Quanto spendono i paesi comunitari per la protezione sociale Europa

Garantire sostegno ai cittadini nei momenti di maggiore vulnerabilità sociale dall’infanzia fino alla vecchiaia è un pilastro fondante dell’Ue. Non c’è però ancora omogeneità nell’uso di risorse che gli stati membri fanno a questo scopo.

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L’importanza delle misure di protezione sociale

La “protezione sociale” consiste in un insieme di politiche e programmi pensati per ridurre e prevenire la povertà e la vulnerabilità sociali delle persone durante il corso di tutta la loro vita, dall’infanzia fino alla vecchiaia.

Parliamo, in concreto, di schemi di reddito minimo garantito, indennità per malattia e infortunio, sussidi per la vecchiaia, per la maternità e per l’invalidità, ma anche di fondi dedicati al sostegno all’infanzia e aiuti alle persone con disabilità.

Tali benefici sono importanti non solo per i singoli lavoratori e le loro famiglie, ma per tutta la società. Fornendo assistenza sanitaria, sicurezza del reddito e servizi sociali, aumenta la produttività e si contribuisce alla dignità e alla piena realizzazione dell’individuo.

Come afferma l’Oil, l’accesso alla protezione sociale è un diritto fondamentale dell’essere umano e del cittadino. Ma tali politiche sono utili anche per la società nel suo complesso, per garantire coesione e anche resilienza in tempi di crisi.

Le risorse per l’assistenza sociale negli stati dell’Ue

Nonostante i suoi evidenti vantaggi, ad oggi la protezione sociale è una realtà limitata a pochi paesi del mondo – stima l’Oil che oltre della metà della popolazione globale non è raggiunta da alcuna misura di contrasto alla povertà e alle vulnerabilità sociali – e anche in Europa non risulta essere capillare né omogenea da paese a paese.

Eppure è considerata uno dei pilastri fondamentali alla base dell’Unione, come riportato nella carta europea dei diritti sociali.

8.777 € pro capite, la spesa media per le misure di protezione sociale in Ue, secondo Eurostat (2019).

I dati si riferiscono alla spesa, in euro pro capite, e si fermano al 2019 perché quelli del 2020 non sono disponibili per 15 stati membri. Il quadro di riferimento è Esspros (European system of integrated social protection statistics), che considera come “protezione sociale” le misure orientate ai nuclei familiari e ai singoli individui sulla base di uno specifico set di rischi e bisogni sociali. I principali sono: disabilità, malattia/assistenza sanitaria, vecchiaia, superstiti, famiglia/figli, disoccupazione, alloggio ed esclusione sociale. Sono inclusi gli schemi di assistenza garantiti ai non residenti, mentre sono esclusi quelli esteri garantiti ai residenti, in quanto il dato riguarda la spesa nazionale

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 14 Ottobre 2022)

Il primo paese per spesa in rapporto alla popolazione è il Lussemburgo, con quasi 22mila euro pro capite. Mentre le cifre più basse, al di sotto dei 2mila, si registrano in Romania e Bulgaria.

Nel complesso, le spese pro capite più elevate sono riportate dai paesi dell’Europa settentrionale, con una tradizione di stato sociale e spesso con maggiori disponibilità economiche. Mentre quelle più basse sono associate agli stati dell’area orientale del continente. Cifre intermedie si registrano invece nei paesi mediterranei: tra i circa 12mila euro pro capite della Francia e i 4mila di Malta.

Le spese per l’assistenza sociale aumentano, ma non sempre in modo significativo

Nel complesso in Europa la spesa per l’assistenza sociale è andata gradualmente aumentando. Se nel 2008 ammontava a 6.564 euro pro capite, dal 2010 superava i 7mila, e dal 2016 in poi si è attestata al di sopra degli 8mila.

Si tratta di un miglioramento che ha caratterizzato quasi la totalità degli stati membri, ma con diverse intensità. Guardiamo ad esempio i dati relativi agli stati più grandi.

