Perché i Lep e gli obiettivi di servizio possono ridurre i divari storici del paese Finanza locale

Definire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) significa stabilire i servizi da garantire in tutto il paese, perché riguardano diritti civili e sociali dei cittadini. Vediamo perché si tratta di un processo complesso e come gli obiettivi di servizio siano un primo passo in questa direzione.

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È dove abiti la variabile che più di tutte incide sull’esperienza quotidiana con i servizi pubblici. Sanità, trasporti, assistenza sociale, diritto allo studio. Il livello dei servizi offerti sul territorio cambia molto lungo lo stivale, sia in termini di presenza che di qualità.

È per questo motivo che si pone l’esigenza di definire degli standard su tutto il territorio, con strumenti che – come approfondiremo – vanno dagli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni.

Il dato è elaborato a partire dall’indagine multiscopo sulle famiglie (aspetti della vita quotidiana).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 23 Settembre 2021)

Per un paese con un'orografia complessa come il nostro, inoltre, la questione è spesso legata alla stessa raggiungibilità dei servizi. Circa metà delle famiglie italiane dichiara qualche difficoltà a raggiungere il pronto soccorso più vicino, con punte che arrivano al 63% medio nel sud e sfiorano il 68% nei piccoli comuni. Per quasi un terzo dei nuclei (32,9%) vi è una difficoltà a raggiungere gli stessi uffici comunali, dato che sale al 38% nel centro e nel mezzogiorno.

70,2% delle famiglie calabresi dichiarano alcune o molte difficoltà a raggiungere il pronto soccorso più vicino.

Questi problemi, quotidiani e quindi apparentemente banali, costituiscono in realtà una delle sfide principali per il nostro paese. Una sfida che è stabilita prima di tutto dalla carta costituzionale, che all'articolo 3 recita

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge (...) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Se parliamo di servizi pubblici, ridurre le disparità significa stabilire una soglia adeguata che deve essere presente in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, da Bolzano a Ragusa. Questa soglia, la cui definizione è attribuita dalla costituzione allo stato centrale, sono i Lep: i livelli essenziali delle prestazioni.

Si tratta dei servizi essenziali che, essendo connessi a diritti civili e sociali, devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Dalla riforma del 2001 sono previsti dalla costituzione, che assegna allo stato il compito di definirli. Vai a "Che cosa sono i Lep, livelli essenziali delle prestazioni"

La definizione dei Lep comporta anche una maggiore spesa da parte dello stato centrale.

Stabilire i Lep significa decidere, per ciascun servizio essenziale, un livello garantito e valido ovunque. È uno dei passaggi previsti dal percorso di riforma del federalismo fiscale, ed è forse una delle questioni più complesse da affrontare.

Il perché è abbastanza intuitivo. Se si decide che ogni ente locale deve offrire uno standard inderogabile per legge (ad esempio, un rapporto massimo tra il numero di alunni con disabilità e gli assistenti all'autonomia nelle scuole), poi lo stato deve anche corrispondere le risorse necessarie. Soprattutto per i territori che non riuscirebbero da soli, con risorse proprie.

In modo da ridurre le disparità tra gli enti con maggiori risorse, che possono provvedere in autonomia, e quelli con minore capacità fiscale, che non potrebbero farlo senza l'aiuto della perequazione. Si tratta di quanto stabilisce la carta costituzionale dopo la riforma del titolo V, sia attraverso un fondo perequativo senza vincoli di destinazione, sia con ulteriori interventi speciali per ridurre gli squilibri tra gli enti.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. (...) Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

In attesa dei Lep, gli obiettivi di servizio consentono di introdurre lo stesso meccanismo per ridurre i divari.

È in questa ottica che si colloca quanto successo a partire dal 2019, quando per la prima volta si è realizzata una standardizzazione dei fabbisogni sugli asili nido e poi, con la legge di bilancio per il 2021,  si è passati alla definizione degli obiettivi di servizio per i servizi sociali e per  gli asili nido.

Non si tratta ancora dei Lep previsti dalla costituzione, ma il meccanismo è analogo. Rispetto a un indicatore (ad esempio il numero di posti nido per 100 bambini) vengono stabilite delle soglie obiettivo valide su tutto il territorio nazionale. In altri termini, un livello minimo virtuale che tutti i comuni dovrebbero raggiungere.

La novità della legge di bilancio 2021 è stata prevedere - di fianco agli obiettivi di servizio nell'ambito sociale e socio-educativo - anche risorse aggiuntive da corrispondere ai comuni. Nello specifico, con un incremento del fondo di solidarietà comunale che, a regime, varrà oltre 650 milioni di euro per lo sviluppo dei servizi sociali, nonché 300 milioni per il potenziamento degli asili nido.

FONTE: elaborazione openpolis su dati legge di bilancio 2021
(ultimo aggiornamento: venerdì 1 Gennaio 2021)

Gli effetti di tale scelta si possono rilevare già da quest'anno. Attraverso i dati Sose pubblicati sul portale OpenCivitas, è infatti possibile confrontare per ciascun comune la dotazione del Fsc tra 2020 e 2021.

Per tutti i comuni la variazione del Fsc è stata positiva, come conseguenza dell'incremento previsto dalla legge di bilancio. Tuttavia è interessante notare come gli aumenti più rilevanti si registrino soprattutto nel centro (Fsc in crescita dell'8%) e nel sud (+5,7%). Sebbene più contenuta rispetto al mezzogiorno, anche i comuni del nord-ovest e del nord-est registrano una crescita nella propria dotazione di Fsc (in media rispettivamente +4,4% e +3,3%).

Il dato pro capite è calcolato, per ciascun anno, sulla popolazione residente al 31 dicembre dei due anni precedenti rispetto a quelli di riferimento del fondo. In valore assoluto (non pro capite), per tutti i comuni la variazione del Fsc è positiva tra 2020 e 2021.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

Confrontando le 10 maggiori città italiane nelle regioni a statuto ordinario, si osserva come gli importi pro capite del Fsc siano più elevati - in entrambi gli anni - a Napoli (oltre 300 euro pro capite), Genova e Torino (entrambe al di sopra dei 200 euro pro capite). Tra 2020 e 2021 tutti i comuni, e quindi anche quelli più popolosi, hanno visto una variazione positiva del proprio Fsc.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

Tale crescita supera il 20% nelle 2 città con il Fsc pro capite più basso. Tra 2020 e 2021 Milano passa da 10,08 a 12,77 euro pro capite (+26,7%), mentre a Roma varia da 68,2 a 81,98 euro per abitante (+20%). In termini assoluti parliamo di una variazione del Fsc del 28% a Milano (da 13,9 a 17,8 milioni di euro) e del 19,4% a Roma (da 194,8 a 232,6 milioni di euro).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

L'incremento, sia pro capite che in termini assoluti, è superiore al 5% anche a Venezia (+9,82%), Bari (+6,26%) e Verona (+5,36%).

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Scarica i dati comunali, per le regioni a statuto ordinario.

I contenuti della rubrica sui fabbisogni standard sono realizzati nell'ambito della collaborazione tra openpolis e la società pubblica Sose, che è la fonte dei dati utilizzati. Si tratta di dati pubblici che openpolis ha raccolto, elaborato e che mette qui a disposizione. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Per conoscere quante risorse il tuo comune versa o riceve dal Fsc, clicca sulla casella Cerca… e digita il nome del tuo comune. Puoi cambiare l’ordine della tabella cliccando sull’intestazione delle colonne.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

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