Tra decreti legge e fiducie il governo monopolizza l’attività legislativa Il difficile equilibrio tra governo e parlamento

Nei mesi scorsi l’esecutivo si era impegnato a ridare maggiore centralità al parlamento. Ma l’adozione congiunta di decreti legge, maxi emendamenti e questioni di fiducia limita notevolmente i margini di intervento delle camere.

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Nelle ultime settimane il nostro paese ha fatto alcuni passi indietro non solo per quanto riguarda il nuovo aumento dei contagi ma anche dal punto di vista dei rapporti tra governo e parlamento.

Dopo una fase centrale dell’emergenza in cui l’esecutivo si era impegnato a coinvolgere maggiormente camera e senato siamo tornati infatti ad una situazione in cui le redini della trattazione legislativa sono tenute saldamente in mano da Palazzo Chigi.

Non solo l’agenda delle camere è stata monopolizzata dalla necessità di convertire in legge i numerosi decreti varati dal governo ma l’esecutivo ha anche fatto ricorso in maniera frequente alla questione di fiducia, riducendo sensibilmente le possibilità per il parlamento di intervenire nel processo decisionale.

Questa pratica però non è da attribuire esclusivamente al momento eccezionale che stiamo vivendo. Si tratta infatti di una dinamica in corso da tempo e che il Covid-19 ha solo contribuito ad accentuare.

Parlamento, un ruolo marginale nell’emergenza

Come abbiamo raccontato in queste settimane la gestione dell’emergenza sanitaria è stata molto complessa ed ha visto una pluralità di soggetti coinvolti. Per molto tempo però il parlamento è stato spettatore di tutto questo. Infatti nonostante il gran numero di norme pubblicate la maggior parte di queste non ha visto un coinvolgimento diretto di camera e senato. Questo perché i provvedimenti presi sono stati per lo più di natura amministrativa e non legislativa.

Dati ricostruiti dalla gazzetta ufficiale e dai siti di governo, ministero dell’interno, ministero della salute e protezione civile.
Per “altro” si intendono: avvisi, comunicati, direttive, documenti e protocolli.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 14 Dicembre 2020)

Ma anche laddove il parlamento avrebbe potuto intervenire, e cioè nel processo legislativo, le sue possibilità di manovra sono state minime perché l'agenda dei lavori è stata saturata dalla necessità di convertire in legge entro la scadenza i decreti emanati dal governo. I lavori delle aule sono stati quindi quasi completamente monopolizzati dalle iniziative governative.

L'abuso dei decreti legge

L'uso eccessivo dei decreti legge rappresenta dunque un primo elemento critico. Dovendo essere convertiti in tempi rapidi infatti questi provvedimenti hanno la precedenza nel calendario dei lavori delle camere. Ciò comporta un rallentamento di tutto il processo legislativo con inevitabile allungamento dei tempi di approvazione per le leggi ordinarie.

I decreti legge hanno effetto immediato, ma devono poi essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se ciò non avviene, perdono efficacia sin dall’inizio. Vai a "Che cosa sono i decreti legge"

Limitando l'analisi agli ultimi mesi infatti notiamo come il 42,6% delle leggi approvate siano proprio conversioni di decreti. Un dato che assume ancora più valore se si considera che meno dell'11% degli atti approvati è costituito da leggi ordinarie. Un elemento che ci fa capire come le normali dinamiche d'aula siano stravolte.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 26 Ottobre 2020)

Quando poi i decreti iniziano a susseguirsi uno dopo l'altro lo spazio per affrontare altre questioni si riduce ulteriormente. Dopo la trasformazione in legge del primo decreto Covid a inizio marzo infatti i provvedimenti hanno iniziato ad accumularsi fino ad arrivare ai 23 attuali (da questo conteggio sono esclusi i provvedimenti non strettamente collegati con l'emergenza come il decreto Milano-Cortina o il decreto immigrazione).

