Definizione
Per misurare l’impegno di un paese donatore è internazionalmente riconosciuto come indicatore il rapporto tra fondi destinati nell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e il reddito nazionale lordo (Rnl). In questo modo, nella cooperazione allo sviluppo, viene evidenziato il peso delle risorse investite da un determinato paese rispetto alla sua ricchezza nazionale.
Il traguardo più noto in questo settore prevede che i paesi donatori contribuiscano all’aiuto pubblico allo sviluppo destinando a questo settore almeno lo 0,70% del proprio reddito nazionale lordo.
0,70% il rapporto Aps/Rnl che i paesi donatori si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.
In particolare i membri comitato Ocse Dac (development assistance committee) hanno assunto questo come obiettivo già dal 1970. Con l’adozione del rapporto Pearson infatti, questi paesi ritenevano di poter raggiungere il traguardo entro i successivi 5 o 10 anni.
We therefore recommend that each aid-giver increase commitments of official development assistance to the level necessary for net disbursements to reach 0.70 per cent of its gross national product by 1975 or shortly thereafter, but in no case later than 1980.
Purtroppo però così non è stato. Per questo nel 2015 le Nazioni unite hanno riproposto questo traguardo inserendolo nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (Sdg 17.2). Attualmente quindi il rinnovato impegno dei paesi donatori è quello di arrivare a quota 0,70% Aps/Rnl entro il 2030.
Ma l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile prevede un altro traguardo che deve essere raggiunto dai paesi donatori e che in questo caso riguarda i paesi a più basso livello di sviluppo. Ovvero i cosiddetti least developed countries (Ldcs). A questi paesi infatti i donatori si sono impegnati a destinare una quota di Aps compresa tra lo 0,15 e lo 0,20% del reddito nazionale lordo.
0,15 – 0,20% la quota di reddito nazionale lordo che i donatori si sono impegnati a destinare ai paesi Ldcs.
Anche in questo caso l’Agenda 2030 ha solo riaffermato un impegno che in realtà era già stato assunto in precedenza. Nel 2011 con il programma di azione per gli Ldcs ma ancor prima nel 1981, nel corso della conferenza di Parigi delle Nazioni unite.
Sul piano nazionale invece, l’Italia adotta questi obiettivi innanzitutto come membro delle Nazioni unite, dell’Unione europea e del comitato Dac dell’Ocse. Obblighi che derivano direttamente dall’essere membri di queste organizzazioni, ulteriormente rafforzati dall’articolo 1 della legge che disciplina il settore della cooperazione allo sviluppo (l. 125/2014).
La cooperazione allo sviluppo […] persegue, in conformità coi programmi e con le strategie internazionali definiti dalle Nazioni Unite, dalle altre organizzazioni internazionali e dall’Unione europea, gli obiettivi fondamentali volti a: a) sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze […]; b) tutelare e affermare i diritti umani […]; c) prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione
Per entrare più nell’operativo, l’articolo 12 della legge stabilisce poi che sia varato un documento triennale di programmazione in cui vengono indicate la visione strategica, gli obiettivi e le priorità della politica italiana di cooperazione allo sviluppo.
Dati
Considerati complessivamente i paesi Ocse Dac nel 2021 hanno investito nel settore della cooperazione allo sviluppo 185 miliardi di dollari (a prezzi correnti). Un valore in crescita rispetto all’anno precedente, ma solo in termini assoluti. Infatti confrontando questo importo con il reddito nazionale lordo complessivo di questi paesi emerge un rapporto Aps/Rnl pari allo 0,33%. Ovvero una cifra identica a quella dell’anno precedente e ben distante dall’obiettivo dello 0,70%.
Meglio hanno fatto i paesi europei del gruppo Dac. Considerati complessivamente infatti questi arrivano allo 0,50% Aps/Rnl. D’altronde dei 5 paesi hanno già raggiunto l’obiettivo 0,70, 4 sono membri Ue. Purtroppo però l’Italia non rientra tra questi ma tra i 14 che non hanno nemmeno raggiunto lo 0,30%.
L’Italia è sedicesima tra i paesi donatori
La classifica dei paesi Ocse Dac per fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo in rapporto alla ricchezza nazionale (2021)
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: mercoledì 15 Febbraio 2023)
Ma le cose cambiano notevolmente se invece che valutare gli importi in relazione alla ricchezza nazionale si osservano i valori assoluti. Da questo punto di vista, ad esempio, gli Stati Uniti, che in termini relativi si trovano in fondo alla classifica, si posizionano saldamente al primo posto. Con 47,8 miliardi di dollari infatti gli Usa contribuiscono per quasi il 26% di tutto l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi Dac.
Dagli Stati Uniti le maggiori donazioni in termini assoluti
Gli importi destinati dai paesi Ocse Dac all’aiuto pubblico allo sviluppo nel 2021
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: sabato 15 Gennaio 2022)
Allo stesso tempo comunque è utile tenere presente che, se considerati complessivamente, i paesi Dac dell’Unione europea contribuiscono per quasi 83 miliardi di dollari, pari al 44,5% del totale.
Analisi
Raggiungere lo 0,70 entro il 2030 è un obiettivo importante assunto dall’Italia e più in generale dai paesi donatori. Così come importante è l’impegno relativo ai paesi Ldcs. Stando ai dati 2021 tuttavia solo pochi stati possono effettivamente sostenere di aver contribuito a pieno alla crescita dei paesi meno sviluppati.
L’Italia purtroppo rientra tra quei donatori che non solo ancora non raggiungono gli obiettivi, ma che si trovano anche piuttosto distanti dal traguardo. L’aspetto più preoccupante dei dati italiani però riguarda il loro andamento incostante negli anni.
Dopo una crescita importante tra 2014 e 2017 infatti il rapporto Aps/Rnl italiano è calato drammaticamente nei due anni successivi. Il 2021 poi ha rappresentato un nuovo anno di crescita ma non è affatto chiaro se questa possa essere considerata stabile oppure di carattere episodico congiunturale.
Questa instabilità peraltro deve essere considerata come il frutto delle scelte dei governi che si sono succeduti. Infatti le risorse destinate al canale multilaterale sono cresciute in modo stabile negli anni, perché legate a impegni di finanziamento obbligatori verso le organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte. Quelle allocate sul canale bilaterale invece sono state storicamente discontinue. Segno della mancanza di una stabile politica di indirizzo, capace di una programmazione pluriennale. Questo perché la classe politica, al di là di quanto dichiarato dalla legge (L.125/2014), non è mai riuscita a rendere la cooperazione allo sviluppo parte integrante e qualificante della politica estera italiana. E questo a tutto detrimento della posizione internazionale del paese.
L’aiuto bilaterale e multilaterale 1960-2020
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Per questo sarebbe importante che l’Italia si dotasse di una strategia il più possibile condivisa, stabilizzando le risorse destinate al canale bilaterale in un chiaro percorso di crescita. Come sostenuto dalla campagna 070 inoltre sarebbe fondamentale definire obiettivi intermedi da perseguire per raggiungere i traguardi previsti dall’Agenda 2030.
L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.