ha possibilità di formarsi, è probabilmente destinato all’esclusione sociale anche in futuro. E quindi a trasmettere tale condizione ai propri figli: l’Italia è tra gli stati europei meno mobili dal punto di vista sociale, economico ed educativo. Basti pensare che la scelta dell’indirizzo di studi dopo le scuole medie è spesso l’esito di un’autoselezione da parte dei ragazzi in base alla condizione familiare. I dati Almadiploma indicano che nel 2023 solo il 16,1% dei diplomati al liceo era figlio di lavoratori esecutivi, mentre nei professionali l’incidenza era più che doppia (34,3%). A ciò si aggiunga che, in 2 casi su 3, i figli di chi non ha il diploma non si diplomano a loro volta, quasi un primato nel confronto con gli altri paesi Ocse.
Si tratta di tendenze negative, perché portano le disuguaglianze economiche, educative, culturali e sociali a tramandarsi dai genitori ai figli, rendendo il fenomeno della povertà educativa di fatto ereditario.
Analisi
I dati mostrano come povertà economica e povertà educativa si alimentino a vicenda, perché la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce anche le opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative, costituendo un ostacolo oggettivo per i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate. Questa condizione nel breve periodo mina il diritto del minore alla realizzazione e alla gratificazione personale. Nel lungo periodo, riduce la stessa probabilità che da adulto riesca a sottrarsi da una condizione di disagio economico. Per questa ragione investire sulle politiche per l’infanzia e adolescenza e nella lotta alla povertà educativa è un investimento di lungo periodo, da monitorare anche in chiave territoriale.