23 decreti legge deliberati per affrontare l'emergenza Coronavirus.

Un sovraccarico che ha portato per altro alla mancata conversione di 6 provvedimenti. Parliamo nello specifico dei decreti:

Il governo è stato quindi costretto a riproporre le norme in essi contenute in decreti successivi per evitare che queste perdessero di efficacia. Una pratica non molto corretta che è stata anche segnalata dal comitato per la legislazione della camera.

Il comitato, nei suoi pareri, ha costantemente raccomandato al governo di evitare forme di intreccio tra più provvedimenti d’urgenza

Decreti legge e questioni di fiducia

Il susseguirsi dei decreti ha quindi costretto il parlamento ad uniformare la propria agenda alle esigenze del governo. Ma questo non è stato l'unico problema. Le camere infatti avrebbero avuto almeno l'opportunità di intervenire su questi provvedimenti per migliorarli seppur con tempi limitati.

Ciò però non sempre è stato possibile per due diverse ragioni. In primo luogo, visto la sovrapposizione dei decreti, le norme sono state approvate senza un adeguato approfondimento in aula e nelle commissioni.

Un altro elemento che ha limitato in maniera significativa le possibilità di intervento di camera e senato è stato poi l'uso frequente che il governo ha fatto della questione di fiducia.

Quando un governo pone la questione di fiducia lega il suo destino all'approvazione del provvedimento. Nasceva per ricompattare la maggioranza in situazioni eccezionali, ma viene sempre più utilizzato per velocizzare il dibattito e assicurare l’approvazione di proposte critiche. Vai a "Che cosa sono i voti di fiducia"

Da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza possiamo notare che il rapporto tra fiducie e leggi approvate arriva al 44,68% (21 questioni proposte a fronte di 47 leggi). Sono stati sottoposti a questione di fiducia anche 8 dei 13 decreti Covid già convertiti. Per altro nei casi in cui si è ricorso allo strumento, questo è stato proposto sia alla camera che al senato.

61,5% decreti Covid-19 convertiti con voto di fiducia.

Decreti legge e maxi emendamenti

Un altro strumento con cui il governo ha influito sull'attività del parlamento è stato attraverso la presentazione di emendamenti con cui ha rimesso mano ai suoi stessi decreti.

Nonostante le promesse di coinvolgere il parlamento l'esecutivo ha posto la fiducia sui provvedimenti più critici.

In alcuni casi l'esecutivo nella proposizione dei suoi emendamenti ha anche accolto le indicazioni arrivate dal parlamento e altri enti ma questo ha portato alla formulazione di interventi omnibus che sono arrivati anche a stravolgere il provvedimento iniziale. Questo è accaduto ad esempio per il decreto scuola in cui tutti gli articoli iniziali hanno subito una modifica.

Su tali maxi emendamenti poi può essere messa la fiducia. Tale scelta fa decadere tutti gli emendamenti e concentra il dibattito in un unico momento: quello del voto in aula. In quest'emergenza è successo già 5 volte: sui decreti Cura Italia, scuola, intercettazioni, semplificazioni e agosto.

Sono stati conteggiati soltanto i decreti volti a fronteggiare l’emergenza da Covid-19.
Sono 7 i decreti che devono ancora concludere il loro iter: i 4 decreti ristori, il decreto Natale, il decreto immigrazione e il decreto per la nomina del nuovo commissario alla sanità in Calabria.
I decreti giustizia, sostegno al Ssn, sostegno a famiglie e imprese, scarcerazioni, cassa integrazione, elezioni 2020, sostegno per l’avvio dell’anno scolastico e pulizia dei seggi non sono stati convertiti.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

5 su 13 decreti Covid convertiti con doppia fiducia e maxi emendamento.

Se da un lato è vero quindi che il governo ha mantenuto l'impegno di un maggiore coinvolgimento delle camere, soprattutto attraverso le informative legate all'adozione di nuovi Dpcm, dall'altro bisogna dire che la partecipazione di queste al processo decisionale rimane molto limitata.

