Rassegna stampa

In Italia le donne al vertice delle amministrazioni comunali sono molte poche. Con le ultime elezioni amministrative in particolare, questo numero si è ridotto ancora di più, almeno nelle grandi città.

Tra le fonti di entrata dei comuni italiani non ci sono solo le tasse e le imposte che pagano i cittadini. Una parte delle risorse necessarie al funzionamento degli enti e al pagamento delle spese, infatti, possono provenire anche da multe e sanzioni.

I cambi di gruppo degli italiani al parlamento europeo sono stati molti. 13 fra i 76 deputati italiani (il 17%) hanno cambiato gruppo dall’inizio dell’attuale legislatura. Analizzare questi spostamenti può essere interessante.

L’emergenza Covid ha messo a nudo criticità latenti da anni per il sistema educativo. L’edilizia scolastica è in qualche modo la cartina al tornasole di questo tipo di problemi di lungo periodo. Si tratta di un problema da affrontare anche alla luce dell'impiego dei fondi del Pnrr.

In parlamento proseguono gli assestamenti in reazione alla nascita del governo di unità nazionale. Questa dinamica porta a numerosi cambi di casacca dei parlamenti tra i vari gruppi, elemento di cui tener conto anche in vista delle elezioni del nuovo capo dello stato.

Come noto grazie all’approvazione del progetto Next generation Eu in Italia nei prossimi anni arriverà un’ingente mole di risorse. Molte di queste saranno gestite da amministrazioni ed enti locali.

Tra gli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza vi è anche quello di colmare le disuguaglianze territoriali, sia a livello di servizi offerti ai cittadini che di infrastrutture. Ne parla l'edizione napoletana del Riformista.

Nel corso di una trasmissione su Radio Rai 1 il nostro responsabile editoriale Vincenzo Smaldore è stato intervistato a proposito dei nostri approfondimenti sul piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Anche L'Essenziale, il nuovo settimanale della redazione dell'Internazionale, riprende il nostro approfondimento sull'andamento dei salari medi in Italia e in Europa negli ultimi trenta anni.

Rispetto agli stati dell'Europa centrale e orientale, che hanno visto degli aumenti salariali consistenti partendo da livelli molto bassi, i paesi dell'Europa meridionale hanno registrato oscillazioni piuttosto modeste negli anni. L'Italia è l'unico ad aver visto diminuire i salari medi.