Perché l’educazione civica è essenziale per una piena cittadinanza #conibambini

Prevedere l’insegnamento della costituzione e delle leggi, educare al rispetto dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile, acquisire una vera cittadinanza digitale. Dedicare parte della didattica a questi aspetti significa rendere pienamente cittadini del mondo di domani.

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Da ormai 2 anni, la legge 92/2019 ha reintrodotto l’insegnamento obbligatorio, con voto e per tutti i gradi di istruzione, dell’educazione civica. Questa materia, che nel parlare comune viene spesso classificata come meno importante rispetto alle altre, è in realtà cruciale per la formazione educativa di bambini e ragazzi.

Anche per questa ragione tutti i sistemi educativi dell’Unione europea prevedono nei loro programmi una qualche forma di educazione alla cittadinanza, con 3 approcci differenti.

Il metodo di insegnamento dell’educazione civica cambia da paese a paese.

In alcuni casi viene trattata come materia a sé stante, distinta dalle altre discipline. Come ricostruito da Eurydice per l’anno scolastico 2016/17, ad esempio, è il caso della Romania – per le scuole primarie e medie – e dell’Inghilterra – per le medie e le superiori.

In altri casi il suo insegnamento è trasversale alle diverse discipline, quindi con tutti gli insegnanti responsabili dell’offerta formativa in questo ambito. Un ulteriore approccio consiste nell’integrare l’educazione alla cittadinanza nel programma di altre materie, solitamente quelle umanistiche o relative alle scienze sociali, come la storia. Queste  ultime due modalità, spesso combinate insieme (tutti gli insegnanti sono responsabili, ma vi è anche una attribuzione specifica per alcune materie) sono quelle prevalenti a livello europeo.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurydice
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Ottobre 2017)

L'educazione civica in Italia

In questo contesto internazionale, la scelta del legislatore italiano è stata rendere l'insegnamento dell'educazione civica obbligatorio in tutti i gradi di istruzione, fin dalle scuole dell'infanzia, e trasversale alle diverse materie. Prevedendo un tempo minimo da dedicare a questo ambito, a partire dall'anno scolastico 2020/21.

33 ore annue minime che devono essere dedicate all'insegnamento dell'educazione civica.

Dal punto di vista dei contenuti, la scelta è stata quella di concentrare gli studi su 3 assi principali:

  • Costituzione, studio delle istituzioni nazionali ed europee, delle leggi. Con una attenzione particolare anche ai temi della legalità e del contrasto delle mafie, alla storia della bandiera e dell'inno nazionale, e ad elementi di diritto, in particolare del lavoro;
  • Sviluppo sostenibile e agenda 2030, con una formazione incentrata su educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio, salute e tutela dei beni comuni;
  • Cittadinanza digitale, con l'obiettivo di offrire a ragazze e ragazzi gli strumenti cognitivi per utilizzare in modo consapevole e responsabile le nuove tecnologie e mezzi di comunicazione. Imparando a sviluppare il pensiero critico, e rendendo consapevoli dei rischi nell'uso dei nuovi mezzi di comunicazione (ad esempio rispetto al linguaggio d’odio.

Come si vede, si tratta di ambiti molto diversi tra loro, ma che sono prioritari per la formazione di una cittadinanza attiva, pienamente consapevole dei propri diritti e doveri. Aspetti che spesso non vengono associati a vere e proprie "competenze" che si imparano a scuola, ma che vengono periodicamente monitorati dalle rilevazioni internazionali.

Tra questi, ad esempio, l'indagine Iea Iccs (acronimo inglese per international civic and citizenship education study) vuole proprio esaminare la preparazione dei più giovani nel diventare futuri cittadini. Si tratta di una rilevazione svolta con cadenza pluriennale (l'ultima è stata nel 2016, la prossima è prevista per il 2022) il cui target sono ragazze e ragazzi tra 13 e 14 anni (per l'Italia hanno partecipato 3.500 studenti delle terze medie).

94.000 studenti da 23 paesi coinvolti nell'ultima indagine Iea Iccs.