Una tendenza in atto da tempo

Come abbiamo visto quindi il governo tende a monopolizzare l'agenda del parlamento. Lo fa sia attraverso l'uso massiccio dei decreti legge ma anche con il frequente utilizzo dei voti di fiducia. Queste pratiche però non sono da addebitare esclusivamente alla situazione eccezionale in cui ci troviamo. Si tratta infatti di prassi adottate anche dai governi precedenti e che l'emergenza ha solamente accentuato.

Se osserviamo tutta la vita del governo Conte II infatti notiamo che anche prima dell'avvento del Covid i voti finali del parlamento hanno riguardato in maggior parte la conversione di decreti e la ratifica di trattati internazionali.

Per ogni mese sono stati contati i voti finali, e raggruppati per tipologia.
In “altro” sono incluse 8 leggi ordinarie, 5 atti relativi al bilancio dello stato e la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 26 Ottobre 2020)

Dal suo insediamento il secondo esecutivo a guida Conte ha emanato complessivamente 38 decreti legge, una media di 2,92 al mese. Si tratta del dato più alto degli ultimi anni. Questo elemento è certamente influenzato dall'emergenza Covid ma non si tratta di un caso isolato. Infatti anche i governi Letta (2,78) e Monti (2,41) avevano una media superiore ai 2 decreti legge al mese mentre il governo Berlusconi IV (1,9) l'ha sfiorata.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

Anche per quanto riguarda le questioni di fiducia i dati sono significativi. Durante tutto il Conte II infatti il rapporto tra fiducie e numero di leggi approvate è arrivato a superare il 40%.

Anche in questo caso il dato è sicuramente influenzato dalla necessità di gestire l'emergenza. Tuttavia non ci troviamo di fronte al dato più alto che rimane quello del governo Monti (45,13%). Inoltre anche i due governi precedenti (Gentiloni e Conte I) avevano un rapporto superiore al 30%.

Sono contate le questioni di fiducia poste dal governo su provvedimenti in discussione in parlamento, queste sono messe in relazione alle leggi approvate. Governi della XVI, XVII e XVIII legislatura.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

In conclusione possiamo affermare che il ruolo marginale del parlamento non sia da attribuire in maniera esclusiva all'emergenza ma che sia un elemento che ha caratterizzato in maniera più o meno costante le ultime legislature.

La centralità del parlamento è compromessa da tempo, non è dovuta all'emergenza.

Certamente nella situazione attuale un uso massiccio di decreti legge e questioni di fiducia appare giustificato anche se va tenuto presente il richiamo del presidente della repubblica in merito. È un dato di fatto però che il proliferare dei decreti satura l'agenda del parlamento che quindi non ha spazio per dedicarsi a disegni di legge diversi da quelli di iniziativa governativa.

Inoltre la necessità di approvare provvedimenti in tempi rapidi non può giustificare l'abuso delle questioni di fiducia. Pratica che il governo adotta per mettere al riparo i provvedimenti considerati più delicati e che di fatto impedisce al parlamento di svolgere il suo ruolo.

Ridare centralità al parlamento

Abbiamo visto come già da prima dell'arrivo del Covid-19 la produzione legislativa avvenisse con dispositivi straordinari e di emergenza quali decreti, voti di fiducia e maxi emendamenti. È evidente quindi che questa situazione non sia determinata - almeno non esclusivamente - dalla crisi Covid ma che ci troviamo di fronte ad un problema strutturale.

Il protagonismo dei governi rappresenta infatti un elemento ricorrente della nostra politica, una costante da diverse legislature. Difficile quindi promettere la centralità del parlamento, se questa sembra essere compromessa da tempo. Un cambio di passo appare necessario, non solo in questa fase, ma più in generale nel concepire l'istituzione stessa.

Foto credit: pagina Facebook Palazzo Chigi - Licenza

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