I dati si riferiscono alla spesa, in euro pro capite, e si fermano al 2019 perché non sono disponibili quelli aggiornati al 2020 per Francia e Spagna. Il quadro di riferimento è Esspros (European system of integrated social protection statistics), che considera come “protezione sociale” le misure orientate ai nuclei familiari e ai singoli individui sulla base di uno specifico set di rischi e bisogni sociali. I principali sono: disabilità, malattia/assistenza sanitaria, vecchiaia, superstiti, famiglia/figli, disoccupazione, alloggio ed esclusione sociale. Sono inclusi gli schemi di assistenza garantiti ai non residenti, mentre sono esclusi quelli esteri garantiti ai residenti, in quanto il dato riguarda la spesa nazionale.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 14 Ottobre 2022)

In tutti i più grandi paesi dell’Ue (Germania, Francia, Italia e Spagna) la spesa nazionale per gli schemi di protezione sociale è andata progressivamente aumentando nel corso del decennio. In particolare in Germania, dove è passata da poco meno di 10mila euro pro capite a oltre 12mila (+2.940 euro). Negli altri l’aumento è stato decisamente più contenuto, in particolare in Spagna (+559 euro pro capite).

Per quanto riguarda l’Italia, la cifra è passata da 7.797 euro pro capite nel 2011 a 8.787 nel 2019 (9.591 nel 2020, ma questo dato non è disponibile per tutti i paesi Ue). Dal 2011 al 2019 è quindi aumentata di circa 991 euro pro capite. In termini assoluti, si è passati da 463 a 525 miliardi di euro.

+13% la spesa per la protezione sociale in Italia, tra 2011 e 2019.

Un aumento quindi che risulta più contenuto rispetto a quello registrato mediamente nell’Unione, pari al 23%.

La Grecia è l’unico paese Ue in cui la spesa è diminuita.

Per quanto riguarda poi gli altri paesi dell’Ue, a registrare l’aumento più marcato è stata l’Estonia (+76%), seguita da Polonia (+60%) e Malta (+58%). Mentre l’unico stato membro in cui la spesa per protezione sociale si è ridotta è stata la Grecia (-19%), dove è passata da circa 57 a meno di 46 miliardi di euro, tra il 2011 e il 2019. Aumenti piuttosto contenuti hanno avuto luogo anche a Cipro (+5%), in Spagna e in Ungheria (in entrambe +11%). L’Italia è al quinto posto come stato con il miglioramento più contenuto.

I dati si riferiscono alla spesa, in euro pro capite, e si fermano al 2019 perché quelli del 2020 non risultano disponibili per 15 stati dell’Unione. Il dato rappresenta un aggregato e corrisponde quindi alla media tra le seguenti funzioni: assistenza sanitaria, disabilità, vecchiaia e assistenza ai superstiti.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 14 Ottobre 2022)

Se rapportiamo la spesa per assistenza sociale al Pil, la Francia è il paese Ue che, nel 2019, registra la percentuale più elevata: 31,2%. Seguono alcuni stati dell’Europa settentrionale, in primis Danimarca (30,2%) e Finlandia (29,6%). Gli unici a registrare invece una cifra inferiore al 15% sono Malta e Irlanda (rispettivamente 14,5% e 13,3%).

L’Italia è sesta per spesa/Pil, ma secondo i dati provvisori Eurostat sarebbe terza nel 2020.

L’Italia, con il 28,3%, è al sesto posto. Stando ai dati provvisori di Eurostat relativi al 2020, la quota italiana sarebbe salita al 33,4%, posizionandosi quindi appena dopo la Francia (35,7%) e l’Austria (33,8%), al terzo posto, per spesa in rapporto al Pil.

La Germania in particolare si distingue per l’elevata quota di spesa destinata all’assistenza sanitaria (10,1% del Pil), come anche i Paesi Bassi (9,4%) e la Francia (9%). Mentre sono i paesi scandinavi a dedicare la quota più elevata alle misure per la disabilità, in primis la Danimarca con il 4,8%.

L’Italia registra invece un doppio record, insieme alla Grecia, per le spese di assistenza agli anziani (rispettivamente il 13,9% e il 13,5%) e per quelle di aiuto ai superstiti (2,6% e 2,4%).

Come riporta Istat, quasi la metà di tutte le prestazioni erogate in Italia appartengono alla categoria dell’assistenza agli anziani. Più del doppio rispetto a quelle in ambito sanitario. Secondo i dati provvisori forniti da Eurostat l’Italia avrebbe speso nel 2020 più di 256 miliardi di euro per le misure protezione sociale dedicate agli anziani e circa 124 miliardi per le prestazioni di assistenza sanitaria. Appena lo 0,1% della spesa totale sarebbe invece andato all’ambito degli alloggi.

Foto: Nabeel Syedlicenza

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