In termini di conoscenze civiche, l'Italia in quell'occasione ha registrato un dato significativamente superiore rispetto alla media internazionale. E, nel confronto con gli altri paesi Ue, sostanzialmente analogo a quello di Paesi Bassi. Allo stesso tempo, il livello medio raggiunto nei paesi nord-europei e scandinavi resta lontano. I primi posti sono infatti occupati quasi esclusivamente da questi paesi.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Iccs-Iea e Invalsi
(ultimo aggiornamento: sabato 31 Dicembre 2016)

7,4% gli studenti con competenze civiche molto basse (livello D o inferiore) in Italia. In Danimarca sono il 2,7%.

Cittadini digitali

La cittadinanza digitale è parte integrante dell'essere cittadini nel XXI secolo.

Un altro aspetto che, come abbiamo visto, viene approfondito nelle ore di educazione civica è quello relativo alla cittadinanza digitale. Da questo punto di vista, come abbiamo avuto modo di raccontare in passato, se l'uso delle tecnologie è aumentato negli ultimi anni, allo stesso tempo restano forti divari in termini di utilizzo. La faglia del divario digitale si è progressivamente spostata dalla possibilità di accesso ai dispositivi tecnologici alla modalità di fruizione. Gli studenti che vengono da famiglie socialmente ed economicamente svantaggiate fanno un utilizzo diverso della rete, meno orientato all’informazione rispetto ai loro coetanei delle famiglie avvantaggiate.

73,7% degli studenti avvantaggiati usa internet per leggere notizie. Tra gli svantaggiati la quota scende al 60,4%.

Anche per questo l'educazione alla cittadinanza digitale è stata inserita tra gli aspetti da valorizzare nel curricolo di educazione civica.

Nell'ambito dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica (...) è prevista l'educazione alla cittadinanza digitale. (...) [Essa] prevede almeno (...) abilità e conoscenze digitali essenziali, da sviluppare con gradualità tenendo conto dell'età degli alunni e degli studenti

Del resto, si tratta ormai di un aspetto imprescindibile delle nostre vite, per questo è essenziale che la scuola offra gli strumenti per poter apprendere le competenze digitali di base, nell'ottica di formare una piena cittadinanza.

L'importanza di dotare le scuole di strumenti digitali, anche per l'educazione alla cittadinanza.

In questo senso, come abbiamo avuto modo di ricostruire in passato, un ostacolo - almeno prima dell'emergenza Covid - era costituito proprio dalla diversa dotazione digitale delle singole scuole. In base alle informazioni ricostruite dal portale Scuola in chiaro, relative all'anno scolastico 2018/19, emerge come negli anni scorsi le regioni del mezzogiorno abbiano mostrato progressi significativi grazie all'uso dei fondi europei in questa direzione. Allo stesso tempo, la situazione prima dell'emergenza non era affatto omogenea se osservata comune per comune.

Il dato mostra, per le scuole per cui è disponibile (media Italia: 70%), la percentuale di alunni che frequentano scuole dove non era presente un pc o un tablet nell’anno scolastico 2018/19.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Settembre 2018)

Per un confronto più omogeneo sulle dotazioni tecnologiche a disposizione degli studenti, possiamo isolare le città italiane con oltre 500mila abitanti. Emerge come la dotazione di computer e tablet nelle scuole statali vari in modo significativo.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Settembre 2018)

La carenza di dati rappresenta un limite alle possibilità di analisi.

Milano, seguita da Roma e Napoli, è la città con la quota più alta di alunni che frequentano una scuola dove ci sono oltre 10 computer. Più del 44% degli studenti milanesi studia in un plesso con oltre 10 pc o tablet, contro il 36-37% di Roma e Napoli. A Torino sono poco meno del 35%, mentre a Genova e Palermo si attestano sul 31%.

Ancora più variabile la presenza di alunni che frequentano scuole in cui non sono presenti computer. Se si confronta la quota di quanti frequentano scuole con 0 dispositivi, Genova è prima tra le città maggiori con il 28% - ma va rilevato come sia più bassa la quota di alunni che frequentano plessi per cui il dato non è disponibile. Al contrario di Napoli: dove la quota apparentemente più bassa di alunni senza pc a scuola (7,2% del totale) va letta insieme all'elevata percentuale di casi in cui il dato non è disponibile (52,8%).

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sul numero di dispositivi digitali nelle scuole sono stati raccolti attraverso un'attività di web scraping dal portale Scuola in chiaro del Miur.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Settembre 2018)

Foto credit: Flickr Uc3m - Licenza

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