Restano troppe le famiglie con figli che non fanno vacanze #conibambini

Rispetto al 2021, cala la quota di famiglie che non possono fare vacanze. Ma il fenomeno resta davvero ampio: il 30% dei nuclei con un figlio non ha potuto permettersi una settimana di ferie lontano da casa. Un problema probabilmente amplificato tra quelle monoreddito.

|

Partner

Per molte persone l’arrivo di agosto significa il vero inizio delle vacanze estive. Con la possibilità di trascorrere alcuni giorni lontano da casa, dal lavoro, dalla scuola.

Questa prerogativa però per molte famiglie non è affatto scontata. Nel 2022 il 35,9% dei nuclei ha dichiarato di non potersi permettere una settimana di ferie lontano da casa. In presenza di uno o due figli minori, la quota si attesta attorno al 30%; con almeno 3 figli sale fino al 45,7%.

Dopo i segnali di crescita registrati tra 2020 e 2021, si tratta comunque di un parziale miglioramento. Nel 2021 infatti oltre un terzo delle famiglie con uno o due figli aveva rinunciato alle vacanze, quota che superava la metà in presenza di almeno 3 figli.

-4,5 il calo in punti percentuali della quota famiglie con un figlio che non si sono potute permettere una settimana di vacanza fuori casa tra 2021 e 2022.

Ciononostante il fenomeno resta ampio, riguardando ancora il 30% delle famiglie con uno o due figli e oltre il 45% in presenza di almeno tre figli.

In questo articolo approfondiamo meglio la tendenza alla rinuncia delle vacanze, cercando di capire anche le sue radici a livello locale. A partire dall’incidenza, comune per comune, dei contribuenti a basso reddito e di nuclei monoreddito con figli.

Quante famiglie con figli non possono fare vacanze

Rispetto al 2021, nel 2022 è diminuita la quota di nuclei con figli che non possono permettersi vacanze lontano da casa. Ciononostante il fenomeno resta ampio. Riguarda il 30,2% delle famiglie con un figlio minore, il 29,9% con due bambini e sale al 45,7% in presenza di almeno 3 figli.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(consultati: mercoledì 24 Aprile 2024)

Si tratta di una compromissione delle opportunità formative e del diritto al gioco e al tempo libero per molti minori.

Significa che ampie parti della popolazione, tra cui molti bambini e ragazzi, devono rinunciare a esperienze importanti, di svago ma anche formative.

Sul primo aspetto, le vacanze estive rappresentano per bambine e bambini un momento in cui dare concretezza al diritto al gioco e al tempo libero, riconosciuto dalla convenzione Onu sui diritti dell’infanzia. Inoltre, offrono anche la possibilità di condividere esperienze con la propria famiglia, anche di formazione e crescita. Si tratta di prerogative fondamentali per tutti i minori, a maggior ragione durante la sospensione delle attività scolastiche.

Senza contare il rischio di sottostima delle cifre appena viste, che va tenuto sempre presente quando si parla di questo tipo di dati sulla deprivazione. Una cautela che la letteratura internazionale ha spesso rimarcato.

I risultati pubblicati possono sembrare dati obiettivi, ma dietro ogni statistica sulla deprivazione c’è un genitore che deve rispondere se sia in grado o no di permettere a suo figlio di “partecipare a gite ed eventi scolastici”, o di “invitare a casa degli amici per giocare e mangiare insieme”, oppure di avere “un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti”

Alla radice dell’impossibilità di fare vacanze lontano da casa vi è infatti una deprivazione del nucleo familiare, più o meno marcata, variabile nelle diverse aree del paese. Si tratta di dati che purtroppo non è possibile ricostruire a livello locale. Tuttavia, alcuni spunti di riflessione possono arrivare dall’analisi dei dati – a livello locale – sulle famiglie monoreddito con figli a carico e sull’incidenza dei contribuenti a basso reddito. Due fattori che possono rendere più difficoltoso per il nucleo potersi permettere spese di questo tipo.

Le famiglie monoreddito con figli piccoli, comune per comune

Un primo riferimento utile per contestualizzare in chiave locale è la quota di famiglie anagrafiche che vivono di un solo reddito e che hanno a carico almeno un figlio con meno di 6 anni. Informazione che è possibile ricostruire per i comuni con oltre cinquemila abitanti.

Nell’ultimo anno prima dell’emergenza Covid, in media il 21,7% dei nuclei monoreddito si trovava in questa situazione. Una quota variabile tra i comuni italiani. Tra i capoluoghi, i valori maggiori si raggiungono ad Andria, dove nel 2019 oltre un terzo delle famiglie monoreddito aveva un minore a carico.

33,7% i nuclei monoreddito con almeno un figlio con meno di 6 anni ad Andria.

Le altre città in cui il fenomeno incide di più si trovano soprattutto al sud, ma non solo: Barletta (29,5%), Prato (28,2%), Napoli (25,3%), Trani (25,3%), Matera (25,1%), Palermo (24,8%), Crotone (24,3%), Latina (24,1%) e Vibo Valentia (24,0%).

Questo dato offre una prima indicazione ma chiaramente non basta. Un altro riferimento utile arriva incrociando la quota di famiglie monoreddito con figli con l’incidenza di contribuenti a basso reddito.

Una mappatura dell’Italia tra famiglie monoreddito con figli e bassi redditi

In Italia nel 2019 1.587 comuni (sui 2.384 con oltre cinquemila abitanti) si sono caratterizzati per un’incidenza di famiglie monoreddito con figli superiore alla media nazionale (21,7% in quell’anno). Mentre sono 3.871 su quasi ottomila quelli dove la quota di contribuenti a basso reddito (ovvero inferiore a 10mila euro annui) supera il valore medio (28,3% dei contribuenti nel 2019). 

I comuni che si trovano in entrambe le situazioni (alta incidenza di famiglie monoreddito con figli e bassi redditi) sono complessivamente 612. L’83,8% di questi si trova nel mezzogiorno, come è ben visibile dalla mappa.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (statistiche sperimentali) e Mef
(pubblicati: venerdì 8 Marzo 2024)

Considerato che l’informazione è ricostruibile solo per i comuni con oltre cinquemila abitanti, quelli ad alta incidenza di famiglie monoreddito con figli e di contribuenti a basso reddito rappresentano il 25,7% del totale (612 su 2.384). Percentuale che varia tra le diverse aree del paese: si attesta al di sotto del 5% nell’Italia settentrionale, raggiunge il 20,6% nel centro, mentre riguarda il 46,9% dei comuni con oltre cinquemila abitanti nelle isole e il 72,9% di quelli del sud.

Anche la rinuncia alle vacanze può indicare una deprivazione

Questi dati, essendo basati anche sul reddito dichiarato, vanno chiaramente trattati con cautela. Sia per l’impatto dell’evasione fiscale, che per il diverso potere di acquisto tra aree del paese.

Tuttavia rappresentano un primo riferimento – da aggiornare con i futuri rilasci – per comprendere i possibili fattori di deprivazione tra le famiglie. Tra questi la rinuncia a spese che spesso nel parlare comune vengono considerate non essenziali, come le vacanze. Una visione ristretta, se si considera quanto possono essere importanti per la crescita dei minori momenti di svago lontano da casa, anche solo per qualche giorno.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alle famiglie anagrafiche monoreddito con figli a carico e quelli sull’incidenza dei contribuenti con meno di 10mila euro annui sono di fonte Istat (statistiche sperimentali) e Mef.

Foto: sarahbernier3140 (Pixabay) – Licenza

PROSSIMO POST